[21/02/2008] Comunicati

Decolla l’investimento responsabile

LIVORNO. Il rapporto annuale “Unep Year Book 2008”, richiesto dai ministri dell’ambiente riuniti a Monaco, sottolinea che alcuni degli elementi di una economia verde sono già stati messi in campo. I rapporti sulla responsabilità sociale delle imprese (Rsi), comprese le preoccupazioni ambientali, sono effettuati da più di 2.000 aziende di oltre 90 Paesi, nel 1990 la Rsi era praticamente sconosciuta. Il network di investitori sui cambiamenti climatici,avviato nel novembre 2003, raggruppa oggi una cinquantina di investitori istituzionali per più di 3 miliardi di dollari.

Il progetto “Principles for Responsible Investment” facilitato nel 2006 dalle iniziative finanziarie dell’Unep e dall’UN Global Compact conta oggi 275 istituzioni con 13 miliardi di attivo. Sempre più imprese sembrano convinte che diventare “verdi” migliora i loro risultati oltre che la loro immagine. Il rapporto dell’Unep riprende i dati di uno studio della banca di investimenti Goldman Sachs realizzato su imprese operanti in 6 settori, dallo sfruttamento minerario all’energia, dal comparto alimentare ai media, che dimostra che le aziende che hanno strategie ambientali, sociali e di governance progressive hanno superato del 25% le performance del mercato borsistico generale. Il 70% delle imprese “verdi” ha superato le aziende che operano nello stesso settore.

Un’inchiesta realizzata negli Usa, in Francia, in Gran Bretagna e Germania in 150 imprese con strategie di responsabilità sociale, ha evidenziato la crescita delle priorità ambientali in queste società. La riduzione dei gas serra e l’efficienza energetica sono al primo posto delle preoccupazioni del 54% delle persone sondate, seguite dal riciclaggio (52%) e dalla riduzione dei rifiuti (27%). Le ultime preoccupazioni della lista sono di rendere trasporti e spedizioni più efficaci e favorevoli all’ambiente (8%), l’educazione ambientale e la ricerca (7%) ed aiutare i lavoratori ad utilizzare mezzi di trasporto alternativi (6%).

Alcune industrie a forte intensità di CO2 hanno pubblicato un bilancio del carbonio aderendo al "Carbon Disclosure Project", dimostrando che le imprese responsabili possono ridurre le loro emissioni. Il progetto mira anche a responsabilizzare gli azionisti facendo comprendere meglio i rischi economici attuali e futuri ai quali sono esposte le imprese che sostengono. Secondo l’Unep Year Book 2008, circa l’80% delle aziende comprese nella classifica "Financial Times 500" svelato le loro performance riguardanti le emissioni di CO2 «più di tre quarti di quelle che hanno pubblicato queste informazioni stanno ormai mettendo in opera delle riduzioni di gas serra, sia con la riduzione diretta delle emissioni che attraverso i nuovi mercati del carbonio. Questo rappresenta un aumento di circa la metà dall’anno precedente. E’ interessante notare che il miglio tasso di successo per l’informazione sul carbonio è per le industrie a forte intensità di carbonio, quali quelle dei metalli, le miniere e le acciaierie, così come il settore del petrolio, del gas e dell’elettricità».

Tuttavia, l’Unep evidenzia una carenza di queste misure incoraggianti e che c’è ancora molto da fare. Un’inchiesta realizzata da “Unep Year Book 2008” comprende anche i dati di un’inchiesta realizzata da Innovest, che dimostra come alcuni settori stiano facendo progressi riguardo ai gas serra, soprattutto le compagnie elettriche del nord America, le multinazionali delle auto e le imprese dei metalli e delle miniere. Invece le emissioni continuano ad aumentare in altri settori, in particolare nell’industria petrolifera e del gas e in quella dei prodotti chimici.

L’International Emissions Trading, il mercato delle emissioni di CO2, faceva registrare al novembre 2007 850 progetti in 50 Paesi per un valore di oltre un miliardo di emissioni certificate, relativi a energie rinnovabili e rimboschimento nei Paesi in via di sviluppo. 1,4 miliardi di dollari supplementary previsti all’interno del Clean Development Mechanism (Cdm) saranno disponibili non appena verrà raggiunto un flusso di investimento di 100 miliardi di dollari dal nord al sud del mondo.

Il 30% dei progetti in corso punta all’eliminazione dei prodotti per la refrigerazione HFC-23, seguono la riduzione di ossido nitroso acido adipico (10%); la trasformazione delle emissioni di metano dei in elettricità (11%); i biocombustibili (7%); l’energia eolica, le turbine a gas combinato ed idroelettrico (6%); la riduzione delle emissioni provenienti dai campi petroliferi e dalle miniere di carbone (4% ciascuno).

Aumenta anche il mercato volontario di riduzione delle emissioni, come quello del "Chicago Climate Exchange" al quale partecipano 330 imprese, Stati, città degli Usa che non sono d’accordo con la scelta di non firmare il Protocollo di Kyoto: nel 2006 gli scambi hanno raggiunto 20 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. Il Voluntary Carbon Standard è stato introdotto nel novembre 2007 con l’approvazione dalla International Organization for Standards, nel quadro delle certificazioni ISO 14064 e 14065 ed il mercato volontario di CO2 avrebbe raggiunto nel 2006 un valore di circa 90 milioni di dollari, con la maggior parte dei progetti di silvicoltura in America del nord, seguiti da quelli asiatici destinati soprattutto alle energie rinnovabili. Nello stesso periodo il mercato previsto dal meccanismo di Kyoto valeva circa 30 miliardi di dollari.


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