[25/03/2008] Comunicati

Sostenibilità, Secci (Alt): «Da no nel mio giardino a no nel mio mandato...»

LIVORNO. Ambiente e Lavoro è un’associazione senza scopo di lucro riconosciuta dal ministero dell´Ambiente come "associazione di protezione ambientale di interesse nazionale" e i suoi scopi statutari primari sono quelli di «promuovere la tutela dell´ambiente e della sicurezza nei luoghi di vita e di lavoro, attraverso proposte concrete e realizzabili in tempi brevi, sostenute da analisi di assoluta rigorosità scientifica e di fattibilità tecnica, favorendo l´informazione e la formazione».

La declinazione toscana di Ambiente e Lavoro si è recentemente rilanciata ed è quindi l’occasione giusto per chiedere al nuovo presidente, l’ingegner Pier Giorgio Secci, quali sono i programmi e gli obiettivi che Ambiente e Lavoro Toscana (ALT) si è data per il prossimo futuro e come intende affrontare quella che sta diventando sempre di più una vera e propria emergenza, ovvero gli infortuni sul lavoro, anche se gli ultimi dati, diffusi nei giorni scorsi dall’Inail, fanno guardare con maggiore ottimismo al futuro: nel 2007 i morti sul lavoro sono stati circa 1260, con un calo di circa il 6% sul 2006, ma anche sul 2005 quando si sono registrati 1280 morti sul lavoro. Gli infortuni sono invece 913.500, in calo rispetto ai 928mila dell´anno precedente e ai 940mila del 2005.

«Negli ultimi anni le cose sono indubbiamente migliorate ma in passato la sicurezza sul lavoro è stata vista spesso come conflittuale con la competitività e quindi con la garanzia del posto. La nostra attività si concentrerà quindi proprio su questo punto perché finora a livello regionale è stato fatto un grosso lavoro di formazione sulla 626, ma è necessario coinvolgere maggiormente i responsabili della sicurezza sul lavoro che poi di solito sono anche iscritti al sindacato. È nostra intenzione creare quindi una rete toscana degli rsl, partendo ovviamente dalle province dove noi come associazione siamo più forti, ovvero Arezzo e Pistoia: insomma puntiamo a fare sistema per conoscere da vicino ogni singola realtà mettendo in comune problemi ed eccellenze e contribuendo così ad elevare la media di sicurezza sui luoghi di lavoro riducendo gli infortuni».

Proprio sulla sicurezza sul lavoro ci sono importanti novità: avete appena siglato un accordo con la Cgil
«Prima di tutto va detto che negli ultimi anni la grossa fetta del nostro lavoro si è concentrata sull’ambiente e abbiamo dovuto mettere un po’ da parte l’impegno sul fronte della sicurezza sul lavoro, perché eravamo materialmente rimasti a corto di risorse umane che seguissero la questione. Ora stiamo ricominciando a lavorarci anche grazie all’accordo siglato con la Cgil che ci ha consentito di riprendere in mano la situazione e di guardare con fiducia al futuro».

Com’è il rapporto tra Ambiente e Lavoro e Cgil?
«Ottimo nel rispetto delle reciproche autonomie, visto che la nostra associazione mantiene il proprio humus vitale da cui dipendono poi le sue scelte. E devo dire che da parte della Cgil è stata una scelta di non poco conto mettersi in casa un’associazione a volte “scomoda” come la nostra».

L’altro grande tema è quello della sostenibilità.
«Siamo in prima linea da sempre per contribuire a indirizzare le scelte della Regione verso piani di azione che vadano verso lo sviluppo sostenibile, e che tengano conto degli effetti che avranno sul clima. Il punto di partenza sono ovviamente gli Stati generali della sostenibilità del novembre scorso, tenendo salde 3 questioni fondamentali: acqua, energia e rifiuti nel loro complesso rapporto col governo del territorio. Perché qualsiasi decisione deve essere presa tenendo in considerazione la gestione del territorio e le sue risorse che non sono infinite».

Andiamo con ordine. La Toscana sta affrontando l’ipotesi di un Ato unico per l’acqua, ma le divisioni politiche sembrano difficili da appianare.
«Noi siamo contrari all’Ato unico e per questo abbiamo apprezzato la sospensione dell’iter propositivo da parte della regione. Come associazione infatti crediamo nel rispetto del territorio, sia dal punto di vista geofisico sia da quello socio-economico. In Toscana abbiamo 3 sistemi fondamentali, con bacini separati e chiari, per questo riteniamo che l Ato unico non rispecchi l’omogeneità geografica. Vorremmo che la regione invece di appoggiare la deriva verso una gestione privatistica accettasse di affrontare il problema dal punto di vista dell’efficienza e della capacità strategica del pubblico, perché il vero rischio è dettato da un unico fatto: il privato non può assolvere al principio di sussidiarietà».

Energia.
«Bene la scommessa sulle energie rinnovabili, ma prima di tutto è necessario riconvertire a gas le due centrali obsolete ad olio combustibile di Piombino e Livorno. A gas ovviamente, l’ipoetsi carbone non deve neppure esistere. Per quanto riguarda la geotermia invece va prestata la massima attenzione perché gli impatti ambientali e sanitari sono da monitorare e studiare con maggiore approfondimento».

Infine la questione rifiuti.
«La Toscana vive da anni con 3-4 grandi discariche che puntualmente vengono ampliate . Il problema è drammatico e va trovata una soluzione gestendo nel suo complesso il ciclo integrato dei rifiuti, dalla produzione allo smaltimento: gli impianti sono necessari sia per trasformare in risorsa il 60%-70% di raccolte differenziate a cui bisogna tendere, sia per distruggere la parte residua minimizzando il ricorso alla discarica. Poi non dobbiamo dimenticarci dei rifiuti pericolosi perché in Toscana non esiste un solo luogo dove smaltirli e il risultato è che vengono inviati in Germania, o se proprio va bene a Crotone o a Foggia, comunque a spese dei cittadini. La Regione deve cominciare a pensarci, perché siamo seduti su una polveriera. Bisogna infine pensare anche alla prevenzione della produzione dei rifiuti: è vero che per una Regione non è facile indirizzare grandi catene a non utilizzare certi imballaggi, però può provare a indirizzare le produzioni delle aziende locali attraverso sistemi incentivanti da proporre alle imprese».

Le proteste dei cittadini però sorgono ovunque si ipotizzi la costruzione di un impianto, addirittura sorgono comitati contro impianti di compostaggio.
«C’è un doppio problema, se è vero che tra i cittadini impazza la sindrome Nimby che significa ‘non nel mio giardino’, la parola d’ordine di molti amministratori è invece ‘non nel mio mandato’. A ciò si aggiunge il fatto che spesso alcune associazioni ( e tutti i partiti, ndr) hanno responsabilità cavalcando i comitati. La strada corretta sarebbe quella di andare a recuperare la correttezza scientifica nell’approccio al problema, partendo da un’informazione più seria e competente».

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