[29/11/2007] Urbanistica

Legambiente su Castelfalfi: no al consumo di suolo vergine, sì al bilancio ambientale

LIVORNO. Probabilmente se oggi si dovesse chiedere ai cittadini di Montaione di votare sì o no al progetto di riqualificazione presentato dai tedeschi di TUI per la riqualificazione di Castelfalfi, probabilmente l´esito sarebbe favorevole, per una serie di motivi che hanno come matrice comune un orgoglio e una tradizione progettuale del territorio di Montaione, che negli ultimi 50 anni è stata amministrata secondo termini di sostenibilità e accoglienza, tanto da farne il terzo comune della provincia fiorentina per presenze turistiche. E siccome della riqualificazione di Castelfalfi si parla ormai da decenni, il rischio più grande è proprio quello di voler fare presto e bene, nonostante le molte criticità ambientali che presenta il progetto. «La riqualificazione e il recupero di questa Tenuta – ci spiega l’architetto Fausto Ferruzza, direttore di Legambiente Toscana - ha invece la possibilità di diventare l’esempio paradigmatico di come si può fare sviluppo locale e sostenibile in Toscana. Su Castelfalfi si giocherà una bella fetta di credibilità l’amministrazione comunale di Montaione ma soprattutto quella regionale. Si tratta infatti di un’operazione di enorme portata, che metterà a dura prova la tenuta del Piano di indirizzo territoriale della Regione».

Ferruzza, cosa c’è che non vi convince di questo progetto?
«Prima di tutto le dimensioni. I tedeschi vogliono fare una sorta di villaggio-paese diffuso sulle colline, passando dai 220mila metri cubi attuali di edificazione ai 390mila di progetto. Quindi non c’è solo l’integrazione e ampliamento del borgo, ma la realizzazione di nuove località e ampliamento del campo da golf. Ma il problema non è solo quantitativo, perché è vero che quello toscano è un paesaggio costruito, ma è stato modellato "lentamente" nel tempo, con armonia e senso della misura. Una cosa è modellare pazientemente un territorio, come ha fatto la civiltà della mezzadria, un’altra cosa è rivoluzionare di punto in bianco e in un sol colpo un territorio, trasformandolo in una sorta di parco attrazioni che nei periodi di maggiore affluenza turistica arriverebbe a ospitare 1500-2000 persone. Con impatti sugli ecosistemi locali, che se non saranno calcolati bene e mitigati, sarebbero molto pesanti».

Cosa ne pensa del percorso di partecipazione che è stato intrapreso?
«Mi sembra innanzitutto che sia stato attuato un dibattito pubblico vero e partecipato. Fortemente voluto dallo stesso Comune di Montaione e ben istruito dal garante della comunicazione regionale. Tutti infatti hanno avuto la possibilità di spiegare le loro posizioni e le assemblee sono state sempre molto affollate, con centinaia di persone presenti fino all´una di notte. Dirò di più, visto che spesso si insinuano dei sospetti: penso di poter affermare che tutta l’operazione che comprende anche un sito web aggiornato, non credo che sia solo di facciata, anche perché alla Regione non conviene smentire i nodi fondamentali dettati dagli articoli 21, 22 e 23 della disciplina del Pit, per la tutela del patrimonio collinare toscano. Credo che la Regione sia perfettamente consapevole della posta in gioco e credo che alla fine l’esito sarà quello di una rimodulazione significativa del progetto originale».

Voi avete fatto una serie di proposte.
«Esatto, esse sono riconducibili a tre nodi fondamentali. Prima di tutto noi proponiamo che la soglia "simbolica" dei 220mila metri cubi di costruito attuale non sia superata né superabile. Sarebbe sbagliato dal punto di vista paesaggistico, ma anche e soprattutto metaprogettuale, oltre ad avere un forte impatto ecologico sul territorio. Un territorio in gran parte vergine, che invece verrebbe invaso dal cemento in vista della creazione arbitraria di nuovi luoghi, di nuovi pseudo/borghi. Quindi non dobbiamo assolutamente lasciare carta bianca alle fantasie urbanistiche e compositive della Tui, ma pretendere l´ascolto del genius loci montaionese, che è fatto di sottile parsimonia e d´indicibile bellezza.
Il secondo nodo riguarda il principio di contabilità e bilancio ambientale, che significa individuare con un’analisi scientifica rigorosa la capacità di carico degli ecosistemi dei territori oggetto dell´intervento. Per poi procedere a definire i limiti progettuali (oggettivi e condivisi) nella progettazione definitiva ed esecutiva.
Terzo punto, riappropriarsi della funzione agricola. In una tenuta di 1100 ettari si pensa di destinare all’agricoltura un centinaio di ettari, dei quali solo una trentina a vigneti. Noi proponiamo che si cerchi, attraverso una rimodulazione degli strumenti urbanistici vigenti, e con una feconda relazione attivata con agricoltori, sindacati e aziende, di ripotenziare la funzione produttiva della tenuta, investendo in agricoltura sostenibile e senza intaccare minimamente il suo patrimonio boschivo. Dal punto di vista strettamente economico, quindi auspichiamo che una parte dei guadagni che la Tui realizzerà, derivino dall’agricoltura di qualità piuttosto che dalla speculazione fondiaria. Reddito non rendita, per l´appunto!
Ricapitolando per slogan: zero consumo di suolo vergine, sì al bilancio e alla contabilità ambientale, più agricoltura e meno ricettività».

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