[20/03/2008] Aria

Lo stoccaggio del carbonio divide gli ambientalisti Usa

LIVORNO. La scorsa settimana i leaders delle 16 più grandi associazioni ambientaliste statunitensi hanno sollecitato insieme il governo a prendere un’iniziativa nazionale sul cambiamento climatico. Ma dove il riscaldamento globale unisce le tecnologie per affrontarlo dividono.

Gli ambientalisti Usa sono convintissimi che le emissioni delle centrali a carbone devono essere drasticamente ridotte e per farlo alcune organizzazioni ecologiste sostengono le tecniche di cattura e sequestro del carbonio (Ccs - carbon capture and sequestration) sia sotto terra che negli oceani.

Associazioni come il Natural Resources Defense Council (Nrdc) e l’Environmental Defense Fund fanno parte della lobby favorevole al Ccs, altre come il potente Sierra Club ed il Wwf sono molto più cauti e insistono sul fatto che altre tecnologie già oggi disponibili, come il risparmio energetico, e l’energia solare ed eolica, dovrebbero essere pienamente attuate prima di prendere in considerazione il Ccs. Greenpeace si oppone duramente alla cattura e stoccaggio della CO2.

La divisione degli ambientalisti americani riflette l’incertezza sulla tecnologia del Ccs, quasi sicuramente fattibile ma con costi e tempi di attuazione incerti. Il rapporto “The Future of Coal” pubblicato nel 2007 dal Massachusetts Institute of Technology, ha concluso che il Ccs program degli Usa non è sulla buona strada per ottenere operatività commerciale su larga scala, almeno per I prossimi 10 anni.

Le preoccupazioni per le emissioni di CO2 hanno portato i maggiori investitori ed il governo Usa a limitare i finanziamenti per nuove centrali elettriche a carbone e come risultato l’industria carbonifera ha adottato il Ccs come tecnologia di punta del futuro per il “carbone pulito” e come salvagente di sopravvivenza. Per alcuni ambientalisti il Ccs servirebbe anche a sviluppare una politica che dissuaderebbe le grandi imprese del carbone dal boicottare la nuova legislazione sul clima. «il governo dovrebbe chiedere che i progetti delle nuove centrali a carbone negli Stati Uniti impieghino il Ccs senza indugi», dice il Nrdc.

E’ d’accordo con l’Nrdc il ricercatore George Peridas, che pensa che fintanto che la Cina continua ad aumentare le emissioni di CO2, l’industria del carbone Usa se vuole costruire altri impianti deve presentare un’alternativa «Ci sono metodi più economici e meno inquinanti preferibili per soddisfare il bisogno di energia, ma in ultima analisi credo che il Ccs sarà purtroppo necessario. Mi piacerebbe essere un attivista della campagna contro l’uso del carbone, ma non credo che sia il modo migliore per ridurre le emissioni»

I parlamentari Usa Henry Waxman (California) ed Edward Markey (Massachusetts) hanno presentato un disegno di legge che mette al bando le centrali a carbone che non catturano almeno l’85% delle loro emissioni di CO2 e il Sierra club sostiene in maniera abbastanza strumentale la proposta e chiede una moratoria sulle centrali a carbone fino a quando non saranno pronte e applicabili le tecnologie Ccs.

«Dobbiamo fare in modo che la tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio sia realmente sicura e fattibile – ha detto Bruce Nilles, direttore della campagna carbonio del Sierra Club - Mentre valutiamo il ruolo che il carbone dovrebbe svolgere nel nostro futuro energetico, dobbiamo andare avanti con le soluzioni energetiche pulite e affidabili che sono oggi disponibili, come l’energia eolica e il solare».

Greenpeace non ha mezzi termini: «Siamo contrari alla tecnologia Ccs - spiega Kate Smolski, global warming campaigner di Greenpeace Usa - La ragione numero uno è come possa essere la sporca e inquinante industria del carbone a ripulire sé stessa. Si tratta di una tecnologia non provata. E così si vogliono distogliere risorse da soluzioni che possiamo utilizzare da subito».

La preoccupazione maggiore è su come attraverso il Ccs si possa stoccare la CO2 sottoterra e nelle falde acquifere e se le possibili perdite possano provocare inquinamento «Se qualcuno pensa che questa è la soluzione, deve ripensarci. E’ necessaria ancora un sacco di ricerca» ha detto lapidario il direttore del Lawrence Berkeley National, Steven Chu, al "Summit on America´s Energy Future," sponsorizzato dal National Academies of Sciences and Engineering.

E per questo i ricercatori chiedono sempre più ingenti finanziamenti per la ricerca sul Ccs, necessari per migliorare costi e prestazioni degli impianti sperimentali, ma i fondi per il più grande impianto Ccs Usa sono bloccato da gennaio, quando il dipartimento dell’energia del governo Bush ha annullato il grande progetto pilota Future Green i cui costi erano finiti spaventosamente finiti fuori controllo.

Il presidente del Worldwatch Institute, Christopher Flavin è scettico sul Ccs: «Ci vorranno molti anni prima di sapere con certezza se la pratica del sequestro di carbonio su vasta scala sia affidabile. L’unica cosa certa è che oggi non si dovrebbe presumere che il Ccs sarà una grande soluzione per il riscaldamento climatico, a differenza dell’energia solare, eolica e dell’efficienza energetica che già oggi sono dispiegati su una scala significativa.

A dirimere la questione ci prova il World Resources Institute che ha organizzato una stakeholder partnership per arrivare ad un Ccs responsabile con chiare procedure nell’individuazione e nella selezione dei siti ed al quale partecipano gruppi ambientalisti contrari, favorevoli o scettici, come Bellona Foundation, Clean Air Task Force, Conservation Law Center, Environmental Defense, Great Plains Institute, Nrdc e Pew Center on Global Climate Change.

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