[12/11/2007] Energia

Per una governance mondiale (o almeno europea) dell´energia

LIVORNO. Far fronte alla domanda crescente di energia a scala mondiale, garantire standard di disponibilità energetica a chi ancora ne è privo, ridurre le emissioni di anidride carbonica per limitare gli effetti del global warming, con un andamento del costo della principale fonte energetica, il petrolio, in continuo aumento. Questa è la sfida dei prossimi anni per la politica energetica a livello planetario e, in questi giorni, il tema al centro del dibattito al XX congresso del Wec (world energy council) in svolgimento a Roma da oggi sino a giovedì.
Gli articoli pubblicati dalla stampa in questi giorni riportano opinioni e approfondimenti su ognuno di questi temi: dalla disponibilità della risorsa petrolio, su cui è abbastanza diffusa l’ipotesi che a scarseggiare siano le quote direttamente e facilmente accessibili (il cosiddetto greggio convenzionale) più che la vera disponibilità diffusa, e che sbandierare il picco di Hubbert faccia molto comodo agli speculatori, ma che in realtà se e quando avverrà, coinvolgerà ancora una volta le quote convenzionali.

Ovvero non certo la quantità reale che esiste sul pianeta, ma quella che si trova facilmente accessibile a qualche centinaio di metri sotto terra; il problema sarà semmai quello di dover andare a prendere il greggio in aree molto meno accessibili, quindi con costi maggiori rispetto all’attuale. E alla fine della fiera, quello che si porrà e che andrà allora governato sarà (al limite) il problema economico legato alla risorsa, ma non certo la sua scarsità.

Questo è quanto sostiene il direttore dell’Ufficio studi di Wec, Robert Schock e quanto in maniera ancora più netta scrive Leonardo Maugeri di Eni, che parla di un demone impazzito, riferendosi al fenomeno (orami più diffuso) della finanziarizzazione del mercato del greggio, in cui gli speculatori utilizzerebbero a loro vantaggio, per trarne maggiori utili, le notizie della fine della materia prima a breve termine. Cosa non vera secondo Maugeri, che richiama semmai ad una “capacità produttiva inutilizzata” (giacimenti che potrebbero essere sfruttati più e meglio in base alla necessità) che continua a rimanere troppo bassa e che pur essendo cresciuta rispetto a qualche anno fa, tuttora non supera il 4% dei consumi mondiali. Dato che questa capacità produttiva inutilizzata è il cuscinetto in grado di tamponare picchi improvvisi di domanda e interruzioni altrettanto inaspettate di offerta, quando questa è molto bassa il mercato petrolifero va in tensione. Esattamente quello che sta succedendo adesso, secondo il direttore per le strategie dell’Eni. Anche se per incrementare questa capacità produttiva, il world energy outlook dell’Aiea, ricorda che occorrono investimenti colossali.

Maugeri sottolinea poi che anche il dato relativo alla crescita della domanda, è in realtà un altro spauracchio che viene brandito da chi vuole fare catastrofismo, e ricorda che l’Aiea, è stata costretta più volte a rivedere al ribasso le stime sull’aumento dei consumi. Stime che prevedono una domanda di energia primaria aumentata del 55% fra il 2005 e il 2030 ad un ritmo di circa 1,8%annuo e questa energia primaria, proverrà per almeno dell’80% da combustibili fossili.

Sono proprio queste stime sull’aumento dei consumi nei prossimi decenni, per il progressivo incremento di domanda da parte di paesi sino ad ora ai margini dell’economia mondiale, che pongono la necessità –da più parti paventata- di un governo globale, per far fronte al fenomeno e alle sue inevitabili conseguenze.

Della necessità di un piano europeo ne parla il ministro Pierluigi Bersani, in grado di tenere assieme due priorità che si pongono nel prossimo futuro: l’aumento della domanda mondiale di energia cui contribuiranno per oltre il 70% i paesi a economie emergenti e l’aumento delle concentrazioni di oltre il 57% dell’anidride carbonica da qui al 2030.
«Una risposta efficace alle sfide energetiche- dichiara il ministro Bersani- non può che essere caratterizzata dalle interdipendenze che legano, a vario titolo, tutti noi, indipendentemente dalla nostra nazionalità o dalla provenienza».

Della necessità di una governance a livello mondiale ne parla anche il rapporto messo a punto dal Wec, che si chiede però se le grandi istituzionali mondiali saranno all’altezza dei grandi compiti che le aspettano: garantire una governabilità sufficientemente autorevole ma anche flessibile, affiancare e stimolare il settore privato senza influenzarne però troppo il campo di attività, saper regolare lasciando al contempo libera iniziativa al mercato.

La sfida è senza dubbio tra le più alte, soprattutto perché – per quanto si voglia evitare di cedere al catastrofismo- il rischio è che si spezzi il ramo su cui tutti siamo adagiati. E l’appuntamento per gli accordi post Kyoto, del 2012, potrebbe prefigurarsi davvero come una prova fondamentale per il futuro del pianeta.

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