[17/03/2008] Energia

Il bello, il brutto e il nucleare

LIVORNO. E alla fine vissero tutti felici e contenti accanto alla…centrale nucleare. Sarà questo l’(un)happy end dell’Italia? Di quella nazione che venti anni fa disse no all’atomo e che ora, invece, incapace di rispettare il protocollo di Kyoto, vive anche sulla riapertura verso questa fonte energetica - che ha il vantaggio di non produrre C02 – una delle più complicate campagne elettorali degli ultimi anni? Di certo se si tira una riga e si mettono da una parte le chiacchiere e dall’altra i fatti, il quadro per chi, come questo giornale, ritiene assai più sensato investire su risparmio, efficienza e rinnovabili (e relative ricerche) con il gas come fonte transitoria, è a tinte a dir poco fosche.

A partire dalla strategia (?) energetica dell’Ue fino a quella dei comuni italiani, la fredda cronaca registra più complicazioni, moratorie, posizioni controverse, difficoltà oggettive e clamorosi errori che veramente viene voglia di alzare bandiera bianca. Semplificando, si è assistito, dal dopo rapporto Stern a oggi, a una sostanziale emersione deflagrante di quali siano le conseguenze del non far niente. Allarmi e allarmismi che però non hanno portato ancora a pratiche cogenti. L’Ue sostanzialmente ha detto: ognuno faccia il suo piano. A livello nazionale, almeno in Italia, questo piano però non c’è. Ci sono linea guida, incentivi e disincentivi e poi tante e tante chiacchiere che spesso si elidono a vicenda. Perché quando vai nelle regioni e nei comuni tutte quelle belle parole finiscono quasi mai per diventare progetti concreti e molto più arricchiscono avvocati e aumentano le cause dei tribunali amministrativi.

Così i piani energetici, (venature se ne trovano anche in quello toscano), assomigliano più che altro alla strategia dello “scansare gli ostacoli”. Della serie: si fa fatica a fare tanti piccoli impianti perchè manca la necessaria cultura diffusa? Allora dove si può se ne fa uno grande e così si raggiungono quelle quote di energia prodotta da rinnovabili che ci serve per rispettare Kyoto. Ebbene, diciamo fuori dai denti e con intento costruttivo, questa non è una riconversione ecologica dell’economia e neppure un riorientamento verso la sostenibilità dell’utilizzo dell’energia elettrica: è la ricerca di una scorciatoia di fronte agli scontri sui territori. Comprensibile, quindi, ma non condivisibile. La guerra per i tetti di Firenze dove il Comune dice finalmente sì ai pannelli fotovoltaici, e poi arriva la soprintendenza e dice no perché sono brutti, vale più di tante parole. Dopo l’eolico, praticamente boicottato in tutta la regione, dopo la geotermia, considerata anch’essa dannosa, dopo l’idroelettrico, pure questo da archiviare, per non parlare delle biomasse, ora anche i pannelli solari e fotovoltaici non valgono uno sforzo che è tutto mentale.

Perché qui non è un problema di impatti ambientali (che comunque hanno tutte le cose del mondo), ma degli impatti mentali. Sul bello e brutto, francamente, non se ne può più. E’ una discussione che, di fronte a quanto sta accadendo nel mondo a causa dei cambiamenti climatici in primis ma più in generale a causa dell’incapacità di metter mano ai flussi di energia e di materia, fa sbellicare dal ridere, se non facesse invece morire dal piangere.

Attenzione, nessuno vuol mettere i pannelli sul Duomo (sempre che continuando così non ci si sia costretti) e neppure le pale eoliche sul Ponte Vecchio, ma è possibile che l’idea di fondo sia non facciamolo dove è sostenibile, invece che facciamolo ovunque ce lo permettono? E poi, anche alla luce della puntata di Report di ieri sera, è evidente che il problema più grosso in Italia non sia solo che le rinnovabili stentano a decollare, ma che la rete elettrica nazionale non è in grado di sfruttarle al meglio. E questo a seguito di una organizzazione distributiva che, manco a dirlo, è tarata su impianti concentrati. Ma le energie alternative pretendono un cambio di paradigma sia nella produzione che nella distribuzione. Diffusione e autoproduzione sono le cifre delle anergie alternative, non concentramento e trasporto!

E’ qui, dunque, che bisogna lavorare forte con investimenti in ricerca, ma anche in ristrutturazione dell´apparato esistente, che dovrebbero arrivare dalle stesse Enel ed Eni. I cui manager, visti i bilanci eccellenti delle due aziende nazionali, dovrebbero essere proiettati già in questo lavoro da anni e invece sembrano più interessati a investire (Enel) soldi (nostri) in centrali nucleari nell’est Europa. Il prossimo governo, quindi, se fosse davvero illuminato e avesse in testa la riconversione della produzione e della distribuzione dell´energia (ma chi ce l’ha in testa davvero?) dovrebbe cambiare l’attuale management. Diversamente, abbiamo l’impressione che causa anche rapporto Stern, Ipcc e incapacità del rispetto del protocollo di Kyoto porteranno ad un davvero poco auspicabile futuro dove – magari con la forza – saremmo costretti a costruire centrali nucleari perché ormai a corto di petrolio e affogati dallo smog, anche senza aver minimamente risolto questioni non certo di poco conto quali lo smaltimento delle scorie, i costi elevatissimi, la stessa scarsità di uranio ecc. ecc.

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