[17/03/2006] Acqua

Fitodepurazione, la Toscana fra luci e ombre

FIRENZE. Negli ultimi anni in Italia si stanno affermando tipologie depurative già ampiamente applicate nei paesi europei che sfruttano le dinamiche ecosistemiche tipiche delle aree umide naturali. Questi sistemi, indicati nel mondo come Constructed  Wetlands (zone umide costruite) e in Italia con il termine Fitodepurazione, si basano infatti sui processi di autodepurazione naturali riducendo al minimo gli elementi “artificiali”.

L’etimologia della parola fitodepurazione (dal greco phito = pianta) può trarre in inganno nel far ritenere che siano le piante gli attori principali nei meccanismi di rimozione degli inquinanti. In realtà le piante hanno il ruolo di favorire la creazione di microhabitat idonei alla crescita della flora microbica, vera protagonista della depurazione biologica.
I sistemi di fitodepurazione possono essere classificati in base all’ecologia delle piante acquatiche utilizzate (alghe, macrofite...) e in base alla direzione di scorrimento dell’acqua (flussi superficiali, flussi sommersi).

Chiediamo alla Dott.ssa Beatrice Pucci, presidente di Iridra S.r.l (società leader a livello Italiano ed Europeo per la progettazione di sistemi di fitodepurazione), quale sia lo stato dell’arte dell’applicazione della fitodepurazione in Toscana ?
 «Ad oggi in Toscana abbiamo numerosi impianti realizzati, sia pubblici che a servizio di utenze private difficilmente collettabili alla pubblica fognatura.
I primi sistemi di fitodepurazione, nella nostra Regione, sono stati realizzati a metà degli anni ´ 90 e l´interesse verso queste tipologie impiantistiche è aumentato notevolmente con l´entrata in vigore del Testo Unico sulle Acque (D.Lgs. 152/99) in quanto questi sistemi risultano conformi a quanto indicato dalla normativa italiana e comunitaria. Infatti sono sistemi che presentano le seguenti peculiarità: manutenzione semplice, efficienza depurativa elevata anche a fronte di forti variazioni di carico idraulico ed organico, costi di gestione molto contenuti, inserimento paesaggistico ottimo».

Nei Piani di Ambito degli ATO sono programmati nuovi impianti ora che tra l’altro sono state presentate da APAT e ARPAT le linee guida per la progettazione e gestione di zone umide artificiali?
«Alcuni ATO hanno inserito i sistemi di fitodepurazione durante la prima stesura dei Piani d´Ambito, altri in fasi successive. In particolare ricordo che l´ATO 6 di Grosseto nel 1998, verificò con puntualità le località dove era possibile applicare questi sistemi. Svolgere una valutazione tecnica, economica ed ambientale sulla migliore tecnologia depurativa da applicare nei vari contesti territoriali dovrebbe rappresentare la base sulla quale effettuare poi le scelte definitiva. Tale procedura fornisce gli strumenti per poter operare in termini di sostenibilità ambientale.
Da circa dieci anni l´ARPAT sta promuovendo studi e ricerche finalizzate a verificare l´applicabilità di questi sistemi nel territorio regionale, basti pensare al progetto di monitoraggio effettuato nell´ambito del progetto europeo SWAMP, agli studi svolti per le Comunità Montane della Val di Cecina, dell´Amiata Senese, del Mugello e Val di Sieve.
In seguito a queste esperienze l´Agenzia toscana ed APAT hanno ritenuto utile fornire corrette linee di indirizzo per la progettazione e gestione di sistemi di fitodepurazione. Infatti, le "Linee guida", presentate da ARPAT nel settembre del 2005, rappresentano un primo contributo organico alla promozione e conoscenza delle tecniche di depurazione naturale. Tale opera, che ben si inserisce nel quadro scientifico europeo, le cui radici affondano ormai in trent’anni di esperienze e confronti internazionali, potrà fornire fornire un input per scelte impiantistiche più rispettose dell´ambiente e ad elevata sostenibilità economica».

Quali sono i maggiori ostacoli per un ulteriore sviluppo dell’applicazione di questo metodo di trattamento delle acque reflue?
«Gli ostacoli possono essere di diversa natura: da una scarsa conoscenza tecnico-scientifica di operatori del settore, progettisti ed Amministrazioni locali ad una cultura consolidata che tende a dare fiducia principalmente a sistemi di tipo tecnologico. Inoltre, in un territorio molto antropizzato, non è sempre semplice trovare aree di dimensioni adeguate per realizzare impianti di fitodepurazione. In particolare questa difficoltà si presenta nell´appliccare questi sistemi ad utenze maggiori di 5000 abitanti equivalenti. Però i sistemi di depurazione naturale possono rappresentare anche un´opportunità di progettare sistemi con funzione plurima, ossia: se da un lato il fitodepuratore rappresenta un sistema di trattamento delle acque reflue, dall´altro può essere concepito come parco urbano (area verde) e pertanto fruibile dai cittadini, oppure come nodo/rete ecologica che favorisce la continuità di sistemi naturali».

La Direttiva europea “Acque”, la 2000/60, favorirà l’applicazione delle tecniche di fitodepurazione come trattamento secondario e come finissaggio a valle dei metodi tradizionali?
«Sicuramente i sistemi di depurazione naturale possono dare un valido contributo al raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dalla Direttiva europea 2000/60».

(Nella foto un sistema di fitodepurazione a flusso libero superficiale)

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