[05/03/2008] Consumo

La strana contraddizione del turismo italiano: è poco competitivo, ma cresce

LIVORNO. A Berlino è in corso il World’s Leading Travel Trade Show, una delle più grandi manifestazioni turistiche mondiali ed il segretario generale della World tourism organization dell’Onu (Unwto) Francesco Frangialli, è stato uno dei principali oratori all’apertura de 4 marzo, mentre fino alla chiusura del 9 marzo l’Unwto organizzerà quattro grandi manifestazioni su cyberturismo, misure di contrasto al cambiamento climatico, uguaglianza tra uomini e donne e protezione dei bambini (leggi turismo sessuale). Problemi che vengono trattati all’interno del più vasto contesto delle relazioni tra il turismo, lo sviluppo economico e una nuova ossessione europea e soprattutto italiana: la competitività. Come ogni anno l’Unwto presenterà in una grande conferenza stampa a Berlino le ultime statistiche e tendenze del turismo mondiale così come i punti di forza dell’organizzazione mondiale del turismo per il futuro, ma è chiaro che i quattro temi scelti indicano priorità e linee di competitività essenziali.

Oggi il Sole 24 Ore riprende dati dell’Unwto sulla competitività turistica (già analizzati diverse settimane fa da greenreport) che confermano un calo competitivo dell’Italia ed un forte dinamismo dei paesi alpini e del nord Europa, ma anche del nostro più vicino competitore, la Spagna. Al primo posto della competitività turistica c’è la piccola e ricchissima Svizzera, con un indice di competitività di 5,63 su una scala che va da 0 a 6, segue l’Austria a 5,43, la Germania con 5,41, l’Australia a 5,34 e la Spagna a 5,30.

Si tratta di Paesi che hanno coniugato strettamente il turismo ad una forte immagine ambientale ed ad innovazioni tecnologiche soprattutto in campo energetico, con la parziale eccezione della Spagna dove però, come si legge in un’altra pagina del Sole 24 Ore, il modello Costa del Sol, così simile alla villettopoli italiana, è in crisi verticale, con gli stessi problemi giudiziari e di sostenibilità nostrani. Proprio prendendo spunto dai dati dell’Unwto sulla competitività il presidente di Federturismo, aderente a Confindustria, ha scritto una lettera ai candidati premier per chiedere un loro preciso impegno in favore del turismo e per difenderlo dalla sempre più aggressiva e sofisticata concorrenza mondiale, che poi si scopre essere molto vicina a noi, addirittura ai nostri confini.

Verrebbe da notare che è il solito atteggiamento italiano: si invoca il liberismo fino al momento di difficoltà, poi si chiede l’intervento dello Stato a sostegno di una competitività che in altri Paesi è soprattutto (anche se non solo) frutto della capacità innovativa degli imprenditori. Eppure, solo qualche giorno fa, la neopresidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che ha forti interessi nel settore alberghiero, diceva che nel 2007 il turismo in Italia era cresciuto del 7%, mentre la UnwtoTourism Highlights, Edition 2007 spiega che in Europa «L´aumento del numero di arrivi di turisti internazionali, stimato al 5%, può sembrare modesto rispetto ad altre regioni. Ma questa crescita, realizzata su una base già molto ampia (l´Europa attrae più della metà dei turisti del mondo), rappresenta 22 milioni di turisti internazionali supplementari in solo un anno. In più, l´Europa fa parte delle regioni che registrano da più anni dei risultati regolari esempi di punta e crescite pronunciate. Questo progresso del 5% degli arrivi dei turisti internazionali maschera qualche disparità tra una sottoregione e l’altra. Nel 2006, l´Europa centrale e orientale (+4%) e l´Europa occidentale (+5 %) hanno raddrizzato il timone dopo un risultato inferiore alla media nell’anno precedente, mentre il numero di arrivi nell’ Europa del sud e mediterranea (+5 %) appare in media in calo di un punto percentuale in rapporto al 2005. Questo risultato non è meno eccellente per una sottoregione che accoglie 165 milioni di turisti all’anno. Ma queste tre sottoregioni accusano dei ritardi rispetto al campione degli ultimi tre anni, l’Europa del Nord (+8% en 2006). La domanda turistica rimane elevata nelle destinazioni classiche balneari dell’Europa del Sud e mediterranea, come mostrano i risultati dell’Italia (+12%), della Grecia (+9%), della Spagna (+4%) e del Portogallo (+6%). Tra le principali destinazioni europee, l´Italia ha largamente dominato la situazione nel 2006, dopo più anni tristi. Il numero di arrivi è cresciuto del 12% grazie ad un’eccellente stagione invernale che è stata in parte favorita, all’inizio dell’anno, dallo svolgimento dei giochi olimpici invernali a Torino».

Insomma, la situazione secondo gli ultimi dati disponibili dell’Unwto non è affatto così tragica come la fanno apparire recenti e passate lamentazioni, anzi la crescita del turismo italiano sembra sostanziosa, ma è legata soprattutto a fattori contingenti ed al più tradizionale e temporalmente limitato dei turismi, quello balneare. La forte crescita dell’Europa del nord, anche per motivi climatici, è invece evidentemente legata soprattutto al turismo ambientale e culturale ed alla qualità dei servizi.

Ma dai dati dell’Unwto e della Marcegaglia non si legge invece una crisi davvero presente, che si respira nelle nostre località balneari, forse perché non quantificabile con i dati ufficiali. A soffrire non sono infatti le strutture alberghiere, i campeggi e gli agriturismi ma un pezzo di turismo grigio e molto poco competitivo, legato alla rendita e refrattario ad ogni innovazione e competitività, quello delle seconde case che infestano le coste italiane e divorano paesaggi e qualità urbana, stressano i servizi oltre la sostenibilità, richiedono infrastrutturazioni invasive e usate solo pochi mesi all’anno. Un brutto regalo, quando va bene, di una pianificazione urbanistica sbagliata e datata e troppo spesso di un abusivismo e di un condonismo che se ne frega della competititività turistica di un Paese che è fatta soprattutto di difesa dell’ambiente e del paesaggio, di investimenti in innovazione del prodotto e dell’offerta turistica e non certo di rendita immobiliare di villaggi e persiane chiusa per 9 mesi all’anno.

Il problema è che la competitività cozza con questo e nessuno, come hanno fatto invece in Spagna, ha il coraggio di dirlo e soprattutto di prendere misure per la più grande iniziativa di competitività ed innovazione turistica che potrebbe fare l’Italia, riqualificare il paesaggio urbano, bloccare la villettopoli infinita e valorizzare il nostro ambiente e la nostra storia.


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