[07/03/2008] Urbanistica

Il governo del territorio e il fare in modo sostenibile

LIVORNO. L’associazione Romano Viviani è una realtà nata da poco, dedicata a uno dei decani degli urbanisti, scomparso recentemente. La prima iniziativa con cui di questa associazione che vuole mettere al centro della propria agenda i temi del governo del territorio, è il seminario sull’urbanistica Toscana in programma lunedì prossimo alle 21 al teatro dell’Affratellamento a Firenze, nel corso del quale sarà presentato anche l’ultimo libro scritto dall’assessore regionale all’urbanistica Riccardo Conti dal titolo “Innovare e amministrare”.

Assessore, cosa ne pensa di questa nuova associazione
«Si tratta di un’esperienza molto interessante, perché si presenterà su scenari toscani e nazionali con l’intento di fare molta formazione ai quadri politici, cosa ormai che nessuno più sembra fare. Gli strumenti per ritagliarsi questo importante ruolo saranno appunto seminari, corsi, iniziative come quella di lunedì. Insomma, è un’associazione che farà cultura e politica.

Il governo del territorio non può prescindere dalla partecipazione, oggi più che mai. Nel suo libro parla della carring capacity come modello di buona partecipazione, ma alla luce anche degli ultimi episodi toscani, come per esempio l’esito del referendum sulla tramvia fiorentina, è sempre convinto che questa sia la miglior strada da seguire?
«Il caso della tramvia di Firenze conferma questa esigenza di riferirsi alla capacità di un territorio di accogliere e di realizzare le decisioni che vengono prese, perché se il territorio non può farsene carico è inutile andare avanti. A questo proposito le annuncio già che l’associazione Romano Viviani ha intenzione di organizzare in collaborazione con al Fondazione Cloe e con la Fondazione Italianieuropei, ogni anno, una convention di alcuni giorni a Fiesole proprio sul tema “capacità e territorio”. E mi piacerebbe che la prima edizione di questo appuntamento si concludesse con un confronto diretto con Amartya Sen ».

Ma al di là degli indispensabili passaggi partecipativi, su cui si registrano non poche defaillance da parte delle istituzioni, non ritiene che senza il momento finale della decisione si rischia di mortificare anche la partecipazione?
«Condivido entusiasta questa sua affermazione, ma non contrapporrei le varie fasi: un’opera per essere ben progettata ha bisogno dell’ingegneria, della creatività, della tecnologia, degli studi sugli impatti ambientali e poi della partecipazione, che dovrebbe facilitare il fare. Certo è innegabile che in Italia oggi il vero problema è proprio il fare».

Ma se il nodo è il fare (il fare sostenibile ovviamente, non il fare insostenibile ) perché la discussione, secondo lei, è circoscritta esclusivamente al tema "dell´ascolto della gente" proprio in una fase storico-politica in cui mai come oggi "la gente" si inquadra in una società "poltiglia" o "coriandolo" ed evidenzia una pluralità di posizioni dalle quali, chi ne ha responsabilità ne deve enucleare o sintetizzare una e noin più di una?
«Lo ripeto, io la penso come lei, ma purtroppo viviamo in un’Italia perennemente scissa, dove si pretende da parte di un ministro di avere campo libero a costruire case in deroga a tutto e dove contemporaneamente un altro ministro pretenderebbe di assegnare l’ultima parola alle sovrintendenze. Questa scissione perenne avviene mentre scompare la politica del territorio. Allora io dico che per far fronte a questa difficoltà di decidere sarebbe opportuno affidarsi maggiormente alle tecniche piuttosto che alle teorie. Però da amministratore ti dico che il nostro compito è quello di aggiustare… Romano Viviani diceva che un buon piano non esiste, ma esistono i buoni amministratori. E che un piano è fatto da un buon amministratore, da un buon progettista e da un buon ufficio tecnico».

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