[19/11/2007] Comunicati

Il povero e il ciclone

ROMA. Il ciclone Sidr ha causato già alcune migliaia di morti in Bangladesh. L’eco sulla stampa italiana di quello che il Papa, Benedetto XVI, ha definito un «disastro umanitario» non è stata particolarmente forte. Un evento meteorologico che avesse causato diecimila morti in Germania, negli Usa (ricordate Katrina?) o in Giappone avrebbe occupato per giorni e giorni le prime pagine dei nostri giornali. Ma il Bangladesh è uno dei paesi più poveri del mondo e (pertanto?) dei più lontani dalle nostre attenzioni.

Ma non è solo per questa asimmetria mediatica tra Katrina e Sidr che dobbiamo prestare attenzione al ciclone che ha investito il Bangladesh. Ma per almeno altre tre ragioni.

La prima è che Sidr non è e non sarà un evento isolato. La frequenza degli eventi meteorologici estremi è destinata ad aumentare con i cambiamenti climatici e l’aumento della temperatura media planetaria. Essi saranno concentrati soprattutto intorno ai tropici, dove risiede la gran parte della popolazione povera del mondo. Non possiamo – non dobbiamo – assistere inerti alla tragedia annunciata di queste catastrofi.

Cosa possiamo fare? Beh, essenzialmente due cose: aiutare quelle popolazioni sia a prevenire che a gestire le emergenze. Entrambe sono azioni fattibili, con poca spesa.
Prevenire è possibile. Anche e soprattutto nei paesi più poveri. Se in Bangladesh le vittime del ciclone Sidr si contano solo a migliaia e non a decine di migliaia (dieci anni fa un ciclone in Bangladesh uccise 150mila persone; nel 1970 il ciclone Bhola ne uccise addirittura 500mila) è anche perché un semplice ma efficace sistema di allerta con sirene ha consentito a centinaia di migliaia di persone di mettersi in tempo al riparo. Altre opere di prevenzione – per esempio da inondazioni – sono possibili, con mezzi altrettanto semplici e poca spesa.

Gestire le emergenze è possibile. Domenica il Papa all’Angelus oltre a definire un «disastro umanitario» l’evento in Bangladesh, ha anche invitato la comunità internazionale a intervenire con generosità per fornire aiuto e impedire che dopo l’emergenza ciclone ci sia un’emergenza sanitaria e/o alimentare. Ciò non deve più accadere. Non perché il papa non debba elevare il suo alto invito. Ma perché la comunità internazionale dovrebbe attrezzarsi per allestire un sistema di Protezione Civile globale capace di intervenire rapidamente ed efficacemente in caso di disastri ambientali in ogni parte del mondo. Per far sì che, ancora una volta, non siano i più poveri e indifesi a pagare le colpe dei più ricchi e arroganti.

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