[07/02/2008] Rifiuti

Rapporto Apat sui rifiuti, assimiliamolo un po´

LIVORNO. I dati che emergono dal rapporto Apat 2007 su produzione e gestione dei rifiuti nel nostro paese, evidenziano in maniera molto netta che esistono ancora alcuni nodi irrisolti attorno a questo tema e che le politiche messe in atto sino ad ora non sono state sufficienti nemmeno a sviluppare un sistema efficiente dal punto di vista della contabilizzazione. Lo si vede sia dalle quote di produzione, sia dalle performance raggiunte in termini di raccolta differenziata e riciclaggio, sia dalla dotazione impiantistica complessiva e quindi dalle modalità di gestione. Come è sempre più palese la correlazione tra migliori performance di gestione raggiunte e dotazione impiantistica adeguata.

Su tutto questo pesa un sistema di contabilizzazione dei dati sul ciclo dei rifiuti, che ancora sconta la mancanza di una metodologia omogenea di acquisizione dei numeri alla fonte e che determina cifre, valori e percentuali che presentano scostamenti e differenze difficilmente giustificabili in altro modo.
«Il sistema di conoscenza del ciclo dei rifiuti può e deve ancora migliorare» scrive nella premessa al rapporto Apat 2007, il presidente Giancarlo Viglione, ponendo l’accento su una questione di fondo.

Nonostante lo sforzo compiuto in questi anni dall’agenzia, per mettere a punto un sistema di raccolta, analisi ed elaborazione dei dati che si avvale del contributo di molte professionalità e del lavoro svolto sul territorio dalle agenzie regionali e provinciali, dagli osservatori, e che si basa sul confronto tra i dati raccolti attraverso un questionario ad hoc e quelli che provengono dai consorzi, dalle aziende di servizi, dalle camere di commercio, ancora non si può dire che esista un sistema standard di contabilizzazione.

Sulla produzione ad esempio: è un dato ormai assodato che i rifiuti urbani crescono e come lo stesso rapporto registra, questo incremento è, dal 2004 in poi, più sostenuto rispetto al Pil ed alle spese delle famiglie. Un incremento che in particolare in alcune regioni e in determinate città arriva a quote di oltre 700 chilogrammi a persona: valori difficilmente attribuibili “solo” a peculiari stili di vita, in parte giustificabili con il fatto che le città in cui si verificano questi evidenti scostamenti rispetto alla media nazionale sono ambite mete turistiche; ma quasi certamente imputabili anche al fatto che in queste città si è optato ad esempio per processi di assimilazione di alcune categorie di rifiuti classificati come speciali o comunque non direttamente facenti parte del circuito degli urbani prodotti a livello domestico.

Elementi che se non ponderati nell’acquisizione e nella contabilizzazione del dato possono certamente far emergere scostamenti notevoli e confronti non del tutto coerenti con altre realtà. Che non tolgono nulla (sia ben inteso) al problema della crescente produzione dei rifiuti, su cui si sconta invece la pressoché totale assenza di politiche concrete su scala nazionale, che intervengano sempre più alla fonte, agendo sulla progettazione dei prodotti, sui cicli di produzione e sulla promozione di consumi sostenibili. Così come sono mancati interventi per dare concreta applicazione alle leggi già esistenti a livello nazionale, quali quella che impone l’utilizzo in percentuali di almeno il 30% di materiali provenienti dal riciclo dei materiali post consumo negli acquisti degli enti pubblici.

Quello che si evidenzia è anche la mancanza di una modalità univoca di gestione (sull’assimilazione si lascia infatti ad ogni comune di fare come meglio crede) e di acquisizione del dato. E lo stesso ragionamento vale anche per quanto riguarda il sistema di contabilizzazione delle raccolte differenziate, che non segue un criterio univoco sul territorio nazionale e che solo in alcune regioni prevede una modalità accreditata e certificata (che non è detto che sia la stessa tra una regione e l’altra).

Disomogeneità che rende difficile confrontare tra di loro i risultati raggiunti e il rispetto o meno di obiettivi, che è bene ricordarlo la legge 296/2006 (ovvero la finanziaria 2007) fissa in almeno il 40% entro il 31 dicembre 2007, almeno il 50% entro il 31 dicembre 2009 e almeno il 60% entro il 31 dicembre 2011, prevedendo commissariamenti ad acta per chi non li rispetta).

C’è sicuramente da sottolineare, anche in questo, l’immane sforzo e l’encomiabile lavoro svolto da Apat per restituire un´immagine il più possibile vicina alla realtà degli oltre 8000 comuni italiani, dal momento che «l’elaborazione dei dati relativi alla produzione ed alla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, viene condotta da Apat a livello di singolo comune».

Ma è la stessa agenzia però a dover lamentare che «i dati pervenuti sono risultati spesso incompleti. In alcuni casi si è addirittura riscontrata un’assenza totale di informazione». Tanto che per sopperire a tali carenze, Apat segnala che ha dovuto ricorrere in più casi, alla banca dati Mud (sempre riferita allo stesso anno 2006) messa a disposizione da Unioncamere «che, sebbene disponibile solo in forma provvisoria e quindi incompleta, ha consentito comunque di desumere i dati di produzione e di raccolta differenziata per un numero consistente di comuni per i quali non è stato possibile ottenere alcuna informazione per altra via». O addirittura nei comuni per cui non era possibile nemmeno utilizzare questo sistema, i dati sono stati stimati.

Situazione che si è ripresentata anche per reperire dati di alcune province e che pone l’accento sulla necessità di mettere a punto un sistema di contabilizzazione unico e confrontabile dal piccolo comune alla metropoli, che dia maggiore credibilità e oggettività a quanto viene troppo spesso o incensato o demonizzato.

Quando invece «la possibilità di disporre di dati ed informazioni sul ciclo dei rifiuti, corrette e validate da un organismo tecnico- come sottolinea il presidente di Apat Giancarlo Viglione - potrebbe determinare l’aumento della cosiddetta “accettabilità sociale” e diffondere una maggiore fiducia sulle scelte del legislatore o degli organi preposti alla pianificazione - programmazione degli interventi».

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