[11/01/2006] Rifiuti

Inerti edili, l’Italia fanalino di coda nel recupero

LIVORNO - Quale è la situazione di recupero degli inerti edili? Lo chiediamo a Stefano Ciafani della direzione nazionale di Legambiente. «Secondo una stima fatta dall’Anpar (Associazione nazionale produttori aggregati riciclati), in questo campo l’Italia è agli ultimi posti in Europa» (vedi tabella allegata).
Come mai, e quali sono i problemi?
«Gli inerti spesso finiscono in discarica ed una buona parte si perde per strada. Il recupero degli inerti sta partendo con grande difficoltà localmente ed a livello nazionale. Esiste un problema di impianti per il recupero – precisa Ciafani - mancano le raccolte finalizzate e differenziate, manca la rete di impianti di riciclaggio per la produzione di aggregati, manca anche la volontà politica ed amministrativa degli Enti Locali di fare i capitolati per rendere obbligatorio – come prevederebbe la normativa – l’uso degli inerti riciclati per i lavori pubblici»

In effetti quella del sistema industriale di riciclaggio degli inerti è una storia molto recente. A raccontarcela è Marco Buzzichelli, ex direttore di Arrr (Agenzia regione recupero risorse), oggi a Sienambiente. «Nel 1998 Arrr – spiega Buzzichelli – stimò in 2 milioni di tonnellate i rifiuti non pericolosi prodotti dall’edilizia, che in mancanza di impianti ad hoc prendevano strade di tutti i tipi. Rifiuti che invece sono riciclabili per il 90% dopo l’opportuno trattamento meccanico di separazione, grazie al quale si ottengono diverse frazioni che possono essere nuovamente utilizzate in edilizia».

Per non disperdere tutto questo materiale, Arrr convocò le associazioni di categoria proponendo la costituzione di consorzi in grado i gestire l’intero ciclo. «Nello stesso tempo ci occupammo di definire dei bacini ottimali di raccolta, ma anche di promuovere la costruzione di impianti tecnologici in grado di rispettare le normative vigenti. Infine cercammo di agevolare la reimmissione sul mercato edile di queste materie prime seconde».

Di lì a poco nacquero la Cliri a Livorno e la Area a Navacchio (Pisa), mentre a Lastra a Signa la Cori si riconvertì a queste nuove lavorazioni. «In queste e in tutte le altre società che vennero dopo – conclude Buzzichelli – il capitale prevalente era detenuto dagli stessi imprenditori edili, mentre Arrr deteneva piccole quote come garanzia istituzionale. L’importante era che il trattamento conferisse all’inerte caratteristiche geomeccaniche e analitiche che rispettassero le normative Uni e il decreto del febbraio 1998 sulla compatibilità ambientale».

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