[14/03/2008] Energia

La corsa degli Usa verso le energie rinnovabili

LIVORNO. Il 2007 negli Stati Uniti d’America è stato un anno d’oro per le energie rinnovabili, in particolare per quanto riguarda l’eolico. Secondo il recente “Renewable 2007 Global Status Report” (Ren21) l’industria dell’eolico mondiale ha stracciato ogni record con l’installazione di 5,244 megawatts (MW), il 30% della quale viene dai nuovi impianti Usa che raggiungono così circa 17.000 MW di eolico installati, sufficienti ad alimentare 4 milioni e mezzo di case americane.

Gli Usa guidano anche la classifica mondiale di produzione di etanolo, in gran parte proveniente da mais, con circa 26 miliardi di litri prodotti nel 2007 ed un incremento del 60% rispetto al 2005, la maggior parte della benziana statunitense è ormai miscelata con l’etanolo.

Inoltre gli americani stanno sempre più investendo nel concentrating solar power, con la realizzazione di due grandi impianti per un totale di 65 MW, mentre si prevede di costruire impianti fotovoltaici di grandi dimensioni per 2.000 MW.

Secondo Janet L. Sawin, direttore dell’ Energy and Climate Change Program del Worldwatch Institute, «Negli Stati Uniti, e sempre più in tutto il mondo, investire nelle energie rinnovabili non è più fare la cosa giusta per essere “verdi”, è anche la maniera per diventare ricchi, ed il trend degli investimenti riflette questo pensiero. Nel 2007 gli Stati Uniti hanno investito più di 10 miliardi di dollari in nuove fonti di energie rinnovabili, arrivando terzi dopo la Germania e la Cina. La maggior parte di questi sono andati a nuovi impianti di energia eolica.

Nel 2007 negli Stati Uniti c’è stato anche un enorme aumento di capitali di rischio per gli investimenti sulle energie rinnovabili, con un notevole incremento degli investimenti nell’energia solare. Gli altri principali destinatari dei fondi dei venture capital sono l’energia eolica e soprattutto I biocarburanti, particolarmente per quanto riguarda il lavoro su quelli di ultima generazione, che dovrebbero essere più sostenibili degli attuali basati sui prodotti alimentari.

Gli Stati Uniti sono in testa per gli investimenti in capitali di rischio nelle energie rinnovabili, che rappresentano circa il 60% del totale mondiale nel 2006. Ed i livelli Usa sono previsti in aumento per i prossimi anni, con nuove iniziative come il “Google’s program” per rendere le rinnovabili più convenienti del carbone».

Per il Worldwatch Institute, anche se gran parte di questi investimenti sono indirizzati da politiche governative, a livello federale il sostegno alle energie rinnovabili è spesso inconsistente. La più importante decisione politica Usa in questo campo, la “Production Tax Credit” (Ptc), ha contribuito a guidare lo sviluppo delle rinnovabili, particolarmente l’eolico, ma la Ptc è scaduta ed è stata prorogata più volte a partire dal 1994, dando vita a periodi di boom seguiti da bruschi stop, e scadrà nuovamente alla fine dell’anno, anche se è probabile una sua nuova proroga.

Il Federal Renewable Fuels Standard, la sola politica nazionale a lungo termine per l’energia rinnovabile, è stata prorogata alla fine del 2007, e porterà alla produzione di 136 miliardi di litri di biocarburanti entro il 2022.

il boom delle energie rinnovabili negli Usa è merito dei singoli Stati dell’Unione, che stanno diventando il punto di riferimento per le clean energy industries e per la creazione di posti di lavoro verdi. Secondo Janet L. Sawin «25 Stati più Washington, D.C., hanno oggi Renewable Portfolio Standards (Rps), o mandated targets, per la produzione di elettricità, altri quattro hanno obiettivi politici volontari. Durante gli ultimi due anni, 5 Stati si sono dotati di Rps laws, ed almeno 9 Stati ha rafforzato gli obiettivi esistenti».

Diversi Stati membri hanno adottato altre politiche a sostegno delle energie rinnovabili, come la “Feed-in law”, che favorisce la produzione di energia rinnovabile sia da parte degli agricoltori che installano turbine eoliche, che di proprietari di case che installano pannelli fotovoltaici o di grandi utenze che sviluppano progetti di rinnovabili su vasta scala con garanzie di accesso prioritario alla rete elettrica e con la garanzia di pagamenti fissi a lungo termine. Il modello è quello europeo, già utilizzato in 18 Paesi dell’Ue ed in altri 22 in giro per il mondo, che negli ultimi 6 mesi è stato recepito nella legislazione di vari stati Usa, come ha fatto il Michigan nello scorso settembre. Inoltre, molti Stati fanno parte di “carbon cap and trade programs” regionali che potrebbero incrementare ulteriormente l’utilizzo delle energie rinnovabili.

La sola California, uno degli Stati dove le rinnovabili sono più diffuse, nel 2006 deteneva da sola circa il 70% del mercato del fotovoltaico Usa ed ormai si candida come principale rivale della Germania per la leadership mondiale in questo settore, puntando ad installare 3.000 MW di nuova energia solare entro il 2017, con un investimento previsto di 3,3 miliardi di dollari.

Anche città come San Francisco, Portland, New York, Chicago, Austin sono in competizione per chi diventerà la più “green” d’America, per chi adotta i migliori obiettivi ed incentivi per le energie rinnovabili. Una competizione virtuosa ma molto concreta: le grandi città americane hanno scoperto che così si aumentano i posti di lavoro, si diminuiscono le emissioni di CO2, si ha una maggiore sicurezza energetica, un ambiente più pulito ed una migliore salute per i cittadini.

«Nel complesso – spiega Janet L. Sawin – Gli Stati Uniti hanno un enorme potenziale di energie rinnovabili, in particolare in combinazione con il miglioramento dell’efficienza energetica. Nel corso dei prossimi anni, possiamo aspettarci una crescita ancora più forte delle fonti rinnovabili negli Stati Uniti, in particolare se politiche forti, consistenti ed a lungo termine saranno messe in atto a tutti i livelli di governo».

Torna all'archivio