[20/03/2008] Comunicati

L’urbanizzazione dell’Asia fa crescere l’economia e la povertà (e l’inquinamento)

LIVORNO. Il 2008 è un anno di svolta per l’umanità: per la prima volta nella storia ci sono più persone che vivono in città che nelle aree rurali, in tutti continenti ad esclusione dell’Africa e dell’Asia Pacifico, ma lo Statistical Yearbook della Commissione economica e sociale dell’Onu per l’Asia e il Pacifico (Escap) rivela che proprio in quest’area è in corso il più rapido processo di urbanizzazione: «nel 1990, il 33% della popolazione dell’Asia viveva in zone urbane, contro il 41% di oggi». Un tasso di urbanizzazione elevato che va di pari passo con una povertà urbana ugualmente in aumento, un consumo di energia più che raddoppiato, una motorizzazione crescente che ha favorito la mobilità ma anche fatto schizzare in alto i livelli di inquinamento. L’edizione 2007 dell’annuario raccoglie dati provenienti interamente da fonti internazionali come l’Onu ed altre organizzazioni mondiali, il che ha facilitato la comparazione delle statistiche. L’urbanizzazione è particolarmente forte nel sud-est asiatico ed è l’effetto del richiamo che le metropoli esercitano sui poveri: il 40% degli abitanti delle città della regione vive in bidonvilles, molto più del 33% che vive nelle baraccopoli dell’America latina e dei Caraibi. Pietro Gennari, a capo della divisione statistica e responsabile della pubblicazione dello Yearbook 2008 dell’Escap, spiega che «Questa crescita sta avendo un effetto a catena. Stiamo vedendo sempre più persone che vivono in baraccopoli, e questo ha anche un effetto negativo sulla possibilità di accedere all’acqua pulita e a servizi igienici nelle aree urbane».

Secondo Escap la rapida crescita economica ha migliorato le condizioni socio-economiche generali, ma la pressione sull’ambiente è «enorme». «Anche se è ancora solo una frazione dei livelli raggiunti in Nord America e in Europa - sottolinea Gennari, - il consumo procapite di energia nell’Asia - Pacifico è più che raddoppiato tra il 1990 e il 2004. Questo è un ritmo di aumento che non si vede in altre parti del mondo. Nella regione, tra i Paesi a reddito medio i consumi procapite di energia sono anche quadruplicati».

Ciò si riflette sulle emissioni di CO2 che sono passate dalle 1,9 tonnellate procapite del 1990 alle 3,2 tonnellate del 2004. Lo Yearbook fa notare che i Paesi con reddito più alto sono anche i peggiori inquinatori (10,3 tonnellate procapite nel 2004), mentre quelli più poveri emettono solo 1,1 tonnellate di CO2 a persona e quelli a reddito medio 4,1.

«Se le emissioni di CO2 vengono calcolate per unità di prodotto interno lordo, l’Asia - Pacifico ha la più alta intensità di CO2 al mondo, anche se, come nella maggior parte delle regioni del mondo, è visibile una tendenza al ribasso dal 1990», dice Gennari. Secondo Gennari «Questa urbanizzazione e l’aumento del numero di persone che vivono nelle baraccopoli sono in gran parte responsabili del calo dal 1990 del miglioramento dell’accesso all’acqua nelle zone urbane dell’Asia -Pacifico. I Paesi con alti tassi di accesso dal 1990, come Cina, Indonesia e Filippine, hanno tutti registrato un calo della percentuale di popolazione urbana con accesso a migliori forniture d’acqua».

Non scherza nemmeno il tasso di motorizzazione, in particolare i veicoli “economici” a due o tre ruote e fortemente inquinanti, che rappresentano oltre i due terzi dei veicoli motorizzati in Cambogia, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Indonesia, Laos, Myanmar, Thailandia e Vietnam. Secondo Gennari «Il vantaggio di questa crescita è che ha contribuito a migliorare la mobilità, che a sua volta contribuisce alla crescita economica, ma il rovescio della domanda è che ha anche portato un aumento dei livelli di inquinamento e degli incidenti stradali».
Stenta invece la costruzione di ferrovie: nel 2005 in Asia la densità ferroviaria era di 7 chilometri di binari ogni mille chilometri quadrati, migliore di Africa ed America latina e Caraibi, ma lontana dal nord America e dall’Europa.

«Appena la metà dei Paesi della regione - dice Gennari - hanno costruito un sistema intercity significativo. Inoltre, negli ultimi anni solo un pugno di Paesi in via di sviluppo ha investito molto nelle e quasi tutto l’aumento della lunghezza delle linee ferroviarie della regione è attribuito al miglioramento avvenuto in Cina e, in misura minore, in Corea del sud».

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