[10/12/2007] Consumo

Fao: per la lotta contro la fame l’agricoltura biologica non basta

ROMA. Dopo alcuni articoli e commenti giornalistici in cui si sosteneva l’agricoltura biologica come soluzione per sconfiggere la fame, il direttore generale dell’agenzia per l’alimentazione e l’agricoltura dell’Onu precisa che «la Fao non ha ragione di credere che l’agricoltura biologica possa sostituire i sistemi agricoli tradizionali nell’assicurare la sicurezza alimentare del mondo. Dobbiamo utilizzare l’agricoltura biologica ed incoraggiarla - ha detto Diouf (Nella foto) - Essa produce alimenti salutari e nutrienti, e rappresenta una crescente fonte di reddito sia per i paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo. Ma non è possibile dar da mangiare a sei miliardi di persone oggi, e nove miliardi nel 2050, facendo a meno di un impiego prudente di input chimici».

Secondo la Fao, nel 2005 erano circa 31 milioni di ettari (circa il 2%) i terreni agricoli coltivata organicamente a livello mondiale, con vendite per circa 24 miliardi di dollari nella Unione Europea, negli Stati Uniti, in Canada ed in Asia. L’equivoco probabilmente nasce dal fatto che a maggio la Fao aveva ospitato una conferenza internazionale sull’agricoltura biologica e una delle relazioni presentate, non un documento Fao, sosteneva che «l’agricoltura biologica potrebbe produrre cibo sufficiente per il fabbisogno della popolazione mondiale attuale».

Una cosa che aveva sollevato le speranze di molti, visto che l’Organizzazione dell’Onu fino ad allora era stata molto “tradizionalista” e spesso aperta a concimi chimici ed ad Ogm, una posizione che la Fao attenua ma non cambia: «I dati ed i modelli relativi alla produttività del biologico rispetto all’agricoltura convenzionale, mostrano che il suo potenziale è lungi dall´essere sufficiente ad alimentare il mondo – spiega la Fao - I prodotti coltivati organicamente in genere hanno prezzi più alti di quelli coltivati con metodi convenzionali e dunque rappresentano una buona fonte di reddito per gli agricoltori. Tuttavia, essi devono soddisfare determinati standard di coltivazione e di qualità più rigorosi e richiedono sviluppo di capacità, grandi investimenti ed un’organizzazione efficiente lungo tutta la catena produttiva e commerciale che li mette fuori della portata degli agricoltori con scarse risorse dei paesi in via di sviluppo».

Insomma, il biologico sarebbe sano e buono, ma troppo costoso per i poveri. Esattamente l’opposto di quel che dicono le associazioni degli agricoltori biologici che sottolineano che così non si tiene conto dei costi ambientali e sociali dei concimi chimici e dei pesticidi. Diouf continua a pensare che «un uso prudente di input chimici, in particolare i fertilizzanti, potrebbe aiutare notevolmente ad incrementare la produzione alimentare in Africa sub-sahariana, dove gli agricoltori usano meno di un decimo dei fertilizzanti impiegati dai loro colleghi asiatici. Buona parte delle terre africane soffrono di problemi quali l’acidità e la scarsa fertilità ed hanno un grande bisogno di nutrienti e di miglioramenti della terra».

E’ la stessa posizione della Banca Mondiale che nel suo rapporto annuale sullo sviluppo mondiale fa notare che «lo scarso impiego di fertilizzanti è uno degli ostacoli principali all’aumento della produttività agricola nell’Africa sub-sahariana. Il Malawi, che per anni ha ricevuto aiuti alimentari, ha di recente incrementato la sua produzione di mais grazie all’adozione di misure quali la fornitura ai piccoli agricoltori di sementi e fattori produttivi, inclusi i fertilizzanti». «Certamente gli input chimici vanno usati con grande attenzione – spiega Diouf. Si devono scegliere quelli appropriati e con le giuste quantità, e si devono usare in modo corretto ed al momento opportuno».

Secondo la Fao si può ottenere una produttività più alta con minori fattori produttivi con la lotta biologica integrata (Ipm) e l’agricoltura di conservazione. «Le pratiche Ipm possono ridurre l’uso di pesticidi del 50% nel caso del cotone e della produzione orticola, e sino al 100 per cento nel caso del riso - dice il direttore generale della Fao -. L’agricoltura di conservazione e la non lavorazione del terreno, che riducono il bisogno di manodopera eliminando l’aratura, possono impiegare il 30% di fertilizzanti ed il 20% di pesticidi in meno. Non esiste una soluzione unica al problema di sfamare i poveri ed i sottonutriti. Per sfamare la popolazione mondiale servono maggiori investimenti pubblici e privati, politiche e tecnologie idonee, la diffusione delle conoscenze e lo sviluppo delle capacità, nel quadro di una gestione sostenibile dell’ecosistema».

Torna all'archivio