[06/12/2007] Comunicati

Il topo transgenico e il tumore

ROMA. Molti lo hanno definito il topo della speranza. La speranza di combattere il cancro, individuando e uccidendo sul nascere le cellule tumorali. Il mammifero in questione è quello ottenuto in laboratorio, con tecniche di ingegneria genetica, dall’inglese Vivek Rangnekar, professore dell’UK College of Medicine, e dai suoi collaboratori americani della University of Kentucky. Il topo, secondo il report pubblicato su Cancer research, è portatore di un gene, chiamato Par-4, che codifica per una proteina dalle capacità davvero speciali: attacca le cellule tumorali e le distrugge, senza molestare le cellule sane.

Non si tratta di una novità assoluta. Esiste una piccola varietà di molecole in grado di distinguere e di attaccare in maniera selettiva le cellule tumorali. Ma Vivek Rangnekar e i suoi collaboratori sono riusciti a introdurre il gene che codifica per la proteina (il Par-4, noto dagli inizi degli anni ’90) nella cellula-uovo di una topolina e a impiantare il tutto nell’utero di una madre surrogata. La cellula-uovo è stata poi fecondata e, dopo normale gestazione, ha dato vita a un topo figlio, che ha iniziato a esprimere il gene. Ovvero a produrre la proteina in una quantità sufficientemente grande di copie da riuscire ad attaccare tutte le eventuali cellule tumorali presenti nell’organismo, comprese quelle dei tumori più aggressivi, senza manifestare alcuna tossicità nei confronti delle cellule sane.

La prova provata che la proteina è altamente selettiva e non tossica è data dal fatto che i topi portatori del gene Par-4 crescono bene come i topi normali.

Il topo transgenico ottenuto da Vivek Rangnekar accende, dunque, grandi speranze. Tuttavia non è il caso di lasciarsi prendere dall’entusiasmo. I dati presentati su Cancer research vanno riconfermati. E poi va verificato se e come ciò che accade nel topo funziona anche nell’uomo. Non sempre è così. Insomma, la ricerca è ancora lunga.

Tuttavia è indubbio che si aprono almeno due piste interessanti di ricerca. Una che porta verso una terapia meno aggressiva del cancro.

Oggi i tumori, quando insorgono, vengono combattuti con agenti fisici (le radiazioni) o chimici (le sostanze usate in chemioterapia) che non discriminano molto tra cellule tumorali e cellule normali. Le terapie anti-tumore che abbiamo sono tossiche. Se il gene Par-4 funzionasse nell’uomo come sembra funzionare nei topolini transgenici di Vivek Rangnekar potremmo finalmente disporre di una nuova terapia non tossica.

Una seconda pista di ricerca riguarda la prevenzione dei tumori. Si potrà forse indagare la possibilità di usare il gene Par-4 in maniera generalizzata, come un vaccino. Per dotare ciascuno di noi di una sorta di immunizzazione al tumore: le proteine codificate dal gene, infatti, potrebbero individuare e attaccare ogni cellula cancerosa non appena si produce. Uccidendo, per così dire, nella culla il tumore.

Si tratta, vale la pena ribadirlo, di pure ipotesi. Occorre, ripetiamo, confermare che il processo funzioni sui topi. Occorre verificare se può in linea teorica e pratica funzionare anche nell’uomo, senza creare effetti collaterali dannosi. Occorre valutare l’efficacia del processo. La strada della ricerca è ancora lunga. Gli ostacoli sono tanti e spesso, ce lo dice la storia della biomedicina, ne nascono di inattesi. Ma le speranze non sono infondate.

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