[17/03/2006] Rifiuti

Tia, i costi sono una derivata dellŽefficienza

LIVORNO. Non bisogna andare lontano, né cercare chissà dove. E’ sufficiente sfogliare le cronache dei giornali toscani per osservare che l’introduzione della Tariffa d’igiene ambientale, a sostituire la vetusta Tarsu, provoca malumori e mal di pancia ovunque. Giusto per fare qualche esempio: a Prato e dintorni gli uffici dell’azienda incaricata della riscossione sono stati presidiati per due giorni dalla polizia per evitare il peggio, a Viareggio proprio in questi giorni giungono proteste vibranti da parte delle categorie economiche, commercianti e artigiani su tutti, che gridano al salasso, a Livorno azienda e amministrazione comunale attendono con ansia la scadenza della prima rata della tariffa, fissata a fine aprile, per tastare il polso alla reazione di famiglie e imprese. Individuare le cause scatenanti di queste reazioni-fotocopia all’entrata in vigore della tariffa, naturalmente legate all’entità degli aumenti, è molto meno difficile di quanto sembri. Al di là dell’applicazione dell’Iva, che da sola rappresenta un 10 per cento in più (in Veneto c’è chi ha fatto ricorso alla commissione tributaria provinciale ottenendo anche ragione, ma intanto le bollette continuano ad arrivare comprensive di Iva), l’era caratterizzata dalla Tia, che per molte città, anche toscane, si sta aprendo in questi mesi, dà un vigoroso colpo di spugna a un passato ormai sedimentato, nel quale i Comuni provvedevano a coprire, se non gran parte, almeno una quota consistente del costo sostenuto dalle aziende per il ciclo dei rifiuti. Emerge in tutta la sua portata, insomma, che con gli introiti della sola Tarsu ben difficilmente le aziende, nella maggior parte dei casi (soprattutto in casi di sofferenza impiantistica), avrebbero potuto anche solo immaginare un loro autonomo equilibrio economico. E’ vero che rispetto alla tassa sono cambiati alcuni requisiti, a partire dai criteri di calcolo (non più solo la superficie di abitazioni, negozi e officine, ma anche il numero degli abitanti e la caratteristica dell’attività, a sancire il principio secondo il quale chi produce più rifiuti deve pagare di più), ma resta di tutta evidenza che l’obbligo di legge di coprire l’intero costo del servizio con il gettito della tariffa è un fatto nuovo, e determinante ai fini degli aumenti che ovunque si riscontrano. Accanto a questa considerazione, ce n’è un’altra non meno rilevante: tenere la tariffa a livelli accettabili per la popolazione (che poi accettabili non sono mai: non esiste cittadinanza che non ritenga troppo salato il conto da pagare per qualsiasi servizio ricevuto…) è possibile solo in presenza di apparati impiantistici (di trattamento e di smaltimento) di un certo tipo e di un certo livello. In grado, cioè, di assicurare la chiusura del ciclo senza ricorrere a soluzioni che prevedano l’utilizzo di impianti localizzati magari fuori dall’ambito di azione del gestore che applica la tariffa.

Eppure il dibattito anche fra le forze politiche sembra interessarsi di più agli aspetti che riguardano il rapporto pubblico-privato, ignorando il dato della efficienza  e della efficacia che il servizio deve raggiungere. Ma i costi per le popolazioni sono una derivazione (diretta o indiretta) dalla ottimizzazione economica-ecologica del servizio.

 

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