[19/11/2007] Recensioni

La Recensione. Lettera aperta agli economisti. Crescita e crisi ecologica a cura di Carla Ravaioli

Il mutamento climatico è ormai un dato certo e il cattivo stato di salute dell’ambiente è ormai cosa nota: i dati scientifici lo dimostrano, i fatti lo provano e la tv e i giornali lo comunicano. Ma la motivazione della lettera aperta agli economisti pubblicata da Liberazione e Il Manifesto il 15 giugno del 2000 è ben altra. Non è certo una conferma dei fatti ma, è la richiesta di una presa di posizione argomentata degli economisti sui danni ambientali derivati dalla crescita della produzione. L’appello della Ravaioli agli economisti era l’occasione per un confronto fra cultura dell’ambientalismo e quella degli esperti di economia e politica economica perché, la convinzione dei proponenti è che solo attraverso un dibattito sul rapporto fra ambiente ed economia sia possibile stimolare e proporre soluzioni ai problemi di allora, che sono ancora quelli di oggi.

“Lettera aperta agli economisti. Crescita e crisi” è infatti, la raccolta delle risposte pervenute ai due quotidiani, proposta da Giuseppe Prestipino e Carla Ravaioli, firmata da ventiquattro persone fra cui intellettuali, politici, scienziati, ambientalisti e promossa dall’Associazione per il rinnovamento della sinistra.

Una serie di interventi che hanno ripreso, contestato o condiviso gli interrogativi dell’appello ossia: la soluzione alla crisi ecologica da un lato, e di disuguaglianza e precarizzazione dall’altro, può consistere nell’invocazione di un arresto o di un forte contenimento della crescita? Oppure deve basarsi su una politica che si ponga come scopo di mettere in piedi una diversa qualità dello sviluppo?

Con toni e posizioni diverse un buon numero di economisti che hanno risposto all’appello, non sembra mettere in discussione il paradigma che l’intera politica mondiale sia impostata all’insegna della crescita . Una crescita misurata attraverso l’aumento del Pil, un indicatore economico che non vede altro che “moneta”, che si basa sulla somma dei redditi pro-capite nazionali.

C’è chi sostiene che la strada da percorrere è uno sviluppo di qualità che va di pari passo con una diversa distribuzione interna e internazionale del reddito e della ricchezza; chi mette in dubbio che la ricchezza faccia la felicità dell’uomo e propone nuovi indicatori del benessere umano; c’è chi invoca un orientamento della politica verso la regolamentazione statale e internazionale della crescita e della produzione. Ma comunque sia, tutti ipotizzano uno sviluppo diverso e tutti si interrogano in pratica, sulla portata della definizione di sviluppo sostenibile. E comunque sia, in accordo o in disaccordo con le proposte della lettera, ne parlano e si confrontano.

Certo è che se, una decina di anni fa, era la Ravaioli che invocava il dibattito e che cercava di far comprendere agli economisti che uno dei principali motivi di degradazione dell’ambiente stava e sta nei limiti dell’economia adesso, nel 2007, la questione è un pò cambiata. Prima si chiamavano conferenze programmatiche, adesso si chiamano“Stati generali della sostenibilità”; prima coinvolgevano economisti e sindacalisti e qualche ecologista o comunque, ora sono partecipate da tutti.

E’ infatti di pochi giorni fa l’iniziativa tenutasi a Firenze al Polo delle scienze sociali dell’università dove la Regione Toscana ha convocato soggetti e attori economici e sociali “per condividere un obiettivo e contribuire a una politica in grado di fare della Toscana una regione sostenibile, da tutti i punti di vista”.

Si è parlato di crisi ecologica, di disuguaglianza sociale, di crescita economica e di possibili e diversi modelli di crescita, insomma, di sviluppo sostenibile. Diverse opinioni, diversi approcci, diverse esigenze e diverse esperienze a confronto.

Dunque stessi temi e stesse problematiche, ma con una differenza: a dieci anni circa di distanza dalla lettera aperta del Manifesto e di Liberazione, la convinzione è che solo attraverso un dibattito che coinvolga tutti, sul rapporto fra ambiente, economia e sociale sia possibile contribuire a una politica, una strategia e un modello di sviluppo sostenibile.

Se prima l’attenzione veniva rivolta esclusivamente al sociale e al suo rapporto con l’economia, adesso la convinzione è che l’ambiente debba essere implementato nell’economia e nel sociale perché l’ambiente non si traduce esclusivamente in una politica di salvaguardia, ma deve essere parte integrante di una strategia economica e di programmazione dello sviluppo.

E se ora la questione appare matura, forse fra altri 10 anni (ad essere ottimisti) potremmo cominciare ad applicare le politiche integrate e fra altri 20 a vederne i risultati. Speriamo che non sia troppo tardi!

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