[06/12/2007] Comunicati

Il global warming trasformerà i contadini africani in pastori?

LIVORNO. Anche senza le modificazioni climatiche in corso, l’Africa dovrebbe far fronte a gravi problemi: degrado dei suoli, irrigazione inadatta, esodo rurale, instabilità politica e stallo economico. Aggravati dalla lentezza dei progressi tecnologici. Un progetto di ricerca finanziato soprattutto dal Global Environment Facility (Gef) e dal Center for Environmental Economics and Policy in Africa (Ceepa) ha analizzato per la prima volta gli impatti del cambiamento climatico e le misure di adattamento in 11 paesi africani e i risultati mostrano che milioni di africani dipendenti dall’agricoltura e pribi di acqua hanno bisogno di informazioni, tecnologie di sostegno e strutture per potersi adattare al degrade climatico che prosegue ed avanza.
Ma le politiche da mettere in campo sono complicate e da adattare alle diverse realtà dei vari Paesi. Gli effetti dei cambiamenti climatici variano molto da un Paese africano all’altro «e sarebbe poco efficace applicare una sola e stessa formula per aiutare i contadini ad adattarsi», si legge nello studio “Climate Change and Agriculture in Africa”.

Secondo Ariel Dinar, un’economista a capo del gruppo di ricerca per lo sviluppo della Banca mondiale e coautotore del riassunto dello studio insieme a Robert Mendelsohn dell’università di Yale e Rashid Hassan e James Benhin del Ceepa « Questo studio dimostra che vaste zone agricole marginali in Africa potrebbero diventare sterili entro il 2100, mentre altre prospereranno. Da questo studio, riteniamo che certi Paesi sono più esposti che altri e che l’aiuto offerto debba andare prioritariamente a quelli che ne hanno più bisogno»

Lo studio fa l’esempio di uno dei Paesi più poveri del mondo, il Burkina Faso, dove il 90 % della popolazione pratica soprattutto un’agricoltura di sussistenza molto esposta alle variazioni del regime delle piogge.
Gef e Ceepa concludono che in Africa «é probabile che i contadini tenteranno di convertirsi verso altre colture per far fronte al nuovo regime climatico. Per accrescere le scelte possibili, la ricerca agronomica deve mettere a punto nuove varietà di colture meglio adattabili alle alte temperature».

Ma quel che si osserva (e si prevede) è che i contadini africani stanno tornando progressivamente verso l’allevamento, soprattutto di capre e pecore, « Nella prospettiva del nuovo regime climatico – sottolinea lo studio - sarà probabilmente più redditizio fare allevamento che utilizzare le colture. I piccoli agricoltori avranno bisogno di consigli di esperti della produzione animale per aiutarli a preparare il futuro».
Il problema non è di poco conto, visto che l’allevamento brado di ovini e caprini nelle zone semiaride è uno delle cause dell’ulteriore degrado dei suoli e dell’impoverimento della vegetazione.
Diverso il destino dell’agricoltura nelle aree pluviali, che avrà vantaggi. Qui gli effetti, positivi o negativi, del cambiamento climatico potrebbero favorire l’agricoltura irrigua. «Dove l’acqua e le infrastrutture necessarie sono accessibili, l’irrigazione aiuterà i contadini ad adattarsi al rialzo delle temperature ed all’abbassamento della piovosità».

Torna all'archivio