[10/03/2008] Monitor di Enrico Falqui

Resilienza o Stabilità?

FIRENZE. La tecnologia moderna e i grossi quantitativi di energia ottenuti da combustibili fossili hanno dato a tutte le società la facoltà di conferire un alto grado di stabilità alla vita della maggior parte delle persone, isolandole dalle fluttuazioni dell’ambiente in cui vivono.

Ad esempio, riscaldamento e aria condizionata consentono di vivere e lavorare in edifici nei quali la temperatura è più o meno la stessa tutto l’anno. Così pure, i moderni metodi di produzione e distribuzione dei generi alimentari riforniscono i supermercati di una grande varietà di prodotti in qualsiasi stagione. Le grandi catene di distribuzione si sono diffuse nelle città e ai margini delle aree metropolitane, creando nel cittadino consumatore la convinzione “mitologica” di poter consumare qualsiasi prodotto della Natura, in ogni momento e stagione dell’anno.

Così come ci siamo convinti che il benessere termico, all’interno dei nostri edifici, abbia carattere illimitato a prescindere dalle stagioni, abbiamo maturato l’idea che il nostro rifornimento alimentare e i consumi siano a nostra disposizione in modo illimitato, prescindendo dai tempi e dalla disponibilità della Natura.

Nella società contemporanea, i consumi di massa sono la principale “molla” di crescita del Pil di un Paese ed hanno assicurato stabilità al mercato dei consumi, riducendo al minimo le fluttuazioni indesiderate. Tuttavia, il punto debole di tutto questo sistema è la sua dipendenza da cospicui input energetici per il riscaldamento degli edifici, per la produzione, il trasporto e la commercializzazione dei prodotti alimentari.

In altre parole, la stabilità del sistema esige un elevato “prezzo” energetico ed un cospicuo “prelievo” dall’ambiente naturale, per il soddisfacimento di una domanda da cui dipende prevalentemente la “falsa” misura del benessere economico di un Paese. Per soddisfare la stabilità del sistema si diminuisce la sua resilienza.

Cosa significa esattamente Resilienza? Se consultiamo il dizionario Zingarelli (1995) scopriamo che essa significa “la capacità di un materiale di resistere a urti improvvisi senza spezzarsi”, mutuando tale definizione dalle Scienze dei materiali. Se invece consideriamo questo concetto in rapporto alle scienze sociali, si può dire che la resilienza corrisponde “alla capacità umana di affrontare le avversità della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura trasformato”. Primo Levi, nel suo straordinario libro in cui ha rivelato tutto l’orrore dell’Olocausto (Se questo è un uomo, 1958) ha dato alla parola resilienza una definizione di speranza : «…la facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in circostanze apparentemente disperate…».

Dunque, ecosistemi naturali e sistemi sociali che si modificano raramente sono più facilmente costretti a mutare dominio di stabilità quando perturbazioni esterne li forzano a produrre adattamenti che superano le loro capacità di cambiamento.

Per secoli, scienziati, poeti e poeti e filosofi hanno compreso l’importanza della diversità nel mantenere ecosistemi sani e stabili. Un habitat diversificato produce equilibrio, al punto che Darwin poteva affermare: «…Tu non sei come tua sorella, una scatola di cuccioli è una piccola Rainbow Coalition. E ogni chicco di grano in un campo contiene nel suo germe un destino lievemente separato….la diversità genetica, nelle popolazioni civili come in quelle selvagge, è l’unica polizza assicurativa». Ma la diversità oggi, sia quella biologica che quella sociale ed economica, è proprio la caratteristica fondamentale che si va perdendo nei sistemi urbani complessi in cui viviamo.

Jane Jacobs, una studiosa americana delle grandi concentrazioni commerciali nelle città, in un suo recente libro “The Nature of Economics”, ritiene che la politica delle grandi catene commerciali di distribuzione dei generi di consumo alimentare domestica sia “ l’equivalente economico di un bombardamento a tappeto sull’economia locale “(come dimostra la rapida scomparsa delle piccole botteghe commerciali ed artigianali dalle aree urbane) e un drastico aumento della resilienza dei sistemi urbani che si rendono più esposti alla “dipendenza energetica “ del sistema e del mercato.

Un altro esempio di conflitto tra stabilità e resilienza del sistema urbano, si verifica in quelle aree urbane che sorgono all’interno o ai margini di vaste piane alluvionali. In questi ecosistemi di pianura, i suoli garantiscono fertilità, acqua abbondante ed ottime potenzialità agricole.

E’ il caso di una megalopoli medio-orientale, Il Cairo, popolata da circa 18 milioni di abitanti, che si estende nella vasta area alluvionale del Delta del Nilo. Le acque fluviali invadono le pianure per un breve periodo dell’anno, depositando un sottile strato di fango che mantiene il suolo in condizioni ottimali di profondità, fertilità e produttività agricola.

Tuttavia le piene del Nilo, in passato erano famose per la loro capacità di distruggere centri abitati , vie di comunicazione e molte attività produttive presenti lungo tutto il corso di un fiume che, attraversando Etiopia e Sudan, separava, con le sue acque, le terre adibite all’ urbanizzazione dal deserto che lo circonda.

Quando la città del Cairo si è trasformata in una megalopoli, la sua dimensione ed estensione ha reso necessario potenziare l’effetto di regimazione idraulica da parte della diga di Assuan, divenuto il bacino artificiale più esteso al mondo.
La stabilizzazione dei sistemi urbani lungo il corso del Nilo, rispetto alle piene alluvionali del fiume, ha però diminuito la resilienza dell’intera conurbazione lineare di città fino alla megalopoli del Cairo, poiché si è ridotto di gran lunga l’apporto solido del fiume sulla costa e si è rarefatto lo strato di limo che rendeva fertili i terreni rurali dei sistemi urbani lungo il Nilo, arrivando a far realizzare due raccolti l’anno per gli agricoltori egiziani.

Oggi, la produzione agricola dell’Egitto è in declino e stanno sorgendo nuovi motivi di conflitto col Sudan per la disputa dei migliori terreni rurali che oggi si trovano a monte della imponente diga di Assuan .
Guerra, incremento dei consumi energetici per la commercializzazione di prodotti agricoli coltivati a grande distanza, maggior impiego di fertilizzanti e pesticidi, sono il prezzo che l’Egitto paga ad una stabilizzazione del sistema urbano ed economico ottenuto al prezzo di un vertiginoso aumento della resilienza dell’intero sistema.


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