[22/02/2008] Urbanistica

Bello, brutto e riforme...di facciata

LIVORNO. Giovedì scorso, La Repubblica pubblicava una serie di interessanti articoli sotto il titolo generale "Bello o pulito?" che prendevano spunto dalla vicenda del referendum fiorentino sulla tramvia, dalle diatribe che nascono a fronte della progettazione e realizzazione di campi eolici. Tra le altre cose appariva la provocazione dell´architetto Massimiliano Fuksas "bellezza è anche un´ecoballa" e la più ragionata definizione di Carlo Petrini " cosa utile non è mai brutta".

Un´utile lettura, che stimola molte riflessioni ma, in particolare, considerati anche altri interventi di Giovanni Valentini in merito alla proposta di riforma del testo unico dei beni culturali, appaiono necessarie alcune puntualizzazioni. In particolare, se si può convenire sulla utilità e necessità di ricondurre la tutela del paesaggio allo Stato in quanto terzo rispetto al sistema degli enti locali che peraltro traggono risorse importanti dalla trasformazione del territorio (gli oneri di urbanizzazione), se si può convenire circa il ritardo ed in alcuni casi la debolezza dei piani paesaggistici predisposti nel tempo ed anche di recente da regioni ed enti locali, non si può neppure disconoscere che affidare nuovi rilevanti compiti alle Soprintendenze appare esorbitante rispetto alla dotazione organica e strumentale di queste, alla probabile carenza di specifiche competenze.

D´altra parte, per onestà, bisogna anche pur dire che se i comuni, sotto la spinta di interessi locali o speculativi, per necessità di alimentare il consenso politico o per garantirsi delle risorse finanziarie, hanno fatto leva sull´urbanizzazione dei suoli sulle nuove costruzioni, dove esisteva il vincolo paesaggistico l´attività di controllo e autorizzativa che faceva capo alle Soprintendenze non ha sortito effetti esaltanti. Anzi.

Allora, fermo restando che è scarsamente comprensibile l´atteggiamento di molte regioni in materia, regioni che sul piano degli strumenti di pianificazione generale e di pianificazione del paesaggio in particolare sono spesso carenti, credo che i sostenitori della necessità di un soggetto terzo e autorevole a tutela del paesaggio, debbano farsi carico di una riforma che non si può esaurire nel semplice spostamento di competenze. Le competenze, la qualità dell´esercizio di queste, risiede nell´organizzazione, nella strumentazione, nella qualità e quantità delle risorse umane disponibili. Altrimenti si è di fronte alla solita riforma all´Italia, di facciata.

Se poi si vogliono sottolineare comportamenti non sempre virtuosi dei comuni in merito alla tutele del paesaggio perché maggiormente interessati o comunque interessati alla possibilità di introitare gli oneri di urbanizzazione, appare necessario evidenziare che da una parte, scelta sciagurata dell´ultimo governo Berlusconi, si è autorizzato l´uso degli oneri per la spesa corrente, dall´altra si è pervenuti all´esproprio per pubblica utilità a valori di mercato e a non regolamentare adeguatamente il regime dei suoli, a non garantire un adeguato finanziamento o per trasferimento o per gettito di finanza locale, dei comuni che nel frattempo, e forse anche per loro errato calcolo, hanno assunto sempre più competenze.

Tutto ciò ovviamente non fa venire meno la necessità di discutere e di riempire le pagine dei giornali, soprattutto di quelli di più ampia diffusione per alimentare interesse e curiosità dell´opinione pubblica, di ragionare sulle trasformazioni. a tal proposito non si può disconoscere l´utilità di leggi che favoriscano la partecipazione alle scelte sin dalla loro primissima formulazione, tramite percorsi organizzati di partecipazione di dibattito pubblico, la responsabilità di molti enti di non assumere compiutamente le scelte di competenza. Per esempio se si parla di energie alternative, di impianti eolici o fotovoltaici è evidente che in presenza di un serio piano paesaggistico potrebbe essere più facile individuare localizzazioni e realizzazioni, mentre lo spontaneismo dal basso crea una evidente babele. Speriamo dunque che ci siano ancora voglia e spazi di confronto.

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