[05/12/2007] Urbanistica

Una proposta per la trasformazione delle città e dell’urbanizzato esistente

LIVORNO. L’Anci Toscana, lunedì scorso, ha promosso un confronto sul pianificazione paesaggistica, Pit e conseguenti strumenti di governo del territorio. Di fronte ad un auditorio invero scarso per partecipazione, sono emerse molte preoccupazioni, non poche diffidenze. Possiamo classificarle di due ordini: di ordine politico da una parte, di ordine tecnico e procedurale dall’altro, per cercare di sintetizzare. Nel primo caso le preoccupazioni di ordine politico sono riferite: all’iniziativa del Ministero guidato da Rutelli di revisionare il Dlgs 42/2004, riconducendo innanzitutto la tutela del paesaggio, quindi si deve intendere la pianificazione paesaggistica, allo Stato, al Ministero, come sostiene il Presidente del Consiglio Superiore dei beni culturali prof. Settis, con importanti avvalli (vd. posizione di Legambiente, ma non solo di questa); al rischio di marginalizzazione dei comuni nell’ambito della formazione del piano paesaggistico, per quanto sopra, ma anche, secondo il Sindaco Tarchi di S.Giovanni vald’Arno, per la valenza che a suo dire la stessa Regione sta affidando alla nuova legge sulla partecipazione che sembra valorizzare il cittadino a scapito delle istituzioni rappresentative.

Nel secondo caso, invece, preoccupano, da una parte i tempi di avanzamento della redazione del piano paesaggistico come delineato dal Pit (che per bocca del suo stesso estensore, Gamberini, è soltanto una prima parte del piano paesaggistico che deve essere sviluppato a partire dalle schede su i 40 paesaggi della toscana annesse al Pit medesimo); dall’altra le scadenze fissate dal Dlgs 42/2004 come modificato dal Dlgs 157, che a maggio vedrà l’obbligo del parere non più finalizzato ad una eventuale opposizione contro l’avvallo all’intervento formulato dalla commissione edilizia o dalla commissione per la tutela del paesaggio di ogni comune, ma ad un vero e proprio avvallo dell’intervento proposto, da parte del Soprintendente, tenuto conto che questo parere dovrà essere reso anche per la banale apertura o chiusura di una porta o di una finestra, per interventi comunque definiti minori, ininfluenti.

Nelle conclusioni, il presidente di Anci Toscana Fontanelli, ha invece richiamato la Regione a garantire ai comuni il più ampio coinvolgimento nella definizione del piano paesaggistico per tenere insieme tutela e sviluppo. Rivendicando che la Toscana comunque ha fatto meglio di tante altre regioni (è considerata al top insieme a Umbria e Marche), anche e soprattutto perché un sistema istituzionale, una politica, che ha funzionato c’è stato. L’affermazione di tenere insieme tutela e sviluppo è apparsa comunque una concessione a vecchie culture di governo del territorio, attardata a considerare sviluppo solo ciò che occupa nuovo suolo e produce nuova urbanizzazione, invece che ancorata ad una visione avanzata di contenuti e valori di quanto si fa e soprattutto di quanto si fa e si può fare trasformando gli insediamenti esistenti che, limiti paesaggistici, funzionali, architettonici e di degrado ne presentano non pochi.

E così viene in mente che forse l’Anci, oltre che a partecipare alla formazione del piano paesaggistico secondo voleri e indirizzi della Regione, che induce, non sembra “imporre” soluzioni, come poteva accadere in passato, ma di fatto lo fa per via politica, potrebbe farsi carico di rilanciare una proposta per la trasformazione delle città e dell’urbanizzato esistente. Non dico di pensare ad una nuova legge regionale come la 59 del 1980, che fu start up indispensabile del recupero e della rivitalizzazione dei nostri centri storici, ma a qualcosa di simile per quanto adatto a 30 anni dopo e soprattutto per le gigantesche periferie che si sono via via addensate attorno ai centri storici.

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