[05/03/2008] Comunicati

Riformare il fisco orientandolo sul consumo delle risorse non rinnovabili

ROMA. Da tempo questo giornale chiede alla politica di compiere scelte capaci di attivare una riconversione ecologica dell’economia. Questo ragionamento rischia di rimanere un discorso astratto se non si comincia a definire anche gli strumenti con cui è concretamente possibile orientare in quella direzione le scelte di politica economica ed industriale, per non parlare di quelle di consumo. Decisivo in questo senso è il ruolo della fiscalità ambientale. Non si parte da zero. E’ stata, a livello comunitario soprattutto, suggerita ed introdotta, per orientare le scelte energetiche verso le fonti rinnovabili, la carbon tax, così come in molti paesi, fra cui il nostro, si è pensato, per spingere le scelte dell’edilizia verso la manutenzione e riqualificazione del già costruito, di consentire la deduzione dalla dichiarazione dei redditi di una parte degli investimenti fatti per ristrutturazioni.

Diverse sono state le fortune di queste misure: la prima ha avuto il torto di essere una tassa che si aggiungeva ad una pressione fiscale già troppo pesante e quindi è stata fortemente contrastata, non solo dai petrolieri, fino alla sua liquidazione. La seconda invece continua ad esistere, ma l’agevolazione concessa si è rivelata troppo bassa, sia per indirizzare le ristrutturazioni verso un miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, sia per ostacolare l’evasione fiscale molto radicata in questo settore. Bisogna decisamente andare oltre questi tentativi e porsi l’obiettivo di una vera e propria riforma del fisco orientando la sua pressione non più sul lavoro e l’impresa, come sostanzialmente avviene oggi, ma sul consumo di risorse non rinnovabili. Questo progetto fu proposto quattordici anni fa da Legambiente, per sostenere il suo piano del lavoro, ma non produsse risultati significativi. Da allora però molte cose sono cambiate.

L’esplosione della questione climatica ha fatto meglio comprendere, anche agli economisti, l’intreccio fra ecologia ed economia, ma soprattutto il peso delle tasse sul costo del lavoro è una delle cause che alimenta la precarizzazione dello stesso. Si può dunque rilanciare la proposta e cercare di fare uscire la discussione sul fisco dalla paralizzante contrapposizione fra chi demonizza le tasse al solo scopo di cancellare i pilastri dello stato sociale, la scuola e la sanità pubblica e chi invece più correttamente pensa che tutti debbano pagare le tasse per alleggerire la pressione fiscale. Non se ne esce aggiungendo la carbon tax, ma progettando una riforma del fisco che alleggerisca la pressione che esso esercita sul lavoro e l’impresa per concentrarla sul consumo di suolo, aria, acqua, energie non rinnovabili. Sarebbe un operazione che agevolerebbe l’occupazione e spingerebbe le imprese verso l’innovazione capace di farle consumare meno ambiente. Duccio Bianchi la scorsa settimana ha lanciato una prima proposta. Lo scopo di questo mio intervento è di condividerla e rilanciarla in modo da aprire una discussione che contamini lo scontro elettorale e possibilmente vada oltre lo stesso.


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