[18/01/2008] Parchi

Assalti, sequestri, liberazioni, continua la guerra artica delle balene

LIVORNO. Mentre il tribunale federale australiano dichiarava illegale l’attività delle baleniere giapponesi nei mari antartici, che l’Australia considera un santuario dei cetacei, nelle fredde acque dell’Artide continua, senza esclusione di colpi, la battaglia navale tra ambientalisti e cacciatori di cetacei, che prevede anche l’emissione di veri e propri bollettini di guerra.

Oggi due attivisti australiani dell’associazione Sea Shepherd, nata da una costola “estremista” di Greenpeace, sono stati liberati dalla baleniera giapponese Yushin Maru N2 che li aveva catturati durante l’assalto sferrato giovedì contro la nave dagli anti-caccia alle balene. «I due uomini sono stati trasferiti questa mattina, sono al sicuro e a bordo dell’Oceanic Viking» ha detto un portavoce del ministero degli esteri australiano. Un elicottero di Sea Shepherd, si era levato ieri dalla nave "Steve Irwin" per abbordare dal cielo la “Yushin Maru 2" e consegnare un ultimatum al capitano giapponese: «Interrompere immediatamente la pesca», già che c’erano hanno bombardato la baleniera con morbidi proiettili di burro rancido che i nipponici hanno scambiato per acido. Ne è scaturito un corpo a corpo finito con la cattura dell’inglese Giles Lane, e dell´australiano Benjamin Potts, che accusano i balenieri del sol levante di averli «gettati nell´acqua gelida e lasciati legati sul ponte per ore».

Per i giapponesi si tratta di «puri atti di pirateria». Una cosa è certa, l’apparizione della Sea Shepherd in Artide ha innalzato, fin dall’anno scorso, il livello di scontro e di violenza, con pericolosi contatti tra navi, minacce di speronamento delle baleniere, continui atti provocatori. Una tensione che si riflette anche sui sempre più tesi rapporti tra Australia e Nuova Zelanda da una parte e Giappone dall’altra che accusa i due maggiori Paesi dell’Oceania di coprire i blitz degli ambientalisti, che dal canto loro criticano i governi di Canberra e Wellington per la scarsa determinazione dimostrata nel combattere i balenieri giapponesi.

Australiani e neozelandesi sono sempre più irritati dalle azioni corsare di Sea Shepherd ma, appena appresa la liberazione degli “ostaggi”, il direttore dell’associazione, Kim McCoy, ha annunciato che riprenderà subito la protesta contro le baleniere giapponesi, gli ha risposto il portavoce delle baleniere giapponesi, Glenn Inwood, che ha detto che «è stata una buona soluzione. La baleniera ritorna subito verso il resto della flotta, nel sud dell’oceano, per riprendere la pesca alla balena».
Infatti, l’arpionatore Yushin Maru N.2, è stato immediatamente beccato da Greenpeace mentre si avvicinava alla nave macelleria Nisshin Maru a centinaia di miglia dalle aree di caccia e si è beccato un altro assalto.

I gommoni di gommoni di Greenpeace hanno abbordato le navi ed hanno scritto “falso” in giapponese sulla fiancata della Nisshin Maru (nella foto), proprio davanti alla “Research” (ricerca) che campeggia irridente sulla mattatoio di cetacei galleggiante. Ma la guerra dell’Artico smuove anche l’opinione pubblica giapponese: «un articolo apparso oggi su uno dei maggiori quotidiani del Giappone, Asahi Shimbun – dice Greenpeace - mette in dubbio la validità del programma di caccia alle balene chiedendosi “Perché il Governo del Giappone insiste con la caccia baleniera?”.

Oltre allo spreco di danaro pubblico, l’articolo riferisce della dubbia validità scientifica del programma, della scarsissima convenienza economica di questa caccia, da cui si sono ormai dissociate tutte le imprese private. Particolarmente interessante è la dimostrazione del fatto che il cosiddetto Istituto di ricerca sui cetacei (Icr), che il governo del Giappone spaccia come agenzia di ricerca indipendente, è in realtà pieno di ex dipendenti del ministero della pesca del Giappone: l’Icr spende la maggior parte degli oltre 50 milioni di dollari all’anno che il ministero eroga per finanziare la caccia alle balene».

Per Alessandro Giannì, responsabile della campagna mare di Greenpeace Italia «Qualcosa sta cambiando in Giappone: da qualche tempo, sulla caccia baleniera, i portavoce del Governo sono del ministero degli esteri e non di quello della pesca. Sembra che orami nessuno si fidi più del ministero della pesca laggiù: speriamo che i giapponesi aprano gli occhi». Intanto la nave ammiraglia di Greenpeace, L’Esperanza, continua a inseguire la Nisshin Maru che dopo essere stata intercettata è fuggita dalle zone di caccia, da cui ormai manca da sei giorni.

«Senza la nave fattoria – spiegano gli attivisti di Greenpeace - la caccia alle balene si blocca poiché le balene uccise dagli arpionatori devono essere rapidamente passate alla Nisshin Maru dove vengono macellate, inscatolate e stivate nei frigoriferi: è quindi da una settimana che le balene non sono uccise. Inoltre, la Nisshin Maru funge da nave appoggio e senza di essa gli arpionatori hanno una ridotta operatività. Per rifornirsi di carburante, anche la Yushin Maru N.2 si è dovuta allontanare dal Santuario delle Balene dell’Oceano Antartico». «Siamo contenti di vedere che un’altra nave della flotta baleniera giapponese si è allontanata dal Santuario delle Balene – conclude Giannì. - Faremo il possibile perché non tornino a cacciare».


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