[18/01/2008] Comunicati

La Nano ipocrisia

LIVORNO. Dopo la presentazione della Nano da parte della Tata, Der Spiegel, il più noto settimanale della Germania, un Paese che di “macchine del popolo” se ne intende, ha definito la nuova automobilina indiana a bassissimo costo «una catastrofe ecologica». Terrorizza un’auto spartana e senza fronzoli con un motore da 33 cavalli, che riesce a fare oltre 26 chilometri con un litro di carburante, praticamente la vecchia 500 rinata sulle terre strappate ai contadini indiani in rivolta, proprio la macchinetta che trainò e rappresentò il boom italico e che chiuse l’epoca dell’Italia rurale.

E Michael Renner, sul sito del Worldwatch Institute, fa notare che invece non spaventa la Toyota Pryus, che anzi negli Usa e in Europa viene presentata come “eco friendly”, “fancy”, “darling”, un’auto ibrida, superaccessoriata, con un motore da 145 cavalli e che con un litro di carburante fa meno di 20 km. Probabilmente a spaventare l’invadente industria automobilistica occidentale è il possibile impatto devastante, ma dal punto di vista commerciale, di un’auto che rischia di diventare lo status symbol del nuovo ceto medio indiano e cinese che sta lievitando come un appetitoso dolce e che ha già la possibilità di acquistare un’auto che costerà 1.700 euro in India, senza contare il possibile impatto da noi di una vetturetta da 2.500/3.000, comprese tasse ed importazione.

Centinaia di milioni di potenziali (e reali) acquirenti che potrebbero rendere vano con i tubi di scappamento delle nuove utilitarie asiatiche ogni tentativo di contrastare il riscaldamento climatico. Preoccupazioni giuste perché il trasporto è il settore economico a più rapida crescita di emissioni di gas serra, ma che sono quantomeno sospette, visto che nel mondo circolano già 600 milioni di auto e che ogni anno le fabbriche ne sfornano 67 milioni e che i due terzi dei possessori di auto e passeggeri del trasporto privato vivono in America, Europa e Giappone, che hanno insieme il 15% della popolazione mondiale.

Il Worldwatch Institute fa notare che India e Cina hanno oltre un terzo della popolazione mondiale e , pur con un parco auto in espansione, hanno solo il 5% dei veicoli privati del mondo. Nel 2005 la popolosissima Cina ha raggiunto il livello di auto che gli Usa avevano nel 1915, in India il rapporto auto-abitante è la metà di quello cinese. E noi occidentali non solo abbiamo molte automobili ma copriamo annualmente distanze da 3 a 4 volte superiori a quelle dei cittadini dei due giganti dell’Asia. Gli Usa, dove gli energivori Suv sono un diritto, i 300 milioni di abitanti consumano il 44% di tutta la benzina prodotta in un pianeta con più di 6 miliardi di persone.

«L’economia di carburante è in stagnazione da un quarto di secolo – sottolinea Renner – mentre le automobili sono diventate più grandi, più pesanti e più ”muscolari”. Qui a New York una Nano potrebbe essere scambiata per una golf cart». Da questa parte fortunata del mondo guardiamo con crescente preoccupazione ai miliardi di asiatici, africani e latinoamericani che vorrebbero fare quel che noi facciamo, raggiungere i nostri consumi, la nostra crescita, il nostro spreco, che consideriamo come “abitudini occidentali”, ma quell’85% del mondo ha buoni motivi per non ascoltare i nostri paterni consigli, per non continuare a fare quel che dice un Occidente poco virtuoso.

Gli abitanti delle megalopoli asiatiche respirano ormai una letale mistura di ossido di solfuri, ossidi, particolato che esce da motori di ogni dimensione. Per gli abitanti di Pechino, Shangai e New Dheli la qualità dell’aria delle loro città è più importante del global warming e della stabilizzazione del clima. Chiedono motori a basso consumo e carburanti più puliti. La Nano può essere un’alternativa davvero eco friendly rispetto ai motorini inquinanti che infestano l’Asia, ai risciò a motore, agli autobus a gasolio progettati e/o scartati in Occidente. Ma la probabile esplosione del mercato delle auto che innescherà la Nano-Tata renderà effimero il beneficio del rinnovo di un parco di auto e scooter e l’inquinamento crescerà ancora spinta dai numeri delle auto in crescita.
«Tutti i Paesi devono ripensare seriamente le loro politiche di trasporto – dice il Worldwatch Institute – Questo sforzo deve andare ben al di là della ricerca di carburanti alternativi ed anche al di là di rendere le automobili più efficienti. Città più dense e distanze più brevi riducono la necessità del trasporto motorizzato e rendono più fattibile il trasporto pubblico e il transito in bicicletta e a piedi. Coloro che non saranno mai in grado di permettersi un’automobile avranno più opzioni, invece di essere emarginati dall’assalto delle auto private».

Forse, invece di dare lezioni di preoccupato buon senso dopo aver già fatto la frittata, sarebbe bene sentire quel che hanno da dire gli indiani. In un’intervista alla Bbc World service, Sunita Naiaran, a capo del Centre for science and envirionment di New Delhi, ha detto che i veicoli a motore privati «stanno fornendo il trasporto solo al 20% delle persone a Delhi» ed ha invitato la Tata e gli altri industriali dell’auto a «fornire soluzioni per il trasporto pubblico».

Un cambiamento di prospettiva sui trasporti del futuro necessario più delle modifiche e delle innovazioni tecnologiche, ma che richiede ancora più fatica: quella di interrogarsi, anche da parte dei consumatori, sulla necessità e le conseguenze dell’acquisto di veicoli inutilmente potenti e grandi, che richiede alla politica planetaria e casalinga di trovare il coraggio di affrontare i costruttori di auto e le compagnie petrolifere, i potentissimi guardiani di uno status quo che significa enormi profitti e l’amichevole benevolenza di chi dovrebbe indicare le scelte da fare subito, per cambiare un modello che non è diventato improvvisamente insostenibile solo perché la Tata ci ha sbattuto la proletaria Nano sotto i nostri schifiltosi nasi da Suv.


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