[02/01/2008] Recensioni

La Recensione. Linee guida gestionali per gli ambienti naturali e semi-naturali lungo il corso dell’Arno a cura di Leonardo


Nel corso degli ultimi anni, uno degli aspetti più dibattuti nel contesto della gestione degli ecosistemi fluviali, è stato quello degli interventi sulla vegetazione riparia, specialmente in quelle aree antropizzate che hanno perso naturalità e sono state frutto di modificazioni apportate dall’uomo anche in epoche ormai lontane. Le due posizioni contrapposte, in sintesi, vedono da una parte chi esegue manutenzioni attraverso tagli radicali della vegetazione in base al solo principio “guida” dell’efficienza idraulica, a tutela della sicurezza dei cittadini e dello sviluppo economico e sociale delle attività nei pressi del corso d’acqua; dall’altra chi invece vede il fiume come un ecosistema complesso in cui gli sfalci radicali ne diminuiscono in primis la funzionalità ecologica (favorendo tra l’altro l’insediarsi di specie esotiche invasive) e annullano le numerose altre funzioni svolte dalla vegetazione riparia compresa quella attinente la riduzione del rischio idraulico.

E’ ormai acclarato, nel lungo elenco di letteratura tecnico-scientifica che è stata prodotta negli ultimi vent’anni, quale sia il ruolo ed il significato delle formazioni di vegetazione riparia che dovrebbero accompagnare fiumi e torrenti lungo le loro sponde. Nel presentare questo volume, che in modo appropriato affronta la materia, ricordiamo sinteticamente quali sono queste funzioni.

La zona riparia dei corsi d’acqua, può essere definita come un “ecotono tridimensionale fra ecosistema acquatico e terrestre”, che si estende in profondità (acqua sotterranea), in altezza verso la copertura vegetale, lateralmente attraverso la piana alluvionale e gli ecosistemi terrestri ed in senso longitudinale al corso d’acqua, con ampiezze variabili. La vegetazione riparia è parte integrante dell’ecosistema fluviale ed è un fattore primario di creazione di diversità ambientale in alveo.

Essa è costituita da specie tipiche che possiedono peculiari adattamenti morfologici ed ecologici, quali la flessibilità dei fusti e radici, la presenza di aerenchimi o radici avventizie, la riproduzione vegetativa per radicamento di porzioni vegetative, la dispersione dei semi e frammenti vegetativi per trasporto idrico. La fascia riparia rappresenta inoltre uno dei cinque sistemi depuranti dell’ecosistema fluviale (gli altri quattro sono acquatici), rispetto ai quali svolge la funzione peculiare di intercettare gli inquinanti (nutrienti, solidi sospesi) prima che essi raggiungano il corso d’acqua.

Altre funzioni, enunciate solo come titoli, riguardano: l’ombreggiamento del corso d’acqua; il consolidamento di sponde e la protezione delle rive; la creazione di habitat con il conseguente aumento della biodiversità; la funzione di “corridoio ecologico; l’input di carbonio organico/apporto di energia; il controllo delle piene e la riduzione del deflusso superficiale; le funzioni non biologiche cioè legate al valore paesaggistico, ricreativo e didattico. Quindi come riconosce il curatore del volume Leonardo Ermini «un intervento lungo la vegetazione riparia di un fiume, benché atto abbastanza semplice dal punto di vista “esecutivo” sia una operazione da pianificare in modo molto approfondito in relazione ai fragili e delicati equilibri ambientali che si vanno ad interessare».

Il testo di cui diamo notizia è frutto di un progetto intrapreso dalla Provincia di Firenze insieme al Dipartimento di Scienze e Tecnologie ambientali Forestali (Distaf) dell’Università degli Studi di Firenze, che ha come obiettivo la stesura di linee guida per la gestione sostenibile della vegetazione ripariale. Il progetto è suddiviso in due parti: la prima è indirizzata al reperimento di informazioni utili alle caratterizzazione e quantificazione delle risorse forestali e degli ambienti di ripa; la seconda attraverso sperimentazioni gestionali su aree test, è mirata ad arrivare a vere proprie linee guida. Questo primo libro si riferisce alla fase di monitoraggio e a tutte le attività messe in essere nella prima fase del progetto. L’area di studio proposta è quella che rientra nell’ipotesi di Parco fluviale dell’Arno (in Provincia di Firenze) e si estende per oltre 60 km lineari di asta fluviale.

In tale zona si alternano tratti a buona naturalità, a zone densamente abitate ed urbanizzate anche per attività produttive. Ciò induce ad articolare i modelli gestionali rispetto all’attuale modello di intervento semplificato, dove l’officiosità idraulica è la primaria e talvolta unica priorità considerata. Con il tempo la radicale “pulizia” delle sponde, che tradotto ha significato soprattutto in passato la totale asportazione della vegetazione (ma purtroppo non mancano esempi recenti di tale pratica), oggi è gradualmente sostituita con interventi diversificati a seconda degli ambienti. L’obiettivo meritorio del progetto, è quello di voler governare un processo superando le singole soggettività di approccio alla materia, utilizzando, nel rispetto delle norme, metodi sperimentati e introducendo nuove sperimentazioni, che mirino a superare l’approccio antropocentrico e tecnocentrico da un lato e quello ecocentrico dall’altro, verso l’approdo ad una gestione sostenibile.

«Le tecniche di gestione forestale sostenibile permettono oggi di sviluppare modelli colturali per la gestione dei boschi e degli altri ambienti naturali e semi-naturali specificatamente pensati per la risoluzione tra usi conflittuali e alternativi della stessa risorsa». La metodologia dello studio, inizialmente indirizzata all’acquisizione di dati utili a supportare successivamente le scelte di gestione, è in via preliminare stata impostata individuando localmente gli indirizzi gestionali prioritari. I fattori di cui si è tenuto conto per una elaborazione integrata sono in sintesi: sostenibilità della gestione forestale, esigenze e prescrizioni di polizia idraulica, valenza ecologico-paesaggistica, valenza ecologico faunistica, valenza sociale e ricreativa. Attraverso la nuova perimetrazione l’area a parco è stata suddivisa in due zone A e B: la prima prossima agli argini del fiume costituita da fascia riparia di proprietà demaniale in cui è più agevole intervenire da parte della pubblica amministrazione e una zona B, più esterna, di proprietà privata, per la quale verranno fornite solo linee guida.

Per tali aree è stata definita una “carta dei tipi forestali e dell’uso/copertura del suolo” e a completare il quadro conoscitivo rispetto alle diverse funzioni svolte dagli ambienti ripari, sono stati scelti 4 indici applicati nei 31 tratti individuati: Iff (Indice di funzionalità fluviale); Iva (Indice della valenza avifaunistica e delle emergenze ornitiche; Ifs (Indice di funzionalità ricreativa e sociale); Indice di valenza idraulica.

Secondo i valori degli indici impiegati, rapportati tra loro in base a schemi di flusso, è stato possibile individuare alcune categorie di indirizzo gestionale per una prima indicazione di massima per la gestione sostenibile degli ambienti naturali e semi-naturali lungo il corso dell’Arno. Le indicazioni operative saranno oggetto del proseguimento del lavoro. Nel volume vengono riportati i risultati dello studio il cui approfondimento lo lasciamo ai lettori interessati. Accenniamo solo al fatto che l’area del Parco fluviale dell’Arno ha «una matrice chiaramente antropica, le aree naturali e semi naturali hanno la stessa estensione di quelle urbane (23%)... Le aree naturali e semi naturali ripariali (in zona A) rappresentano il 40% di quelle complessivamente presenti nel Parco. Esse per questo debbono essere tutelate e valorizzate».

Questa conclusione, che condividiamo in pieno, deve trovare riscontro operativo per il mantenimento o ripristino della funzionalità ecosistemica dato che un fiume che “sta meglio” ecologicamente riesce a soddisfare in modo più soddisfacente anche gli altri obiettivi: e ciò senza interferire ed anzi integrandosi alle attività volte alla tutela e sicurezza dei cittadini. Difesa dalle acque e delle acque intese in modo più ampio come ecosistema fluviale, sono obiettivi che devono essere perseguiti in modo integrato. Soluzioni operative e strumenti ci sono: si tratta di applicarli in modo dinamico e talvolta sperimentale per poter indirizzarsi verso la strada della riqualificazione fluviale.




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