[03/01/2008] Urbanistica

Sul dibattito pubblico, sulla tutela del paesaggio e altro ancora...

FIRENZE. Nei giorni immediatamente precedenti la pausa natalizia, sono usciti a mezzo stampa alcuni interventi sulla vicenda di Castelfalfi che ci obbligano a tornare sul tema. Per precisare meglio la posizione di Legambiente e per chiarire più in generale alcuni aspetti del dibattito che ci paiono oggi fonte di possibili equivoci.

Sul Dibattito Pubblico e sul ruolo del Garante della Comunicazione. Le associazioni ambientaliste hanno sottoscritto (tutte assieme, da Ambiente e Lavoro sino ad Italia Nostra) un appello molto chiaro sul merito del progetto TUI. Non occorre dunque ribadire in questa sede l’importanza politica di quel testo. Né, tanto meno, sottolinearne e rivendicarne con forza solidità e radicalità dell’impianto. Basta semplicemente andarselo a rileggere, essendo di dominio pubblico e in evidenza on-line nei siti delle rispettive associazioni. Altra cosa, ci pare, sia oggi delegittimare e stigmatizzare il Dibattito Pubblico istruito dal Garante Morisi, che ha poi generato il noto rapporto con le “otto raccomandazioni” finali.

Un dibattito, sia detto una volta per tutte, serio e credibile. Al quale abbiamo partecipato con entusiasmo e nel quale abbiamo investito le nostre migliori energie locali. Un dibattito vero, al quale hanno dato il loro contributo anche forze e sensibilità molto lontane dalla nostra. Ma, proprio per questo, forse ancor più prezioso. E’ facile infatti convincere una platea di intellettuali filo/ambientalisti. Che sono già convinti per conto loro del fatto loro. Meno semplice è convincere una platea di cittadini (magari in gran parte anziani, come nel caso di Montaione) che hanno una visione del mondo oggettivamente diversa dalla tua.
Ma non per questo meno rispettabile.

Messa di fronte al bivio: se dialogare e tentare di “contaminare” l’altro da sé, oppure arroccarsi in posizioni elitarie ma sterili, Legambiente ha da sempre optato per la prima strada. Che è (sia detto senza ipocrisia alcuna) assai più difficile a percorrersi. Fatta com’è di fatica, di estenuanti discussioni, di continue mediazioni che possono essere fatalmente tacciate di “arretramento sulla linea” da ambo le sponde di partenza. Cosa, poi, delle note “otto raccomandazioni” finali possa ascrivere (o solo assomigliare) ad una sorta di pre-approvazione utile a scongiurare altre grane col mondo ambientalista, rimane davvero un mistero. Quando invece è di cristallina evidenza che quel rapporto finale altro non è che la fotografia fedele di “questo” primo Dibattito Pubblico in Toscana. Con le sue luci e le sue altrettanto prevedibili ombre. Niente di più e niente di meno. Il tempo ci dirà se le raccomandazioni figlie del dibattito assembleare saranno davvero recepite (come noi esigiamo) da proprietà e amministrazione comunale. Nel frattempo a noi non rimane che vigilare su questo processo e tener sufficientemente desta l’attenzione dell’opinione pubblica. Possibilmente senza mettere il carro davanti ai buoi.

Sulla tutela del paesaggio, tra centralismo e municipalismo. Vi è però un altro aspetto della querelle Castelfalfi che dà da pensare. Il Presidente Martini ha ribadito il 14 dicembre scorso a Montaione che la via verso un’ottimale tutela dei territori non può e non potrà che essere decentrata. O, per meglio dire, in capo alle competenze regionali e comunali. Ora, la questione a tal proposito si complica assai. Come abbiamo già avuto modo di dichiarare pacatamente in diversi convegni pubblici, questa opzione strategica della Regione Toscana è come minimo assai problematica. E non solo e non tanto perché antitetica agli indirizzi strategici di cui nel frattempo si è dotato il Ministero per i beni e le attività culturali. Ma perché, più semplicemente, incoerente con il complesso impianto normativo della Repubblica Italiana.

Il combinato disposto del nuovo Titolo V della Costituzione, del Codice dei beni culturali e del paesaggio e di due recenti quanto pregnanti sentenze della Corte Costituzionale, ci indica un quadro di competenze istituzionali affatto diverso. Un quadro nel quale ai Comuni spetterebbe il compito di pianificare l’urbanistica sui territori, anche al fine di valorizzarne l’armatura culturale e paesistica; alle Regioni quello di legiferare in materia di governo del territorio e di coordinare le attività di pianificazione locale con un Piano d’Indirizzo Territoriale unitario (l’ottimo PIT della Regione Toscana ne è un esempio).

E allo Stato, infine, spetterebbe il compito di vigilare in modo omogeneo sui principi di tutela. Dei beni culturali come del paesaggio. In modo che non vi siano scarti ed iniquità sul territorio nazionale, difficilmente comprensibili alla luce della vigente Carta Costituzionale. Questo significa che l’attività delle Soprintendenze non può e non potrà mai avere delle sovrapposizioni con le legittime ed ampie competenze pianificatorie che spettano agli Enti Locali. Si tratta semplicemente di dotare le Soprintendenze delle risorse per espletare realmente quei compiti di controllo per le quali sono nate.

E di creare quei presupposti interistituzionali (e politici, ci verrebbe da dire, se questa affermazione coi chiari di luna attuali non fosse tacciabile di partigianeria partitica...) coi quali armonizzare la tutela statale con la valorizzazione e la pianificazione dispiegate invece dai Comuni. Come dire: a ciascuno il suo. Senza frizioni, ma anzi nella consapevolezza che in un quadro di sempre crescente integrazione comunitaria, saranno fatalmente i dispositivi e le direttive dell’UE (quando non addirittura la vigente Convenzione Europea del Paesaggio) a dettar legge. E a sgombrare finalmente il campo dagli equivoci.

* Fausto Ferruzza è direttore di Legambiente Toscana

Torna all'archivio