[03/03/2008] Recensioni

La Recensione. Il bambino ecologico di Athos De Luca

Cambiamento di questo modello di sviluppo e relativi cambiamenti di stili di vita. Quante volte ne abbiamo sentito parlare e quante volte ne abbiamo sottolineato la necessità. Società della globalizzazione dei consumi, dell’usa e getta, della velocità delle trasformazioni, dell’iniquità della distribuzione, società che sta depauperando risorse di base nell’arco di una generazione. Ma contemporaneamente la stessa società, ha preso atto del limite dello sviluppo e ha tradotto anche in termini normativi principi basilari come quelli che attengono alla solidarietà tra territori e intergenerazionale. In questo quadro i bambini che oggi esprimono segnali di disagio, sono “indicatori biologici” del malessere della società di fronte al modello di sviluppo dominante.

Questo è il tema che il curatore intende sottoporre all’attenzione degli adulti, tutti coinvolti in quanto genitori, e contemporaneamente responsabili in quanto attori più o meno protagonisti nella “sceneggiatura” che sta andando in onda. «E’ urgente aprire la vertenza politica bambino e sviluppo per illuminare la contraddizione insanabile tra la globalizzazione e l’omologazione mercantile, i diritti umani, il rispetto dei tempi della vita e il principio del limite.... è compito della politica tradurre tutto ciò in azione, informazione e confronto, facendo nascere dalla contraddizione tra i bambini e questo mondo, una forte coscienza critica, negli adulti, tale da indurli a correggere l’attuale modello di sviluppo».

De Luca in questo contesto cerca di mettere in evidenza le criticità della società da diverse angolazioni e le conseguenze dirette sul mondo dell’infanzia facendosi aiutare da professionisti come psicologi, psichiatri, nutrizionisti, pubblicitari che portano il loro contributo professionale ed aiutano a scoprire il mondo dell’infanzia. Del resto la Convenzione dell’Onu del 1989 (poi divenuta legge dello Stato nel 1991) mette al centro l’interesse del bambino come prevalente su tutti gli altri, focalizzando l’attenzione sulle generazioni future senza le quali ovviamente si avrebbe l’estinzione della specie. Molti sono gli aspetti trattati, seppur sinteticamente, nel testo e particolare attenzione viene rivolta all’importanza della nutrizione per i bambini: smisurata offerta alimentare veicolata dalla pubblicità da un lato e carenza nutrizionale dall’altro a seconda di quale parte del mondo si osservi. E quando il cibo non è un bene primario, vista l’abbondanza, persistono comunque le criticità dal punto di vista qualitativo.

L’attenzione del mondo è concentrata sulle merci, sulle modalità di possederle e di renderle disponibili. Il consumismo indotto e alimentato dalla pubblicità (la spesa totale mondiale per la pubblicità ammonta a 470 miliardi di dollari, cinque volte i redditi dei Paesi più poveri del pianeta) tocca anche la sfera nutrizionale (basta osservare un programma per bambini e contare il numero di spot che propinano merendine). La stessa faccia della medaglia di cui il mondo degli adulti si deve occupare riguarda gli scarti della produzione e del consumo (nel testo il tema presumibilmente è dato per sottointeso): aspetto che non va mai dimenticato visto come è facile “inciampare” nella ricerca di soluzioni adeguate. Nel volume sono trattati anche aspetti che riguardano la psico-ecologia e viene posto l’accento su ambiente e salute del bambino (anche mentale) «il prezzo che stiamo pagando per quello che viene chiamato “progresso” è diventato altissimo e i primi ad essere vittime del degrado ecologico sono i bambini».

Sappiamo che si vive ormai prevalentemente in centri urbani di medie grandi dimensioni, in aree ad elevato inquinamento che favoriscono l’accrescersi di patologie respiratorie nei soggetti più deboli (i bambini sono tra questi) e che ha visto negli anni più recenti anche la crescita esponenziale di allergie dovute sia a polluzioni out-door che a inquinanti in-door. Queste stesse città non offrono più spazi specializzati per i bambini perché è assente una cultura per l’infanzia, che si può lentamente ritrovare, come afferma Francesco Tonucci dell’Istituto di psicologia del Cnr, cambiando l’interrogativo da «Cosa possiamo fare noi per loro? A che cosa possono fare loro per noi? Questo significa dare la parola ai bambini, chiedere il loro punto di vista, coinvolgerli in esperienze di partecipazione attiva al cambiamento delle città. Questo significa riconoscerli come cittadini». La riflessione di De Luca, che facciamo nostra e che viene spontanea al termine della lettura, è in qualche modo un paradosso «... per educare e crescere bene un bambino oggi gli specialisti rivelano ai genitori i segreti per difenderlo dalla televisione, dal cibo, dai farmaci dai videogiochi,... insomma dai prodotti del presunto benessere».

Il libro, non lineare, fatto di piccoli saggi che sono capitoli a sé, fa riflettere. Non pone temi nuovi ma li fa osservare da un altro punto di vista: quello dei bambini. «Forse siamo ancora in tempo ad ascoltare i bambini e le migliaia di specie che scompaiono ogni giorno, per salvare insieme a loro anche gli adulti e il pianeta».


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