[18/12/2007] Parchi

Il pesce e la pedagogia della cassa del supermercato

LIVORNO. Dopo il clamoroso blitz di Greenpeace che ha murato la sede del Consiglio pesca dell’Ue a Bruxelles, anche l’associazione ambientalista Oceana sottolinea «la manifesta inefficienza dell’attuale sistema di gestione della pesca dell’Ue» incapace di controllare le reali catture di pesce. «L’anno scorso – dice Oceana – sono state autorizzate catture per circa 10 milioni di tonnellate di risorse marine, alle quali si deve sommare la sconfortante cifra di 1,35 milioni di tonnellate scartate nelle acque dell’Unione Europea, due terzi delle quali nel Mare del Nord. Vale a dire il 14,6% degli sbarchi totali realizzati dalla flotta Ue secondo la valutazione Fao per il 2005. Il che equivale agli sbarchi totale realizzati dalle flotte di Italia, Svezia, Irlanda, Germania e Portogallo messe insieme. Alcuni tipi di pesca arrivano a scartare l’80% delle catture, e anche più. E’ per esempio il caso della pesca al gambero grigio (Crangon crangon) che dissipa decine di milioni di piccoli crostacei all’anno, così come milioni di pesci in fase giovanile che sono catturati accidentalmente».

Per Gilles Doignon, responsabile della campagna di Ocena contro il rigetto della pesca: «Quello che succede ogni mese di dicembre nel Consiglio dei ministri è una tragicomica. I ministri passano delle ore dibattendo e approvando quote con complicati calcoli, sapendo che non saranno rispettate e che enormi quantità di pesce catturato saranno rigettate in mare e ignorate nella gestione della pesca. Gli scarti sono uno spreco che non solo minaccia gli ecosistemi marini, ma pone in pericolo anche il futuro della pesca».

E mentre Oceana pensa ai pesci ed ai crostacei più piccoli, una grande specie simbolo del Mediterraneo, il tonno rosso, diventa sempre più il simbolo delle difficoltà di mettere in campo politiche di protezioni coerenti. Greenpeace, Legambiente e il Wwf si battono contro pescatori e governi che vogliono continuare a pescare infischiandosene dei limiti. L’Ue non riesce ad imporre politiche restrittive e moratorie alla sponda araba del Mediterraneo (e nemmeno a quella comunitaria…) e i consumatori sembrano ignorare tutto questo continuando a mangiare il più prelibato tonno in scatola e costoso sushi di tonno fresco e rosso.

Per Greenpeace la Libia é «il vero buco nero e non effettua nessun controllo sulle quote per la pesca del tonno rosso estremamente redditizia». Ma la pesca “illegale” è redditizia anche perché i consumatori non sanno nulla o quasi delle specie minacciate, per quali di queste ci siano quote di pesca e quali si possono consumare senza rischi di intaccare le risorse naturali marine, anche il label MSC del Wwf per il pesce sostenibile è praticamente sconosciuto.

Le battaglie degli ambientalisti sono forse troppo settoriali e l’assenza di consapevolezza da parte dei consumatori, oltre ai blitz clamorosi, si cura con una campagna di mobilitazione e informazione di massa che raggiunga gli scaffali dei supermercati (come la Coop che si è impegnata a non vendere tonno rosso, o Carrefour che sta progressivamente ridicendone la vendita in Francia) e prema sui politici. Altrimenti sembra una battaglia tra pirati e corsari di cui non si capisce quale sia la vera e vitale ragione del contendere.

Una “pedagogia della cassa del supermercato” che hanno ben presenti alcune associazioni ambientaliste e dei consumatori cha sostengono che i messaggi più forti devono venire dalle grandi catene commerciali che devono dire ai loro clienti come e perché rinunciano a vendere tonno rosso spagnolo ed italiano, sottolineando le precise implicazioni socio-ambientali di questa scelta.
Se la grande distribuzione continuerà a strizzare l’occhio sia alle istanze di conservazione che alle richieste delle flotte pescherecce del tonno rosso di non essere “criminalizzate”, il consumatore alla fine non riconoscerà nessun messaggio chiaro e non escluderà i tonno rosso e il sushi dal suo menù, almeno finche l’ultimo non sarà pescato.

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