[07/12/2007] Comunicati

Il saper comunicare la scienza passa da internet 2.0?

LIVORNO. Il convegno sulla comunicazione della scienza che si è svolto a Forlì e che ogni anno viene organizzato dalla Sissa di Trieste (quest’anno in collaborazione con l’associazione Nuova civiltà delle macchine), costituisce un appuntamento fondamentale per confrontarsi sull’evoluzione della comunicazione scientifica e sui ruoli dello scienziato e del giornalista, che spesso e volentieri si rimescolano e si ibridano nel cosiddetto internet 2.0, quello più partecipativo, cioè su forum e soprattutto blog online, che molto spesso riescono a bypassare i media tradizionali.

Il responsabile di progetto del master in Comunicazione della scienza della Sissa di Trieste, Nico Pitrelli (Nella foto), tra gli organizzatori del convegno, spiega che «oggi la funzione della comunicazione scientifica non è più solo quella di svelare e divulgare, ma deve diventare sempre di più lo spazio privilegiato per la negoziazione e il confronto tra la stessa scienza e la società».

Se infatti c’è un luogo dove la scienza prende forma pubblica, può essere negoziata e condivisa è proprio quello della comunicazione scientifica.

«Nell’edizione di quest’anno - prosegue Pitrelli - ci siamo resi conto anche di un’altra cosa: la comunità di persone variegate che sta all’interno di industria, comunicazione, scienza, che insomma si occupa di questi temi, non ha più un’identità a cui riferirsi, manca cioè un’identità di teorie, di pratiche, di strumenti da condividere e questa identità ormai viene cercata nell’internet 2.0. Per questo una sessione del nostro convegno era interamente dedicata ai nuovi media, all’internet partecipativa, che sta prepotentemente entrando nel modo di organizzare la comunicazione della scienza».

Cambiando il modo di comunicare la scienza, cambia anche il modo di fare giornalismo scientifico: «La mia impressione – dice il ricercatore - è che la scienza sia uscita fuori dal ghetto della pagina specializzata, della divulgazione alla massa. Si stanno cioè creando più comunicazioni scientifiche e il fatto di penetrare in altre pagine in modo trasversale, significa che la scienza è diventata cultura».

Il ricercatore dell’Issa legge la novità in modo positivo e non ritiene che ci sia uno scadimento nella preparazione scientifica dei singoli giornalisti, sempre più obbligati ad essere dei “tuttologi” e quindi sempre più esposti al rischio di errori.

«Molto dipende dalle funzioni che vengono attribuite al giornalista –sostiene ancora Nico Pitrelli - se la funzione è informativa è un conto, se la funzione è quella di sviluppare un dibattito è un altro. Di sicuro comunque il giornalismo tradizionale non si può sostituire all’educazione né di un manuale, né di un percorso universitario. Quindi secondo me dal punto di vista giornalistico bisognerebbe sì aumentare la competenza, ma non tanto e non solo dal punto di vista del contenuto scientifico, ma soprattutto sulla comprensione della complessità e delle implicazioni politico sociali ed economiche che derivano dal rapporto tra ambiente/scienza da una parte e società dall’altra».

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