[15/02/2008] Comunicati

Materia e dintorni: Siamo tutti presocratici!

LIVORNO. Buttiamola, se serve, anche in filosofia. Ricorda Piergiorgio Odifreddi su Repubblica: «Agli albori del pensiero greco, quando ancora non si sapeva niente e si poteva dunque ipotizzare quasi tutto, i filosofi della natura si divisero tra monisti e pluralisti (…). Oggi le teorie dei presocratici fanno sorridere, ma con un po’ di buona volontà si possono reinterpretare come primordiali intuizioni di qualcosa di più profondo». I filosofi pluralisti, come Empedocle, scandivano la realtà visibile e riconducevano tutto, a quattro elementi: acqua, aria, terra e fuoco. Osserva sempre Odifreddi che, da questo punto di vista, sono più interessanti le teorie di altri presocratici che ipotizzavano costituenti più sottili, non solo dal punto di vista fisico, ma anche intellettuale: i numeri di Pitagora e gli atomi di Democrito.

«La scienza moderna – aggiunge – descrive infatti la materia (una parola che deriva da mater e richiama la ‘generazione’ dell’etimologia originaria di physis, ‘natura’) come costituita da atomi di varia natura, tenuti insieme internamente da leggi fisiche ed esternamente da leggi chimiche, tutte espresse in linguaggio matematico. Con due differenze essenziali, rispetto ai presocratici. Anzitutto che gli elementi sono in realtà più di cento (…). E poi, che nessuno dei quattro elementi dell’antichità ha resistito alla prova del fuoco: l’acqua è risultata essere un composto di due atomi di idrogeno e uno di ossigeno; la terra e l’aria sono misture di vari elementi (…); e il fuoco è un processo e non un elemento». I filosofi antichi, dunque, avevano troppo semplificato una materia complessa che poi li ha smentiti nei secoli successivi... Ma la materia non è stata per niente superata. L’analisi di Odifreddi si basa su due saggi (uno di Philip Ball ‘Elementi’ e l’altro di Peter Atkins ‘Il regno periodico’) e conclude, dopo aver attraversato la storia e raccontato dell’importanza della tavola degli elementi di Mendeleev, che ancora oggi «non abbiamo (nonostante gli studi e gli approfondimenti, ndr) ancora una risposta definitiva alla domanda che assillava i presocratici, e cioè quanti sono gli elementi semplici, ma almeno una cosa l’abbiamo imparata: che si tratta di una domanda difficile, e che la risposta si trova non nei leggeri frammenti rimasti dei poemi antichi, ma nei pesanti frammenti prodotti dai ciclotroni moderni».

Senza scomodare i ciclotroni e gli acceleratori di particelle, il paradosso della nostra società è che sembra aver dimenticato anche quella lezioncina forse anche ingenua dei presocratici. Che acqua, aria, terra e fuoco fossero elementi o no, almeno la percezione che avessero un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo lo avevano intuito. Oggi, quando si parla dei “mattoni del mondo”, la materia sembra essere dimenticata. Mentre l’acqua, l’aria e l’energia sono ‘elementi’ conosciuti sui quali si cerca di misurare l’impatto ambientale e di porvi rimedio laddove si registrano le criticità, la materia (che poi racchiude l’intera tavola di Mendeleleev) viene ignorata. Nonostante tomi e tomi scientifici e statistiche (anche dell’Istat) ci ricordino che il prelievo di materia in natura sia in continuo aumento e che solo e soltanto riducendo (e di un bel po’) questi flussi si possa sperare di riportare il pianeta sulla strada dello sviluppo sostenibile, il tema è sistematicamente ignorato. Il risparmio di materia non è discriminante nei finanziamenti dei progetti di ricerca, né pubblici, né privati. Le politiche sul tema finiscono per affrontare la questione – quando va bene – solo dal punto di vista dei rifiuti che derivano, a valle, dai processi produttivi di quella materia prelevata: per lo più cercando ad esempio accordi con la Gdo per ridurre il packaging, azione senz’altro meritevole di attenzione, ma non certo decisiva.

Servirebbero invece politiche economiche almeno a livello nazionale che agissero in particolar modo sull’orientamento produzione ( innovazione di processo) e del mercato verso ad esempio l’utilizzo della materia riciclata, ma a dir poco latitano. E tante volte ci siamo spesi anche sulla immaginifica (almeno ad oggi) prospettiva della dematerializzazione, come dimostrano i dati sulle commodities che giornalmente si possono leggere sul Sole24Ore. Così, in questa situazione nella quale la materia e i suoi flussi appaiono negletti e dimenticati, eliminati ‘virtualmente’ da una discussione nella quale sono invece ´immersi´ ´fisicamente´, l’analisi di Odifreddi ci fa scappare un grido provocatorio: Siamo tutti presocratici! Almeno a greenreport…


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