[12/11/2007] Energia

La Russia fa la supercompagnia statale per sfruttare petrolio Artico

LIVORNO. Mentre vecchie petroliere e carrette del mare cariche di zolfo provocano un disastro ambientale ancora impossibile da quantificare nel Mar Nero e in quello d’Azov, mentre la Russia stipula contratti energetici con Bulgaria e Bielorussia, mentre due Paesi con Iran e Pakistan si accordano per un grande oleodotto che li collegherà e che non farà certo piacere a Bush che chiede sanzioni economiche contro la repubblica degli ajatollah, nell’estremo nord del pianeta la Russia si prepara a sfruttare i giacimenti di petrolio e gas dell’Oceano Artico che rappresentano la principale speranza di far fronte, ancora con i combustibili fossili, alla crisi energetica in corso. Probabilmente la più grave della storia.

Secondo stime dell’Onu, la piattaforma continentale dell’Oceano Artico nasconde da 140 a 180 miliardi di tonnellate di idrocarburi, e un gruppo di ricercatori afferma, nel rapporto "L´avenir de l´Arctique", che le riserve sarebbero addirittura di 300 miliardi. Secondo stime scientifiche rese note alla recente mondiale sul petrolio a Houston, il 69% dei giacimenti di gas si troverebbero nell’Artico russo, e la rinata potenza russa vuole far valere «i nostri diritti», ma intanto Putin ed i petrolieri hanno già riunito le forze per intraprendere la conquista del grande Nord, senza aspettare le sentenze della Commissione sui limiti della piattaforma continentale dell’Onu.

Gazprom ha raggiunto un accordo con i suoi partner stranieri, la Total e la compagnia norvegese StatoilHydro, per creare una compagnia unica per lo sfruttamento del giacimento di Chtokman e la fabbrica Sevmach di Severodvinsk ha già iniziato a costruire le piattaforme petrolifere per conto di Gazprom. La compagnia marittima di Murmansk, che dispone di una grande flotta di rompighiaccio statali, ha esteso la sua rete di terminali petroliferi nei porti artici. Transneft costruisce un oleodotto tra la Siberia orientale e il Pacifico e prevede di costruirne un altro lungo il litorale del Mare di Barents.

Ma l’operazione strategica più grossa messa in atto dal governo russo è quella di fondere entro la fine dell’anno le principali compagnie marittime, Sovkomflot e Novoship, valutate 3,37 miliardi di dollari, per farne la terza mega-compagnia al mondo per valore economico e la seconda per stazza totale. Una decisione che Putin aveva già preso a giugno e che vuole mettere in atto proprio in piena campagna elettorale, mettendo fine con un decreto presidenziale al dibattito tra favorevoli e contrari al progetto per «preservare le posizioni della navigazione russa nelle condizioni della globalizzazione dell’economia mondiale» come spiega il ministro russo dei trasporti Sergueï Frank che è stato nominato anche direttore generale della Sovkomflot e che ha demolito l’opposizione della Novoship alla fusione semplicemente sostituendo tutti i suoi dirigenti.

Il 50,34% delle azioni di Novoship appartenenti allo Stato saranno trasmesse a Sovkomflot, compagnia pubblica al 100%, le due compagnie resteranno così teoricamente “indipendenti” ma agiranno congiuntamente, con delimitate “sfere di influenza” e con progetti comuni, tutto sotto controllo statale.

La flotta comune della nuova compagnia conterà 113 navi, mentre 32 sono in costruzione, si tratta soprattutto di petroliere e qualche metaniera capaci di navigare tra i ghiacci e che hanno come obiettivo dichiarato gli idrocarburi contesi della piattaforma continentale artica.
Lo Stato si fa così garante, con la più moderna e potente flotta petrolifera russa, degli interessi delle grandi compagnie nazionali e internazionali e, di fatto, esercita un forte controllo politico-strategico sulle risorse. Intanto sono state completate due navi metaniere della Gazprom che, per i prossimi 20 anni, esporteranno le materie prime del giacimento Sakhaline-2, mentre la direzione del porto di Prigorodnoïé, destinato al trasporto di gas verrà assunta da una company tra Sovkomflot e Sakhalin Energy e la società Baltic LNG, fondata nel 2005 e che ha di fatto il monopolio russo del gas, costruirà un impianto di liquefazione a Primorsk. Lo Stato russo sembra intenzionato a riappropriarsi di grandi fette del mercato energetico (oppure a controllarlo più decisamente): Sovkomflot ha anche concluso accordo con Sevmorneftegaz sul trasporto di petrolio proveniente dal giacimento di Prirazlomnoïe, e con Narianmarneftegaz, sul trasporto dal terminal di Varandei e con Rosneft sui servizi congiunti da fornire ai progetti previsti sulla piattaforma artica.

Uno degli obblighi per la nuova supercompagnia è quello di affidarsi solo a cantieri navali russi per la costruzione e manutenzione delle petroliere: un affare colossale pilotato completamente dal governo, visto che secondo gli esperti entro il 2015 dovranno essere costruite 100 nuove navi speciali per il trasporto di materie prime provenienti dai giacimenti del Mar Artico, in quella che la Russia considera interamente come sua piattaforma continentale. La fusione delle due compagnie di navigazione, oltre ad essere uno dei più grandi eventi economici-energetici mondiali dell’anno, svela interamente la politica della strana democrazia russa che punta a rafforzare i beni statali come elemento strategico della nuova politica di potenza, il tutto in stretta relazione con i grandi potentati di uno dei capitalismi più spregiudicati e “concentrati” del mondo.

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