[20/03/2006] Consumo

Scortecci (Confcommercio): «Nei conti pubblici anche i costi ambientali»

FIRENZE. Franco Scortecci è presidente di Confcommercio Toscana. A lui è affidata oggi l´analisi dell´economia regionale e  il compito di illustrare strategie e obiettivi per la Toscana dei prossimi anni. Partendo dalla discussione sul piano di sviluppo regionale e sulla sostenibilità dello sviluppo.

Tutte le analisi convergono del delineare la Toscana come regione in stagnazione-recessione economica. Il gruppo di studio "Toscana 2020" prevede un futuro di low groth (crecita bassa). In questa situazione alcuni parametri, come l´occupazione, sembrano, almeno al momento, andare in controtendenza (Istat). Lo stato dell’ambiente invece, sembra non svincolarsi dalla tenaglia fra salvaguardia e degrado e di non saper imboccare la strada dell’ecoefficienza. Quantità e qualità dello sviluppo, anche in toscana, sono in continuo cortocircuito (infrastrutture, rifiuti, industria, turismo). Qual è la chiave secondo Lei, se ce n’è una, per sintonizzare quantità e qualità; sostenibilità ambientale, sociale ed economica?
«Sviluppo sostenibile è un concetto molto utilizzato negli ultimi anni perché l’impatto delle nostre attività sul sistema naturale e si è fatto sempre più evidente con il progredire della crescita economica, tecnologica, demografica. Si apre anche per le imprese commerciali toscane la frontiera dello sviluppo sostenibile. Che, tradotto nei fatti, significa scegliere azioni di sviluppo per rimanere competitivi sul mercato e allo stesso tempo ridurre al minimo l’impatto ambientale. Se poi serve anche ad ottimizzare i costi di gestione e a migliorare la qualità dei servizi, il successo è assicurato. Anche perché oggi le scelte dei consumatori privilegiano proprio quei territori che meglio di altri hanno saputo conservare la propria integrità ed hanno accolto il turismo come una risorsa importante ma senza farsene stravolgere. La Toscana ci offre un buon esempio di sviluppo sostenibile nel settore trainante del turismo: nella nostra regione le tradizioni, l’arte, l’ambiente e l’enogastronomia sono ancora in equilibrio con le esigenze di confort del turista moderno. Ma fino a quando le cose potranno essere davvero così? Alle imprese ed alle istituzioni si impongono piccole grandi scelte quotidiane. Come ad esempio quella dell’energia pulita nella quale la nostra organizzazione di categoria sta investendo».

Un grande pensatore del secolo scorso ebbe modo di rilevare che la quantità senza la qualità è possibile, l’opposto non è possibile. Ma è possibile pensare e pianificare una crescita quantitativa dell’economia illimitata, sia pure di qualità?
«E’ chiaro che questo è uno degli obiettivi di una corretta politica di sviluppo che noi stiamo portando avanti. Ma è altrettanto chiaro che una crescita ecosostenibile può avvenire se ci sono incentivi che mettano le imprese in condizione di puntare sullo sviluppo in accordo con l’ambiente. Faccio un esempio concreto: esiste un progetto nazionale promosso da Confcommercio, che ha offerto ai gestori delle strutture ricettive la possibilità di scegliere un sistema di approvvigionamento dell’energia elettrica alternativo, che abbina il risparmio economico alla sostenibilità ambientale attraverso l’uso della cosiddetta energia pulita. Ovvero, di quella energia che viene prodotta, anziché dall’utilizzo di fonti esauribili (quali l’olio combustibile o il carbone), dallo sfruttamento di energie naturali e rinnovabili come il vento, il sole, le risorse idriche, le biomasse vegetali, le maree, il moto ondoso ed altro ancora. Del resto, è l´attuale sistema di approvvigionamento energetico, basato essenzialmente su fonti esauribili, dovrà prima o poi essere abbandonato sia per la stessa esauribilità delle scorte di idrocarburi, sia per i pesanti tributi da pagare in termini di emissioni nell’atmosfera di agenti inquinanti e di pericoli per la salute pubblica e addirittura per l´ecosistema terrestre. In questo senso, l’iniziativa della Confcommercio anticipa il recepimento della direttiva comunitaria che stabilisce i criteri del marchio europeo di qualità per i servizi di ricettività turistica. In pratica, chi vorrà fregiarsi di questo marchio dovrà dimostrare di acquisire una quota parte dell’approvvigionamento energetico da fonti rinnovabili. In altre parole, dovrà dimostrare di essere ecosensibile. Ma chi sceglie l’energia pulita avrà anche altre soddisfazioni. Economiche, per esempio, con una riduzione di circa il 3,5% sui costi della bolletta. La stessa cosa dovrebbe avvenire e in qualche caso avviene, in collaborazione con le varie aziende di igiene urbana, per il riciclaggio dei rifiuti e le varie raccolte differenziate».

Le discussioni sulla crescita economica sono sempre e comunque basate sulla misurazione attraverso lo strumento del Prodotto interno lordo (PIL). Quasi tutti sono consapevoli della incapacità di questo strumento a misurare il livello di benessere e di qualità della vita complessiva (si sommano i mali con i beni). Tuttavia un analogo strumento per misurare la sostenibilità delle attività economiche e dell’uomo sulla natura non è ancora stato attivato ( o non è utilizzato). Bilanci ambientali, Contabilità ambientale, V.A.S. , Agende XXI, non si incrociano, né si integrano minimamente con le scelte economiche. Il dibattito (e anche la lotta politica) è strabica: sull’economia si discute in termini di indicatori e di numeri, sull’ambiente si discute in termini politico-filosofici e di punti di vista astratti da misurazioni. Come si fa a discutere di quantità della crescita se non sappiamo quanta aria, quanta acqua, quanto territorio, quante risorse abbiamo a disposizione? Come si fa a far uscire dalle secche dell’ideologia il concetto di sostenibilità se non si sa qual è il limite oltre il quale c’è l’insostenibilità? Non sarebbe il caso che la discussione sul prossimo PRS si facesse partire da come si recupera questo deficit di conoscenza?. Cioè dallo stabilire quali sono i limiti entro i quali deve svilupparsi la crescita economica e, quindi, dove si ritiene prioritario sviluppare scelte di qualità per non superare questi limiti? Non sarebbe il caso di affiancare (anzi, far precedere) ad uno strumento come il PRS un analogo strumento (Prca-Piano Regionale di Contabilità Ambientale) che metta finalmente anche "la natura nel conto"?
«Andare verso la sostenibilità significa fare chiarezza: su come gestire l´ambiente e come promuovere partecipazione e responsabilità. Siamo anche noi d’accordo nel preparare una ‘cassetta degli attrezzi’ per chi ha il compito di operare nel territorio. A livello locale, infatti, nelle grandi città come nei piccoli centri abitati, la questione ambientale è un problema molto concreto. Bisogna dunque iniziare a chiedersi quali sono gli effetti ambientali delle politiche territoriali. Ossia quanto ‘costa’ l’ambiente, o meglio, quanto si sta già spendendo per gestire le questioni ambientali. Le stime nazionali ci dicono che il costo dell’ambiente si aggira intorno al 2% del Pil, a livello locale questo costo oscilla tra il 18 e il 22%. Costi che hanno bisogno di essere più individuabili nei conti pubblici. Per questo il piano regionale di contabilità ambientale può essere lo strumento più giusto».

Leggi le risposte del presidente Martini sullo stesso argomento.

 

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