[03/12/2007] Energia

L´Italia sposa l´atomo, ma fa finta di essere nubile...

LIVORNO. Investimenti nella ricerca delle centrali nucleari di IV generazione. Classe industriale schierata in gran parte a favore dell’atomo. Principale società energetica nazionale impegnata nel rilancio e nella riqualificazione di vecchie centrali nucleari nell’est europeo e nell’acquisto di una quota significativa del reattore francese di Edf. Notizie che lette così farebbero pensare all’azione di un governo che ha sposato in pieno l’energia prodotta con l’uranio. Invece stiamo parlando dell’Italia (se qualcuno non se ne fosse accorto), e allora la questione si fa complessa.

Si dà infatti il caso che questa nostra nazione venti anni fa abbia fatto un referendum con il quale si abbandonava il nucleare. Che le maggioranze di governo in queste due decadi mai avessero messo in programma – qualcuno ci corregga se sbagliamo – di riaprire all’atomo. Nemmeno il centro-destra. Vero è che talvolta il dibattito si è riaperto con folate più o meno lunghe, e più o meno significative. Ma di certo appare altresì evidente che mentre si parla di una possibile riapertura al nucleare - con favorevoli e contrari che argomentano orami a ritmo quasi quotidiano le loro posizioni - questo governo e l’Enel si siano spinti più avanti del dibattito stesso.

Qui pare che non solo l’Italia viva una difficile situazione dove è circondata da centrali nucleari presenti nelle nazioni confinanti (Germania, Francia, Svizzera), ma oltre a importare questa energia ci sia ormai dentro con tutte e due i piedi. Con una bella dose di ipocrisia, qualunque sia la posizione che si ha nel merito. Non è scandaloso dire che si tratta di un escamotage (non volendo usare un termine più pesante) per sfruttare e investire nel nucleare, nascondendosi però dietro la bandiera che sul territorio italiano mai più verrà installata una centrale atomica. Può reggere una situazione del genere? Crediamo di no. Anche se per ora i fatti ci smentiscono visto che va avanti già da qualche tempo senza vistose alzate di scudi.

Il nodo – dal nostro punto di osservazione – non è certo quello di calare le braghe di fronte a una situazione acquisita, ma semmai di far prendere coscienza di cosa sta accadendo. Perché non dimentichiamoci che questo scenario si è imposto nonostante non vi siano novità di alcun genere – parliamo dell’ora e subito non del 2030 o 2040 – né dal punto di vista delle scorie nucleari, né delle scorte di uranio, né dei costi, né della sicurezza (tranne se il paragone si fa con Chernobyl).

Se è quindi comprensibile che i cambiamenti climatici – complice il rapporto Stern – abbiamo ridato fiato ai nuclearisti, visto l’argomento C02 che premia le centrali atomiche rispetto alla produzione energetica da fonti quali petrolio e carbone, non significa che si possa scavalcare tutto e tutti in nome di questo che non è un assioma. Lo sarà per Confindustria, ma non ci risulta che sia una forza di governo. Crediamo sia venuto il momento di rendersi conto di quanto sta accedendo e di riprendere in mano la battaglia contro il nucleare e magari riaprire un dibattito lasciato al momento solo agli slogan pubblicitari, prima che il referendum di 20 anni fa non resti solo un feticcio dietro al quale nascondersi con l’atomo e le sue scorie che ci passano di sopra e di sotto.

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