[11/02/2008] Consumo

Quando l´(in)sostenibilità è già nel biberon

LIVORNO. Un recente studio pediatrico ha messo in evidenza che in Versilia le bambine si affacciano precocemente (troppo) alla pubertà. Il motivo forse la tossina di un fungo presente nella zona, ma «comunque la presenza della tossina non può spiegare da sola la presenza epidemica di pubertà precoce, ci sono altri fattori ambientali come erbicidi e pesticidi coinvolti nel fenomeno» fanno sapere i ricercatori dello studio.

Un’altra ricerca, sempre in campo pediatrico, che proviene questa volta da oltreoceano, lancia un allarme per la presenza nelle urine di bambini tra i due mesi e i due anni di vita, di sostanze chimiche,quali il bisfenolo e gli ftalati, utilizzate come additivi proprio nei prodotti usati per l’infanzia. Il bisfenolo nel policarbonato di cui sono fatti quasi tutti i biberon, gli ftalati per rendere morbido il pvc, con cui si realizzano (ormai non più in Europa) molti oggetti, dalle tettarelle ai primi giocattoli, destinati ai bambini. Sostanze presenti però in molti altri prodotti usati ancora una volta per l’igiene infantile, dalle lozioni, ai detergenti al talco o nei cosmetici per gli adulti. Ma il problema serio è che queste sostanze, come tante altre divenute ormai compagne di viaggio della vita di ognuno di noi, sono classificate come interferenti endocrini o distruttori endocrini, perché in grado di alterare gli equilibri ormonali e come tali responsabili di problemi legati alla sfera riproduttiva, sia femminile che maschile.

Si chiamano infatti distruttori o interferenti endocrini perché questi composti hanno la capacità di alterare il delicato equilibrio del sistema endocrino di un organismo in vari modi: possono mimare o bloccare le molecole normalmente presenti nell´organismo, alterare i livelli ormonali, influenzando le funzioni controllate da tali ormoni. In pratica vengono riconosciuti simili agli ormoni dagli specifici recettori e confondono il sistema di segnalazione dell´organismo, che si comporta come se il recettore fosse occupato da un ormone da lui elaborato, ma i distruttori endocrini danno un segnale più forte (o più debole) rispetto all´ormone normalmente prodotto dall´organismo e lo danno nel momento sbagliato, provocando effetti inattesi quale può essere appunto una pubertà accelerata o difetti procreativi o sterilità, comunque sia disturbi legati alla sfera riproduttiva. Influenze indirette possono poi coinvolgere l´alterazione della capacità dell´organismo di produrre ormoni, di veicolarli tra i vari organi nell´organismo o nell’alterazione del numero dei recettori.

Tra i composti chimici sospetti, oltre a quelli evidenziati nello studio, sono stati identificati tra gli insetticidi, i diserbanti, i fumiganti e i fungicidi utilizzati sia in agricoltura che nell´ambiente domestico. L´esposizione può essere per contatto sia professionale che nell´ambiente domestico, o anche mediante l´ingestione di acqua, cibo o aria contaminate.

Fa riflettere allora la notizia che sette fra le principali industrie alimentari a livello planetario (Ajinomoto, Cadbury, Schweppes, Campbell Soup, Coca Cola, Firmenich, Nerstlé e Solae ) abbiano investito 30 milioni di dollari per mettere a punto prodotti chimici in grado di attivare i ricettori umani sensibili al dolce o al salato senza aggiungere zucchero o sale agli alimenti. La ricerca è affidata ad un´impresa californiana, lal Senomyx, i cui ricercatori hanno identificato, una proteina (SNMX-29) in grado di “confondere” il ricettore della sapidità.

L’obiettivo dichiarato è quello di dare un contributo alla riduzione dell’uso del sale nell’alimentazione, causa di molti disturbi dell’apparato cardiocircolatorio, e quindi di partecipare alla salvaguardia della salute pubblica.

Quello che però appare se non altro poco coerente è che mentre da una parte la ricerca evidenzia che la presenza ubiquitaria di sostanze chimiche in grado di agire con lo stesso meccanismo degli ormoni porta a effetti non certo benefici sulla salute e sui meccanismi riproduttivi dell’organismo umano, dall’altro si investe in altre ricerche, così da sfruttare gli stessi meccanismi per creare artificialmente prodotti alimentari, che dovrebbero - e il condizionale è d’obbligo! - aiutare l’essere umano a rimanere in salute. Basterebbe abituarsi ad una dieta senza aggiungere grandi quantità di sale per evitare i problemi di ipertensione o di aumento del rischio d’infarto che l’abuso può determinare, ma il problema sta proprio nel fatto che è proprio l’abitudine alla crescente artificializzazione alimentare, che comincia sin dalla precocissima età, che induce al consumo di prodotti sapidi, ovvero troppo ricchi di sale e/o di zucchero. Ed è dalla stessa fonte che viene adesso la risposta alla dieta iposodica, proprio dal mercato che in quella artificialità alimentare è specializzato. Che orienta la ricerca in modo da mantenere alti i propri profitti, e che sbandierando obiettivi alti, come quello della salvaguardia della salute, potrebbe (e naturalmente anche in questo caso il condizionale è d’obbligo) mettere in commercio alimenti che intervenendo positivamente su alcuni aspetti specifici come il metabolismo del sodio, ne può mettere a rischio altri di uguale o addirittura maggiore importanza. E la notizia che Nestlé li sta mettendo sul mercato “solo” in diversi paesi dell´area del pacifico e in America latina, non ci fa certo stare più tranquilli.



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