[19/11/2007] Urbanistica

Limitazione dell´espansione edilizia e compensazione a posteriori

FIRENZE. Molto interessante il decalogo della Regione Toscana uscito dagli “Stati generali della sostenibilità” che si sono tenuti nei giorni scorsi. Uno degli obiettivi citati (punto 4) riguarda la “Limitazione dell’espansione edilizia...”. Nell’argomentare l’obiettivo si tiene a sottolineare come però la Toscana non sia una regione aggredita da uno sviluppo incontrollato (aree urbanizzate sono il 4,08% superficie totale). Vero, c’è di peggio e la Toscana non è certo la regione degli “ecomostri”. Però lo stesso presidente della Commissione ambiente e territorio della Camera dei deputati Ermete Realacci, intervenendo agli Stati generali, pur riconoscendo l’approccio demagogico di alcuni interventi sul tema urbanistica e sviluppo, tenuti nell’ultimo periodo e nello stesso tempo evidenziando la risposta positiva della regione con lo strumento Pit, ha affermato che «alcune critiche sono fondate».

Del resto lo stesso Erasmo d’Angelis, presidente della VI Commissione ambiente in Consiglio regionale afferma che «la somma delle proposte di edificazione contenute nei piani strutturali sono per una regione di 8 milioni di abitanti, quando invece ne abbiamo poco più di 3. Il Pit ha bloccato questa deriva». Il problema quindi esiste. D’Angelis, però pur riconoscendo “l’errore Monticchiello” non ne condivide l’eco che è venuto successivamente sulla stampa che ha aperto “il caso Toscana” portandola alla ribalta (negativa) della stampa nazionale ed internazionale. La tesi è quella che vi sia stata una debolezza nell’informazione della rete istituzionale e una capacità comunicativa di chi ha lanciato determinate accuse alla Regione, la rete dei Comitati, ad esempio. Può anche essere: il “come si comunica” è importante ma non può stravolgere i fatti.

Castelfalfi, caso forse più grave di Monticchiello, è li a dimostrarlo. Un errore, al di là della comunicazione (e partecipazione) che è o sarà messa in essere. L’insediamento di Castelfalfi avrebbe impatti oltre che sul paesaggio, sull’ecosistema in toto ed in particolare su alcune specifiche componenti: come la risorsa idrica, tra l’altro già carente. Lo stesso punto 4 del decalogo sostenibile perpetuando nell’errore che è stato commesso fino ad oggi parla di “aumento del carico urbano compensato da una adeguata disponibilità di acqua...”. Tradotto, non si fa contabilità ambientale a monte tenendo conto delle risorse di base disponibili ma si compensa successivamente magari costruendo “tuboni” che viaggiano da bacino a bacino.

L’assessore all’ambiente Bramerini nel suo intervento agli Stati generali della sostenibilità ha parlato di necessità di una crescita diversa, meno dispendiosa di materia e di energia, di contabilità sociale, economica ed ambientale. Della necessità di una politica che decide e del costo del non fare. Altri richiamerebbero l’ambientalismo del sì. Tutto giusto e talvolta condivisibile. Ma, a prescindere da Castelfalfi, quando motivata e argomentata su basi tecniche, scientifiche e culturali, l’opzione del “no perché...” deve avere diritto di cittadinanza.

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