[22/01/2008] Comunicati

Liberismo al capolinea...

LIVORNO. In una lunga intervista rilasciata al New York Times la candidata alla corsa alla Casa Bianca per i democratici, Hillary Clinton, ha tuonato contro gli eccessi del mercato, auspicando che il governo (quello federale degli stati Uniti, in questo caso) torni ad avere un ruolo attivo. «Se guardiamo alla nostra storia – ha detto la moglie di Bill Clinton, - abbiamo avuto i maggiori successi in presenza di un equilibrio tra un efficace e vigoroso governo e un mercato dinamico, regolato in modo appropriato».

Un mercato regolato in modo appropriato. Non è cosa da poco dopo un ventennio in cui gli Stati Uniti il mondo occidentale tutto sono cresciuti sull’onda del must della deregulation. La senatrice di New York è andata anche oltre, deprecando l’«aumento della diseguaglianza», la «paralisi della classe media» e gli «offensivi» compensi di super manager. Tema, quest´ultimo, da noi sollevato a più riprese da Rifondazione Comunista.

Certo quelli di Hillary Clinton vanno presi come segnali mediatico-elettorali, né più né meno, ma aiutano a capire come stia cambiando il vento anche negli Stati Uniti: perché in una fase delirante e delicatissima come è quella delle interminabili primarie americane, non una parola può essere detta a caso dai protagonisti. E quindi se i peana al liberismo lasciano il posto all´invocazione di una governance pubblica, allora significa che questa esigenza cominciare a “tirare” e che i tempi sono (sarebbero) maturi anche per una riconversione dell’economia in direzione della sostenibilità.

Dove va il mercato lasciato a sé stesso ci sono i numeri a dirlo: per esempio la crescita continua e a doppia cifra dei settori del lusso, con il mercato che non fa altro che rispondere a una domanda (molto forte e remunerativa) dei meno che se lo possono permettere. Non a caso Philips Italia ha annunciato proprio in questi giorni che almeno nel nostro Paese cambierà strategia, perché l’elettronica di consumo (per la fascia media) non tira più, e si indirizzerà la dove c’è più richiesta: lusso e sanità (il cui segmento in Italia raggiunge il 6% del Pil). Ma contemporaneamente alla perenne espansione del lusso sta crescendo sempre di più tutto ciò che è low cost, dai voli aerei alle calzature passando per l’elettronica. E anche in questo caso se il low cost tira è perché è fortissima la domanda di merce a basso costo (il cui fine vita sarà sempre più breve).

Lusso da una parte e low cost dall’altra: significa appunto che la forbice tra ricchi e poveri ha ripreso ad allargarsi e questo appare invitabile finché il benessere di un Paese sarà associato solo al Pil e finché al mercato si continuerà a promettere un “dinamismo autonomo” che però si affloscia, guarda caso, proprio quando il "piano contro la recessione" ( da 140 milioni di dollari) del governo Bush è considerato insufficiente

Il risultato declinato in italiano è quello sotto gli occhi di tutti: un vuoto di governance che (anche senza il vuoto di governo che pare ormai imminente) ha impedito al Paese di prendere nei tempi giusti le decisioni necessarie. E la fase che si apre non appare migliore di quella che ci stiamo lasciando alle spalle: lo spettro di una recessione mondiale, checchè se ne pensi sulla decrescita, non deporrà affatto a favore di politiche di sostenibilità ambientale.

Torna all'archivio