[21/03/2008] Urbanistica

La riforma del codice del paesaggio

LIVORNO. L’ennesima riforma del Codice dei beni culturali conferma l’allocazione a livello regionale del piano paesaggistico. Conferisce un rinnovato ruolo in materia di tutela del paesaggio alle soprintendenze, che debbono obbligatoriamente essere partecipi della formazione del piano paesaggistico, che debbono esprimere un parere vincolante preventivo sulla conformità degli interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica ai piani paesaggistici e ai vincoli di tutela. Stabilisce che entro un anno dall´entrata in vigore dello stesso codice si debba produrre la revisione dei vincoli.

Non tarderanno rivendicazioni di potestà ed autonomia degli enti locali, ritorneranno al fronte i difensori del ruolo delle soprintendenze. In realtà abbiamo bisogno di responsabilità, capacità cooperativa, fattiva collaborazione per garantire strumenti e norme certe che consentano di fare presto e bene quello che è consentito. Non credo che il tema all´ordine del giorno sia la sottrazione della pianificazione paesaggistica ai parchi, come se il paesaggio fosse altro dentro o fuori dai parchi.

Credo che il problema sia disporre di un vero e proprio piano paesaggistico, cosa che ad oggi in Toscana non abbiamo, tanto da rischiare anche situazioni di forte empasse. Credo che il problema sia elaborare una realistica e coerente revisione dei vincoli di tutela. Per fare questo, come detto, occorre collaborazione interistituzionale, in primis con le soprintendenze, occorre capacità di ascolto, conoscenza reale dei tanti luoghi che costituiscono il territorio regionale. Per fare questo occorre rinnovare le soprintendenze che nel corso degli anni sono state impoverite di risorse umane, specifiche competenze urbanistiche e paesaggistiche, risorse organizzative e finanziarie; contestualmente rafforzare anche le strutture tecniche regionali e provinciali, comunali.

Pertanto, prima ancora di dare vita a schieramenti, sarebbe estremamente utile che tutti gli attori in campo garantissero quanto sopra, avessero la capacità di ascoltare il territorio (inteso in termini di paesaggio, ma anche di società), perché è difficile continuare a parlare di vincoli e procedure defatiganti, di pareri obbligatori e prescrizioni, quando tante aree già sottoposte a vincolo,magari da 60 anni, si presentano quantomeno come variegata giustapposizione di cose diverse o in contrasto, ammasso di edilizia banale e confusi stili architettonici.

Allora sarebbe bello che una volta tanto si desse corso a qualcosa di nuovo, piacerebbe sapere che, con il codice, il sistema istituzionale non solo si è dato una nuova regola legislativa, ma avvia concretamente ristrutturazione e potenziamento delle macchine tecniche ed amministrative. Altrimenti la vecchia politica avrebbe ancora una volta trionfato in danno dell´ambiente e del paesaggio, soprattutto degli interessi generali della società, costituendo di fatto le condizioni per proroghe, rinvii, cioè per fare come sempre è stato fatto, senza chiare assunzioni di responsabilità istituzionali e politiche, senza piani che scelgono cosa si può fare e cosa non si può fare, lasciando intendere quasi che tutto il territorio, in qualche modo, è spendibile, a condizione ovviamente che il proponente abbia una concreta forza economica. Ma la pianificazione non è questo. Attendiamo il dibattito, un serio confronto.

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