[19/02/2008] Consumo

Tragedia in Cina: 24 morti per esplosione in miniera clandestina

LIVORNO. La fame di materie prime fa nuove vittime in Cina. Sono almeno 24 gli operai morti e altri cinque quelli rimasti feriti per un´esplosione in una miniera di ferro clandestina in provincia di Hebei, nel nord. La deflagrazione è avvenuta domenica. Le agenzie di stampa raccontano che per ingannare le autorità il proprietario aveva allestito, in superficie, un allevamento di cinghiali dal quale poi si accedeva alla struttura sotterranea. La Cina è il paese che nel mondo detiene il record degli incidenti minerari. Le cifre sono quelle di una vera e propria guerra: nel 2006 il governo ammetteva 4.746 morti per incidenti nelle miniere (senza contare naturalmente i morti per le malattie professionali e gli infortuni), ma le vittime sarebbero state oltre 7mila. Le cifre ufficiali probabilmente non conteggiano i lavoratori clandestini, come appunto questi 24 operai e gli immigrati interni senza permessi e diritti.

E pensare che, come riportammo a novembre, il vice-Premier Zeng Peiyan aveva indirizzato una lettera di felicitazioni alla Conferenza internazionale dell’industria mineraria cinese in corso a Pechino assicurando che: «La Cina adotterà un approccio ecologico per sviluppare la sua industria mineraria molto consumatrice di energia. Il Paese prenderà più misure che mirano a proteggere l’ambiente nelle miniere. Per raggiungere questo obiettivo la Cina incoraggerà la cooperazione internazionale nello sfruttamento delle miniere e lo sviluppo». Di queste misure sembra che almeno a Hebei non siano arrivati i benefici.

La politica mondiale sembra non preoccuparsi più di tanto di questa situazione drammatica che parla a tutti noi - visto che quelle materie prime che la Cina sta andando ad estrarre persino in Africa, perché scarseggiano nel loro pur sterminato paese - serve per soddisfare in larga parte la produzione internazionale.

Al di là di tante parole spese a tutti i livelli per uno sviluppo sostenibile al quale tutti noi dovremmo singolarmente concorrere, dall’altra parte della barricata le politiche economiche non sembrano essere interessate – almeno quando si dovrebbe passare dal dire al fare - a questo indispensabile riorientamento. L’economia ecologica passa attraverso il riorientamento del mercato secondo i principi guida della sostenibilità ambientale.

La nostra fame di consumi/acquisti e l’impostazione dei governi mondiali basata sulla continua accelerazione dei consumi stessi onde evitare una qualche flessione nella crescita, assieme alle logiche del mercato che spingono a produrre dove i costi sono i più bassi possibile in spregio ai principi di sostenibilità sociale, hanno fatto sì che la Cina sia il grande fratello che ci fa dalle scarpe alle auto, all’oggettistica per la casa, ai videogiochi, ai computer e chi più ne ha più ne metta. Così in parte abbiamo smesso di scavare le nostre montagne e i nostri territori, abbassando così la nostra estrazione di materia ma i suoi flussi in realtà li abbiamo (e con noi mezzo mondo) solo spostati nella lontana Cina. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore (magari nascosti dai cinghiali), ma sarebbe il caso di domandarsi chi sono i veri carnefici degli operai morti ammazzati nelle miniere cinesi.

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