[27/11/2007] Consumo

Le contraddizioni Ogm dell´Ue e dell´Italia su coltivazioni e mangimi

LIVORNO. L’Italia ha chiuso gli Ogm fuori dalla porta, ma da tempo rientrano in parte dalla finestra. Via Ue e a causa della mancanza di regole cogenti. Sottoforma di mangimi modificati geneticamente. Come? Il regolamento (CE) n. 1829/2003 stabilisce che tutti i mangimi Ogm debbano riportare in etichetta la dicitura relativa alla presenza di Ogm. Ma non richiede l’etichettatura sui prodotti derivati da animali nutriti con quei mangimi Ogm (carne, uova, latticini, etc.), nonostante questo rappresenti il principale canale attraverso il quale gli Ogm entrano in Europa.

Non si può fare di ogni erba un fascio né dire che allora tanto vale dare il via libera anche alle coltivazioni, ma di certo non si può neppure far finta di niente. Anche perché a Bruxelles è proprio questa la materia del contendere, ma invece di cercare di porre rimedio a questa contraddizione evidente si cerca di legittimarla con motivazioni di carattere prettamente economico. Il commissario europeo dell’Agricoltura, Mariann Fischer Boel, ha lanciato infatti un grido d’allarme sostenendo – attraverso uno studio – che non accettare nuovi Ogm già autorizzati nei Paesi americani produttori di mangimi (mais e soia in Usa, Argentina e Brasile) significherebbe rischiare una crisi nell’approvvigionamento europeo, con il risultato «che la produzione di carne dovrebbe lasciare l’Europa».

Il nostro ministro Paolo De Castro ha fatto presente durante il conclave che molti paesi in Europa hanno seri dubbi sugli Ogm, aggiungendo però che è importante scindere la questione della coltivazione di Ogm per l’alimentazione da quella dell’import di prodotti transgenici per mangimi già autorizzati. Sentenziando poi che «di certo l’Europa non può smettere da un giorno all’altro di importare 40 milioni di tonnellate di soia». Posizione pilatesca. Ma il punto è che – stando alla situazione data - si può dire no alle coltivazioni di Ogm, ma non ai mangimi Ogm. Lasciando da parte i pericoli sulla salute – di cui ci siamo già abbondantemente occupati – ci domandiamo: ma è davvero così?

«E’ una contraddizione – risponde Stefano Masini, responsabile ambiente di Coldiretti – dalla quale non se ne esce rimanendo fermi su questo punto: ovvero sì ai mangimi, no alle coltivazioni. Quello che andiamo dicendo da tempo è che bisognerebbe riattivare una nuova politica europea sull’industria dei mangimi. Non è un’ipotesi assurda. Noi dobbiamo innanzitutto valutare l’importanza di questa materia di base per costruire filiere di qualità Ogm-free. Non possiamo pensare, se non per una fase transitoria, che il consumatore non sappia che quel latte è stato ottenuto da una filiera che utilizza gli Ogm. Una programmazione mangimistica servirebbe quindi per puntare sull’alta qualità della zootecnica. Ma manca la voglia a livello internazionale di sviluppare protocolli con i paesi che producono il mangime per orientarli all’Ogm-free. E a livello italiano almeno non se ne deve fare un problema di costi, perché la nostra competitività si misura sulla qualità, non sulla quantità».

Dunque non è un processo irreversibile come qualcuno sostiene a Bruxelles?
«La risposta non può essere che questa situazione non è modificabile. Già con il precedente ministro Alemanno si era cominciato a pensare a una serie di contatti con le ambasciate dei paesi dai quali importiamo mangimi per conoscere le situazioni dei territori Ogm-free. Tranne l’Uruguay, che ci rispose di avere ormai solo Ogm e che non era per loro possibile tornare indietro, il Brasile ad esempio disse che sarebbe stato in grado di fare coltivazioni Ogm e coltivazioni tradizionali senza contaminazioni grazie al grande territorio che ha a disposizione».

Ma è vero che i mangimi tradizionali viaggiano con quelli Ogm e quindi sia praticamente impossibile evitare la contaminazione?
«Fa parte di quella mancanza di tutela sui mangimi che dicevo prima. Ma se questa è la situazione attuale non è assolutamente detto che sia irreversibile sulla base di nuovi accordi internazionali. Diventa irreversibile solo in situazioni di mercato dove il consumatore non viene informato e non può così neppure fare scelte».

Quelli della Coldiretti sono senz´altro buoni e condivisibili auspici. Ma ci pare che l´Ue con questo atteggiamento che da contraddittorio sta diventando sempre più smaccatamente favorevole agli Ogm, rischia di mandare in fumo anni di lotta contro gli organismi geneticamente modificati. Le cui conseguenze sulla salute si vedranno solo negli anni, mentre da subito si sa chi ne pagherà le conseguenze peggiori: i contadini poveri. Con gli Ogm infatti non si può seminare nuovamente usando una parte del raccolto come con le varietà naturali. Ogni anno vanno ricomprati i semi dal produttore (che di solito è una multinazionale) e quindi i paesi poveri e soprattutto i contadini di questi paesi, ben difficilmente avranno le capacità economiche per farlo.

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