[21/01/2008] Recensioni

La Recensione. I semi del futuro di Sergio Maria Francardo

«Scritto per rispondere alle domande dei miei pazienti- dice l’autore Sergio Maria Francardo - questo libro nasce dalla convinzione che ogni uomo possa e debba esprimersi sui grandi temi del nostro tempo».
Quindi è un libro che si rivolge a tutti: studenti ed educatori, consumatori e agricoltori, scienziati e medici, cioè a chiunque sia interessato a comprendere che cosa sono i cibi transgenici e i loro possibili effetti sulla nostra salute, su quella del pianeta e sulla società tutta.

Un libro che nasce dalla ribellione propositiva all’idea che l’ingegneria genetica, nei suoi aspetti concreti e nelle sue possibilità future, sia un tema da trattare solo tra esperti, biologi molecolari, scienziati.
Perché, sostiene l’autore, in ambito etico il parere di ogni uomo è un valore irrinunciabile. E quello delle biotecnologie, come tutti i grandi temi del rapporto uomo natura riguarda ognuno di noi e il futuro della specie umana. E quindi ha un forte valore etico.
Una responsabilità che non può essere lasciata al solo dibattito tra specialisti, ma che per affrontarlo e per poter prendere posizione, necessita di chiare informazioni.

La scienza moderna, con le sue grandi scoperte e le sue formidabili applicazioni, ci stimola al diritto-dovere di ampliare le nostre forze cognitive, ma ancor più quelle morali, per orientare i nostri pensieri e le nostre azioni ad un orizzonte che guardi oltre le nostre necessità immediate. Pensare alle condizioni in cui lasceremo la Terra è un compito irrinunciabile, pensare al futuro significa rendere degno il presente.

Per difendere lo sviluppo delle biotecnologie di fronte ai rischi di immettere in natura piante e animali che possano creare rischi ambientali gravi, scienziati come il Nobel Renato Dulbecco dichiarano: “che anche la mucca pazza non era prevedibile”.
Il tema di fondo del libro è che la scienza non dovrebbe solo constatare gli effetti di ciò che produce tramite le sue applicazioni tecniche ma anche cercare di prevederli – nel senso di vederli prima.

E l’autore, nel libro, dimostra come Rudolf Steiner, già in una conferenza nel 1923, avesse previsto e descritto in modo inequivocabile tale evento, proponendo come soluzione, già allora, una agricoltura sostenibile e raffinata come l’agricoltura biodinamica, descritta come prima tecnica di agricoltura biologica moderna.

Nell’intervento di Steiner, il bue nutrito con la carne veniva paragonato a una fabbrica in piena attività, in cui però non si produce nulla. Il risultato? Uno spreco di energie enormi nel caso della fabbrica, la pazzia nel caso dell’animale.
E Francardo usa questa citazione per sottolineare che al di là del linguaggio adeguato alle conoscenze scientifiche dell’epoca, ciò che rimane valido del discorso di Steiner è il modo di affrontare la questione: l’allevamento, l’agricoltura, la medicina non possono trascurare il contesto in cui operano, per servire le logiche della produzione. “L’errore è stato considerare la mucca, la vacca, il bue come bioreattori, cioè produttori di sostanze come il latte, la carne, senza considerare che sono esseri viventi”, ha raccontato Francardo.

E in un momento in cui si discute di carne e prodotti da animali clonati, questo ragionamento diviene ancora più attuale.
L’autore- che è un medico- partendo dalla convinzione che una sana nutrizione è il primo passo per la prevenzione delle malattie, sottolinea come non possa esserci una sana nutrizione se il prodotto non proviene da un ambiente salubre. Il titolo del primo capitolo non a caso è “Etica e saggezza nell’alimentazione”, in cui si fa un attento esame del cibo, della sua provenienza, di come quando si parla di agricoltura biologica lo si fa con l’intenzione di considerare la terra come un essere vivente. E di come si debba riscoprire e sperimentare il valore di un agricoltura e di un allevamento che hanno un rapporto armonico con la terra, con le piante e con la salute dell’uomo.

Dove opera, l’agricoltura biodinamica- sostiene l’autore- riesce a risanare i gravi danni alla terra sviluppati dalla monocultura tipica dell’agricoltura convenzionale, dall’avanzare delle metropoli e dall’incremento dell’attività industriale. In Australia oltre due milioni di ettari di terra quasi tutta desertificata, sono stati riportati alla fertilità grazie alla biodinamica creando lavoro e prezzi competitivi con i prodotti dell’agricoltura convenzionale.
«Il valore aggiunto è che tale agricoltura risana la terra, arricchisce l’humus, vera fonte della vita planetaria. Al capezzale del grande malato del presente: la Terra, occorre un volontariato ideale un gesto umano che inviti all’armonia tra uomo e natura».

Oltre al tema dello sfruttamento industriale degli animali il libro parla anche di manipolazione genetica e alimenti transgenici, ponendo anche in questo caso la riflessione sul fatto che, nel caso delle tecniche transgeniche, l’approccio verso la materia vivente è più spesso quello che si ha verso un computer: «un programma ( il software) fissa ciò che il computer deve realizzare e la macchina (l’hardware) lo porta ad esecuzione». Che cosa rende a questo punto una rosa una rosa e un tulipano un tulipano, si chiede l’autore? E raccogliendo le risposte alle domande che come medico riceve quotidianamente dai suoi pazienti, riflette in una maniera che è assieme scientifica ed etica su questioni quali la messa in discussione del cammino evolutivo, sia in termini materiali che spirituali. Ponendo quindi una doppia ragione per mettere in dubbio le manipolazioni genetiche, come pratica da perseguire.

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