[12/12/2007] Aria

La macedonia di Bali e lo zuccherino dell´emission trading

LIVORNO. Tre giorni ancora alla chiusura, a Bali, della conferenza sul clima delle Nazioni Unite, da cui dovrebbero emergere le linee per intraprendere i negoziati che porteranno alle definizione del cosiddetto Kyoto2. Ma i segnali che arrivano dall’isola asiatica fanno intravedere una situazione ancora in divenire. Tanto che lo stesso segretario generale dell’Onu Ban-ki Moon, è andato di persona per fare pressione sui delegati, affinchè da Bali parta un serio negoziato da concludersi a dicembre 2009 a Copenaghen, città destinata a diventare simbolo degli accordi sul clima dopo Kyoto.

Quello che sembra è che da Bali parta una intesa (come propone la bozza circolata ieri) con impegni differenziati che ognuno dei Paesi potrà decidere sulla base delle proprie caratteristiche ed esigenze. In pratica ogni paese potrà formulare la percentuale di taglio delle emissioni che è disposto ad accettare. Come dire che quello che potrebbe uscire da Copenaghen, come post Kyoto è un protocollo, che avrà il dato positivo di vedere coinvolti tutti i paesi ma a più velocità e a discrezione. Proposta che non sembra tenere di conto della urgenza che i cambiamenti climatici in atto, impongono. Dati anche i livelli di ritardo con cui il protocollo di Kyoto (che sappiamo essere già blando come terapia al riscaldamento globale in corso) è applicato dai paesi che lo hanno ratificato.

Il protocollo, entrato in vigore il 16 febbraio 2005, prevede per la maggior parte dei paesi industrializzati una riduzione dell’emissione di gas serra di almeno il 5,2% (6,5% per l´ Italia) rispetto al quantitativo emesso nel 1990, nel periodo di adempimento che va dal 2008 al 2012.
Poiché gli impegni di riduzione dell’inquinamento assunti sottoscrivendo il protocollo di Kyoto sono vincolanti per i paesi firmatari, daranno origine, nel caso non vengano rispettati, a delle vere e proprie multe, che si raffigurano come compensazioni finanziarie alle nazioni aderenti al protocollo che hanno raggiunto i propri obiettivi.

Cosa succederà a casa nostra? Dal 1 gennaio 2008 si conteggeranno le emissioni di Co2 che sono state emesse e verranno confrontate con il piano attribuito ai vari settori produttivi del nostro paese. Ma sappiamo già che per il periodo 2005-2007 il nostro ritardo rispetto all’obiettivo di Kyoto è di oltre 100 milioni di tonnellate di Co2 equivalenti all’anno. Ogni tonnellata in atmosfera avrà un valore sul mercato compreso tra 15 e 25 euro. A cui andranno aggiunte le multe che da parte della commissione europea verranno assegnate per il mancato raggiungimento dell’obiettivo: 40 euro /tonnellata di Co2 nel periodo dal 2005 al 2007 e 100 euro dal 2008.

Questo lascia capire la gravità del nostro ritardo e l’urgenza di una svolta che veda protagonista il Governo nel suo insieme, che proprio ieri in consiglio dei ministri, su proposta del ministro per le politiche europee, Emma Bonino, e del ministro dell’ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, ha approvato uno schema di modifica del decreto legislativo 216 del 2006, che riguarda proprio i meccanismi di scambio di quote di emissioni. Le modifiche apportate al decreto, che verranno adesso proposte alla conferenza Stato-Regioni e alle commissioni parlamentari competenti, «si sono rese necessarie- si legge nel comunicato stampa del governo - per far fronte a numerosi problemi di applicazione del decreto legislativo n. 216, al fine di completare il recepimento della direttiva n. 87 anche con riferimento agli obblighi di trasparenza, informazione e comunicazione da essa previsti in capo alle autorità responsabili, nonché per consentire all’Italia di partecipare pienamente al primo quinquennio di scambio dei diritti di emissione e di verifica degli obiettivi del protocollo di Kyoto, che avrà inizio il 1° gennaio 2008».

Ma come funziona il meccanismo di conteggio e di verifica delle quote di emissioni assegnate ai singoli comparti industriali?
Il meccanismo prevede che vengano effettuate dichiarazioni annuali delle emissioni effettive di Co2 rilasciate in atmosfera dall´impianto, da parte del gestore di ciascun impianto regolato dalla direttiva. Le quote devono essere contabilizzate seguendo delle specifiche linee guida di monitoraggio e di comunicazione messe a punto dalla commissione europea.

Per la determinazione delle emissioni è consentito o l’impiego di una metodologia fondata su calcoli (che tiene conto dei dati di attività, i consumi di combustibile ecc.) oppure una metodologia fondata su misure. Questa opportunità, condizionata all’approvazione dell’autorità competente, potrà essere utilizzata se il gestore dell’impianto è in grado di dimostrare che la misura garantisce in maniera affidabile un’accuratezza maggiore rispetto al calcolo effettuato applicando una combinazione dei livelli più elevati, e che il confronto tra misura e calcolo si basa su un elenco identico di fonti ed emissioni.

Le dichiarazioni devono poi essere verificate da un soggetto terzo indipendente che deve soddisfare alcuni specifici requisiti, la cui individuazione è compito degli stati membri.
Grazie poi all’utilizzo del meccanismo “emission trading”, è possibile comprare quote di riduzione da chi le vende perché è stato virtuoso, cioè ha inquinato meno di quanto poteva.

Quindi il Protocollo di Kyoto riconosce che si possono guadagnare “crediti di carbonio” applicando, ad esempio, tecnologie ad alta efficienza energetica, sostituendo energie fossili con energie rinnovabili, aiutando i Paesi in via di sviluppo ad evitare emissioni inquinanti (esportando quindi tecnologie pulite), ma anche attraverso le attività agricole e forestali.

Tutte pratiche che si stanno mettendo in atto (seppur con lentezza e poca convinzione) nei settori industriali direttamente impegnati al rispetto delle emissioni.
Mentre un settore dimenticato è senza dubbio quello dei trasporti, che registra un aumento delle emissioni, anziché una inversione, con valori più alti del 25% rispetto al 1990.
E del resto la completa dipendenza dal trasporto su gomma, semmai fosse messa in dubbio, è resa evidente in questi giorni, in cui per lo sciopero dei trasportatori si rischia la paralisi del paese.

Torna all'archivio