[08/01/2008] Comunicati

L´Irpet fotografa la Toscana, ma taglia gli effetti dei cambiamenti climatici

FIRENZE. Il 21 dicembre si è tenuta la conferenza di fine anno dell’Irpet sull’economia toscana. Ne traiamo alcune considerazioni su mutamenti strutturali in atto e su alcuni silenzi che, nello scenario generale dei problemi dell’economia globale, sono assordanti.
Le prime riguardano sia l’occupazione, che segna una flessione a livello regionale «concentrata nel lavoro dipendente e soprattutto nel terziario (commercio in modo particolare)» peggiore dell’andamento nazionale e in controtendenza rispetto alle regioni più dinamiche del nord Italia. Mentre sul fronte delle esportazioni «qualcosa è cambiato e le imprese toscane stanno […]mantenendo le loro posizioni in virtù di un processo di ristrutturazione che le ha portate a spostarsi verso produzioni in cui la concorrenza di prezzo è meno importante», con una velocità superiore alle stesse regioni del nord.

Segni opposti dall’artigianato: nel migliore dei casi c’è «una caduta dei fatturati inferiore a quella dell’anno precedente». Mutamenti che si accompagnano ad una scarsa dinamicità del settore pubblico. Emerge poi l’ipotesi che in Toscana il lavoro «sia remunerato meno che nelle altre regioni considerate», che «la dotazione di capitale per addetto (Ula) sia più bassa», che infine «il rendimento del capitale sia più alto».

Tra le varie letture Irpet avanza anche quella che il capitale sia stato in grado «di trattenere una maggiore quota di reddito al di là del suo specifico rendimento, evidentemente per una maggiore forza contrattuale». Ciò potrebbe spiegare anche la bassa produttività del lavoro o meglio «della produttività totale dei fattori rapportata la lavoro», che quindi non dipende solo dal lavoro.
A questo proposito, le seconde considerazioni riguardano i cambiamenti climatici e i fattori che incidono sulla produttività e sulla competitività. Nulla si dice sulla questione dell’efficienza energetica delle imprese e si tace sul fatto se la Toscana abbia o meno partecipato al miglioramento del saldo commerciale del Paese derivante anche da minori importazioni del settore petrolifero.

Non si sa, così, se sia un fattore congiunturale o un mutamento strutturale nel modo di produrre. Ma la Toscana ha fatto poco o niente sul versante dell’efficienza energetica (per unità di prodotto e di capitale) e niente sul risparmio energetico e sui consumi assoluti di energia e le emissioni di CO2 essendo entrambi aumentati, invece che diminuire, come previsto dal Protocollo di Kyoto. Tutto questo pesa negativamente sull’economia della Toscana ma Irpet non lo stima e non lo valuta. Questo ci porta al silenzio più preoccupante, a proposito dello scenario internazionale preso in esame da IRPET: lo sgonfiamento della bolla immobiliare statunitense, l’aumento del prezzo del petrolio e delle materie prima (ma senza esaminare ragioni e scenari), l’apprezzamento dell’euro.

Non valuta però gli effetti dei cambiamenti climatici sull’economia mondiale (di conseguenza su quella nazionale e regionale). Eppure è del 2007 il rapporto Stern (che non va preso per oro colato, ma non lo si può nemmeno ignorare); a novembre si sono tenuti gli stati generali della sostenibilità della Regione Toscana, un primo tentativo di valutare gli effetti del clima sul sistema economico, sociale e ambientale locale e, per ultima, la Conferenza Onu di Bali sul clima la cui importanza anche ai fini economici, avrebbe consigliato una qualche valutazione da parte dell’Irpet.

Purtroppo il problema non riguarda solo Irpet, perché in Toscana la sensibilità su questi temi (in termini inter e trans disciplinari) da parte della classe politica, degli studiosi e dei ricercatori, degli stakeholders e dell’opinione pubblica, è molto bassa e non fa parte del bagaglio culturale né del rapporto tra politica e cultura, né tra mass media e scienza.

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