[16/01/2008] Rifiuti

L´assessore Bramerini spiega le decisioni condivise dalla giunta sulla gestione integrata dei rifiuti

LIVORNO. Lunedì scorso la Giunta ha esaminato la situazione del sistema di gestione integrata dei rifiuti ascoltando la relazione dell´assessore alla tutela ambientale e rifiuti, Anna Rita Bramerini. La comunicazione di giunta illustrata poi dalla stessa Bramerini e dal presidente della Regione Claudio Martini ha evidenziato che in Toscana si producono ogni anno 9,85 milioni di tonnellate di rifiuti, il 26% dei quali sono urbani e il resto sono speciali. Per trattare questi 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti urbani sono in funzione 54 impianti, cioè 22 discariche, 8 termovalorizzatori, 13 impianti di selezione e trattamento, 11 di compostaggio.

Assessore Bramerini, nella presentazione delle decisioni prese dalla giunta regionale sul problema dei rifiuti che avete diffuso lunedì scorso, si elencano gli obiettivi contenuti del Prs 2006-2010. Al quarto punto si dice “acquistare manufatti e beni, da parte della pubblica amministrazione, in materiale riciclato fino ad almeno il 30%”. A parte il fatto che nella nuova legge regionale sui rifiuti l’obiettivo è stato portato al 40%, perché questa cosa non è stata fatta anche negli anni passati visto che il medesimo obiettivo era previsto anche dalla legge regionale del 1998?
«La differenza la fa l’approccio culturale rispetto a questi temi. Lo scorso anno per esempio la Regione ha attivato con Arpat un corso di formazione per funzionari della pubblica amministrazione finalizzato a formarli sull’importanza degli acquisti verdi. Questa è un’azione virtuosa, io credo che dobbiamo continuare ad insistere con gli amministratori promuovendo una maggiore sensibilità rispetto agli acquisti contribuendo a una gestione più sostenibile delle risorse primarie. L´anno scorso 84 responsabili degli acquisti negli enti locali toscani hanno per esempio partecipato ai corsi di formazione organizzati da Arpat attraverso il Cedif sugli acquisti verdi».

Sono previste delle sanzioni per chi non rispetterà l’obiettivo del gpp? Chi deve controllare le singole amministrazioni e chi dovrà eventualmente comminare le sanzioni?
«L’articolo 30 della nuova legge regionale sui rifiuti prevede sanzioni anche per chi non rispetta gli obblighi previsti sul gpp. Le sanzioni vanno da 1500 a 7500 euro e dovranno essere emesse dalla Provincia nel cui territorio è stata commessa la violazione».

Per quanto riguarda le raccolte differenziate il presidente della Regione Martini ha spiegato che l’obiettivo è quello di raddoppiare la percentuale fino al 66%. E´ un bel salto... se non si rimane agli annunci...
«I dati ci dimostrano che dal 1998 al 2001 abbiamo registrato una crescita consistente della raccolta differenziata, frutto delle azioni virtuose messe in campo. Poi dal 2001 la crescita è rallentata fino a una sostanziale stabilizzazione al 33%. Continuando una raccolta che sia soltanto stradale, questo tipo di performance non sarà migliorata di molto. Per intercettare gli obiettivi che ci siamo dati invece, dovremmo cercare di condividere coi territori e con le aziende che gestiscono il ciclo dei rifiuti, nuove modalità di raccolta, come per esempio il porta a porta o anche i cassonetti con dotazione di chiave condominiale, individuando le aree più adatte in cui strutturare queste nuove modalità. Sarà d’aiuto anche l’aver fissato obiettivi a livello dei nuovi Ato.
Dal punto di vista dei finanziamenti dovremo riconfermare le risorse regionali assegnate in aggiunta a quelle che arriveranno dall’ecotassa e che destineremo alle azioni in campo ambientale. In particolare stiamo pensando di assegnarle non più attraverso bandi, ma direttamente ai territori riorganizzati in macroato, nella speranza di riuscire anche a omogeneizzare il dato regionale che invece registra punte molte alte in alcune zone e situazioni disastrose in altre».

La raccolta differenziata per trasformarsi in effettivo riciclo ha bisogno di impianti di selezione, di trattamento, di compostaggio. E anche su questa impiantistica (inceneritori e discariche a parte) non siamo affatto in linea con ciò che già oggi si raccoglie …
«Ha perfettamente ragione e noi infatti chiediamo semplicemente che gli Ato attuino i rispettivi piani provinciali in modo che la dotazione impiantistica sia sufficiente. Abbiamo fatto una verifica numerica sulla potenzialità degli impianti e sui flussi rifiuti. Se ciascun comune, Provincia e Ato rispetterà il cronoprogramma previsto dalla nuova legge regionale, gli obiettivi che ci siamo dati diventano obiettivi alla nostra portata, e possiamo cominciare a programmare la riduzione del ricorso alle discariche.
Questo tuttavia non sarà sufficiente, perché poi c’è da sviluppare il mercato della differenziata perché anche qui le situazioni sono molto diverse: alcune frazioni come la carta hanno risultati molto buoni, altre frazioni come il compost invece trovano difficoltà ad essere ricollocate».

Aumentando la raccolta differenziata aumenteranno fisiologicamente anche i residui che escono dagli impianti di trattamento, e questi residui, essendo classificati come rifiuti speciali, andranno a ingrossare la mole di questa tipologia di rifiuti, che in Toscana sono 3 volte tanti degli urbani ma di cui c´è un sostanziale disinteresse. Come pensa di agire la Regione sul fronte dei rifiuti speciali?
«Abbiamo fatto le nostre stime calcolando il fabbisogno impiantistico partendo dall’offerta attuale e da quella che avremo quando saremo regime. E ovviamente nel computo degli speciali abbiamo calcolato anche la frazione di rifiuto speciale che deriva dalla raccolta differenziata ipotizzando una percentuale residua del 10%. Così come abbiamo tenuto conto del fabbisogno di recupero energetico degli speciali non pericolosi. Discorso diverso va fatto ovviamente per i grandi produttori di rifiuti speciali, per esempio quelli siderurgici, per i quali la Regione aveva previsto destinazioni precise, anche se poi l’obiettivo non è stato praticato. Purtroppo casi come quello della piattaforma Tap di Piombino per i rifiuti della Lucchini dimostrano come sia difficile rispettare la tempistica fra previsione e realizzazione».

Al di là delle eventuali sperimentazioni sugli impianti che la Regione si è detta disposta a valutare e che restano comunque interessanti, cos’è cambiato nella governance complessiva dei rifiuti rispetto allo stallo – non solo della percentuale di rd – degli ultimi anni? Ovvero: quali strumenti concreti state mettendo in campo non solo per annunciare di fare, ma proprio per fare?
«Penso ad un primo atto concreto che è la nuova legge regionale sui rifiuti e che rende indubbiamente più efficiente la governance dei rifiuti. Rispetto alla fase transitoria che ci separa dalla riorganizzazione del sistema in tre macroato, abbiamo dato tempi precisi. Province e comuni sanno cosa devono fare e sanno in che tempi. E soprattutto sanno che in caso di inadempienza la regione subentrerà individuando un soggetto che dovrà attuare gli obblighi in luogo di chi non lo ha fatto.
La stessa riorganizzazione degli Ato garantirà una maggiore efficacia del sistema così come in questa direzione va l’affidamento a un gestore unico, perché favorirà prima di tutto il processo di aggregazione tra le circa 50 aziende che attualmente lavorano sul territorio.
Ma al di là degli obblighi di legge, mi sento di dire che a tutto questo fa da sfondo una consapevolezza diversa da parte delle istituzioni, forse enfatizzata anche dall’ordinarietà dell’emergenza campana: vedo sinceramente un maggiore senso di responsabilità politica e istituzionale, ma anche dalle imprese».

A proposito: la comunicazione illustrata lunedì da lei e Martini è stata condivisa da tutta la giunta regionale?
«Sì».

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