[03/03/2008] Elettrosmog

Non si costruisce in luoghi troppo esposti ai campi elettromagnetici

LIVORNO. Se una azienda vuole ampliare il proprio capannone vicino a un elettrodotto il Comune può negare il permesso a costruire per proteggere i lavoratori dalla esposizione ai campi elettromagnetici.
Lo afferma il tribunale amministrativo del Veneto con sentenza di questo mese che dà ragione al Comune di Mozzecane (Vr) e torto alla azienda ricorrente contro il diniego del permesso di costruire per l’ampliamento del proprio capannone industriale.

Per il tribunale non è rilevante che l’area in questione sia individuata come pertinenza di stabilimento già funzionante, perché le disposizioni normative di riferimento fissano obiettivi di qualità a prescindere dalla natura pertinenziale o meno dell’area. Non è rilevante neanche lo stato di temporaneo non funzionamento o di sottoutilizzo dell’elettrodotto perché il gestore può in qualsiasi momento utilizzare l’elettrodotto al massimo della potenza.

Il tribunale fa infatti riferimento all’obiettivo per il valore dell’induzione magnetica fissato dall’articolo 4 del D.P.C.M. 8 luglio 2003 e non a quello del valore di attenzione di 10 uT (unità Tesla ossia misura utilizzata per esprimere la densità dell’induzione magnetica) al quale si riferisce l’azienda nella sua difesa. La norma stabilisce che nella progettazione dei nuovi insediamenti e delle nuove aree adibite a permanenze non inferiori a 4 ore in prossimità di linee ed istallazioni elettriche già presenti nel territorio è fissato l’obiettivo di qualità di 3 uT per il valore dell’induzione magnetica. E questo al fine della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi elettrici e magnetici generati dagli elettrodotti operanti alla frequenza di 50 Hz (Herz unità di misura della frequenza) della popolazione a prescindere dallo status di lavoratori o non.

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