[05/03/2008] Parchi

I parchi e le elezioni. Quel che c’è da fare secondo Federparchi

LIVORNO. Diciamocelo, la protezione della natura non sembra avere molto spazio nei programmi elettorali per le prossime elezioni, bisogna leggere tra le righe e scegliere le parole per capire almeno le intenzioni, affogate in una volontà generale di sintesi che lascia forse troppe mani libere.
La Conferenza nazionale sulle aree protette sembra ormai una chimera, o meglio un’araba fenice bruciata dalle elezioni che nessuno sa se, quando e come rinascerà.

Il clima è quello da argomento marginale ed è già un buon segnale che nessuno attacchi i parchi per cavalcare una qualche Vandea localista e che la regione Lombardia abbia ritirato la sua legge ammazza-parchi, diventata un po’ troppo scomoda elettoralmente, nonostante le pressioni di Lega Nord e lobby venatorie per approvarla. Insomma le forze politiche i parchi non li toccano più, ma nemmeno li amano, non fanno cassa elettorale, non portano voti e possono farne perdere qualcuno.

Se ne è accorta anche Federparchi che oggi chiede «Un programma di governo deve considerare come prioritarie la tutela delle straordinarie risorse naturali dell’Italia e la mobilitazione del Paese per la valorizzazione delle proprie principali qualità ambientali, la ricerca di soluzioni sostenibili ai problemi dello sviluppo e l’espressione dello sforzo necessario a prevenire e fronteggiare le conseguenze dei cambiamenti climatici in atto».

L’associazione delle aree protette italiane ricorda ai candidati che «i parchi naturali costituiscono una risorsa essenziale e devono dunque essere considerati forti elementi al servizio del Paese, grazie alle esperienze e alle buone e innovative pratiche che in questi anni hanno sviluppato, all’impegno professionale dei loro tecnici e a quello degli amministratori, al consenso che generano e alla mobilitazione che sanno alimentare nei giovani e nel volontariato.

La Federparchi rivolge un appello ai candidati alla presidenza del Consiglio dei ministri, e alle forze politiche «perché, ispirandosi anche agli indirizzi internazionali in materia e agli impegni assunti dall’Italia con la ratifica della Convenzione Internazionale sulla Diversità Biologica, facciano propri gli obiettivi fondamentali che la elaborazione unitaria del mondo delle aree protette ha individuato e indicato come condizioni indispensabili per l’auspicabile rilancio di un settore cruciale per il rinnovamento della nazione. L’aggiornamento dell’articolo 9 della Costituzione della Repubblica, con l’attribuzione di un fondamento costituzionale alla conservazione della natura, dovrebbe costituire l’impegno più alto e concreto».

Comunque, Federparchi chiede a chiunque andrà al governo alcune cose irrinunciabili da fare nelle prossima legislatura: «Definizione della Rete ecologica in cui i parchi siano al centro di una sequenza di corridoi naturali, di connessioni tra fasce fluviali, crinali montani, zone umide, accessi alle coste, Aree Contigue, essenziali per la salvaguardia dei principali ecosistemi naturali che veda integrata la Rete Natura 2000 secondo le direttive dell’Unione Europea. Una legge quadro e un Piano nazionale per la biodiversità coerenti con gli obiettivi internazionali di conservazione, cogenti per tutti gli attori istituzionali e necessari per il fondamento dei relativi finanziamenti. Programmi pluriennali per la conservazione della Biodiversità, la Rete Ecologica e i parchi costituiti da obiettivi, ruoli e i compiti di ciascun soggetto istituzionale, risorse da destinare ai principali programmi e piani d’azione; Accordi di Programma per la gestione territoriale e ambientale dei grandi sistemi geografici individuati da tempo: le Alpi, l’Appennino, il Bacino del Po, le Coste e le Isole. Piena attuazione delle leggi già in vigore e sempre violate, che prevedono il trasferimento ai Parchi delle Riserve statali e la priorità nei finanziamenti pubblici ai Comuni dei parchi. Riforma degli Enti di gestione terrestri e marini che superi l’attuale arcaica organizzazione e privilegi i criteri di efficienza e funzionalità, controllo per risultato, partecipazione e responsabilità, così da rafforzarne l’autonomia, rivedere il sistema di sorveglianza, rilanciare la funzione della Comunità del Parco, semplificare le procedure, definire un nuovo status degli amministratori. Semplificazione, tempi fissi e, se necessario, poteri sostitutivi, per la nomina di presidenti ed organi di gestione e per l’approvazione, anche da parte delle Regioni, degli strumenti di pianificazione. Dotazioni organiche e professionalità adeguate alle reali necessità e in grado di valorizzare le funzioni di direzione, commisurate alle caratteristiche e agli obiettivi di gestione di ciascun Ente, rinnovate attingendo alla nuova leva di giovani che hanno scelto moderne qualificazioni tecnico-scientifiche. Dotazioni finanziarie certe e adeguate (almeno il doppio degli attuali 70/80 milioni di euro) per gli Enti di gestione delle aree protette nazionali, da stabilirsi, erogare e controllare in base agli obiettivi da perseguire. Iniziativa internazionale, rivolta al rafforzamento delle azioni e dei processi di connessione e collaborazione in Europa e nel Mediterraneo, per la costruzione di reti di aree naturali protette terrestri e marine e per l’attuazione di progetti di cooperazione internazionale».

Un programma di aggiustamento e rilancio di cui i parchi italiani hanno urgente bisogno, resta da capire se la politica italiana è in grado di sentire e capire queste richieste, distratta dalla sfida su chi promette più crescita economica e meno tasse.

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