[19/03/2008] Acqua

Acque minerali e concessioni, troppo comoda la vita per i produttori

FIRENZE. Guadagni considerevoli a fronte di oneri di concessione per i prelievi modesti. Questa è la situazione media che si presenta in Italia per i produttori di acqua minerale. E gli enti pubblici competenti, le Regioni solitamente, intascano una modestissima percentuale rispetto al valore di mercato del “prodotto finito”. E’ in campo una forte volontà di cambiare la legislazione, ma tranne rare eccezioni, il canone di concessione è commisurato ancora esclusivamente agli ettari occupati più che ai metri cubi utilizzati, come sembrerebbe ovvio e ambientalmente più corretto.

La nostra Regione nel 2004 aveva fatto passi notevoli in avanti con la legge 38 di riordino del settore. I canoni sono stabiliti in rapporto ai metri cubi utilizzati, le competenze amministrative e i proventi vengono trasferiti dalla Regione ai comuni, che definiscono il canone di concessione per la coltivazione delle acque minerali (la norma si occupa anche di acque termali) da parte delle aziende, tra un minimo di 0,50 euro e un massimo di 2 euro per metro cubo. Vengono stabilite riduzioni fino al 50% per acque imbottigliate in vetro e, passaggio importante, si esplicita la tutela dell’assetto ambientale ed idrologico dei territori oggetto di concessione.

Infatti nel rilascio del permesso deve essere espresso il parere delle Autorità di ambito e delle Autorità di bacino. Peccato che non essendo stato approvato il regolamento attuativo la norma non sia in vigore: si continua quindi con il vecchio metodo (si riscuote il diritto di superficie), che ha portato nelle casse regionali nel 2007 meno di 300mila euro. Situazione simile nelle Marche dove nonostante la legge finanziaria regionale 2008 fissi un canone anche per i metri cubi utilizzati, si sta discutendo su tempi di attuazione e importi. In Emilia tutto è fermo al “vecchio metodo” (qui le concessioni sono date dalle province), quindi la vera novità è rappresentata dalla regione Umbria dove è operativo il principio di commisurare il canone di concessione ai metri cubi di acqua utilizzati, invece che esclusivamente agli ettari occupati. Per ogni ettaro dato in concessione nel 2008 il costo è di 50 euro e un euro a metro cubo, il diritto sull´acqua minerale o di sorgente effettivamente utilizzata. Nel 2007 nelle casse della Regione umbra sono andati circa 1,4 milioni di euro (quando ancora si pagava 50 centesimi a metro cubo).

Gli incassi sono più consistenti per gli Enti pubblici e questo sistema è senza dubbio più corretto, ma è necessaria prudenza come viene reso evidente dalla vicenda della sorgente di Boschetto. In questi giorni - informa il Comitato difesa del Rio Fergia - la Regione Umbria ha dichiarato lo stato di emergenza idrica: il Lago Trasimeno è al minimo storico degli ultimi vent’anni, i fiumi sono quasi asciutti e per questo si proibisce la pesca, la provincia di Perugia invita formalmente gli agricoltori a non utilizzare acqua per irrigare, le sorgenti che alimentano gli acquedotti sono sotto ogni livello di guardia come dichiarato da Arpa, Ato, gestori e sindaci. Nonostante tutto ciò il comune di Gualdo Tadino e la Giunta Regionale continuano a mantenere parere favorevole ad una nuova autorizzazione per imbottigliare l´acqua della sorgente di Boschetto che alimenta tre acquedotti pubblici. Mentre è atteso il pronunciamento del Tar sembra che la ditta si stia già muovendo. Incrociando questa vicenda con quanto detto in precedenza verrebbe anche da pensar male. Probabilmente si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca.


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