[06/11/2007] Energia

I problemi irrisolti del nucleare a vent’anni dal referendum

LIVORNO. Tra due giorni, giovedì 8 novembre, si celebrerà il 20° anniversario del referendum popolare che ha bandito la produzione di energia nucleare e reso l’Italia la prima tra le nazioni industrializzate a uscire dall’atomo, con oltre l’80 delle preferenze. Se si votasse oggi forse non sarebbero quelli i risultati, perché certamente il fatto che 8 italiani su dieci si pronunciassero contro la scelta energetica nucleare fu influenzato anche dall’onda emotiva che l’incidente di Chernobyl (di aprile dell’anno precedente) aveva suscitato. Ma pensare di tornare indietro su quella scelta, oggi sarebbe una follia.

A sostenerlo anche Legambiente che ha presentato un dossier dal titolo «I problemi irrisolti del nucleare a vent’anni dal referendum», questa mattina nel corso di una conferenza stampa. Se l’Italia oggi volesse allinearsi alla produzione elettrica media Ue da nucleare (30%), dovrebbe costruire 8 reattori come quello che sta realizzando la Finlandia (il più grande al mondo), oppure 8 come gli ultimi completati in Francia tra il ‘96 e il ‘99, oppure 12 di quelli più grandi in costruzione in Cina o 13 di quelli di tipologia russa.
E i costi? Quali sarebbero?

«Quella dei costi è la vera questione: produrre energia nucleare è antieconomico – ha detto Roberto Della Seta, presidente nazionale di Legambiente -. Un aspetto su cui si continua a fare falsa propaganda, soprattutto in Italia, spacciando l’atomo come una tra le fonti meno care. Infatti negli Stati Uniti, dove i produttori sono tutti privati, non si inaugura un impianto dalla fine degli anni 70 e oggi, in Europa, solo la Finlandia sta costruendo un nuovo reattore, tra mille intoppi e pesanti ritardi dovuti a problemi costruttivi e all’aumento dei costi. Insomma chi ne parla come di una fonte competitiva sotto il profilo economico, mente sapendo di mentire: il costo di un kWh di elettricità da nucleare deve necessariamente comprendere anche la chiusura del ciclo del combustibile, lo smaltimento delle scorie e lo smantellamento delle centrali per essere considerato reale e competere sul mercato».

Riguardo al problema dei rifiuti radioattivi, Legambiente ricorda che ancora non si è in grado di risolverlo. Esistono circa 80 depositi “provvisori” nel mondo, ma non ancora un sito di stoccaggio definitivo. L’unico prevedibile è quello di Yucca Mountain in Nevada (Usa) che, se tutto andrà a buon fine, entrerà in funzione tra il 2010 e il 2015. Neppure l’Italia, sottolinea Legambiente, con la sua modesta quantità di scorie, ha saputo risolvere il problema, vista la pessima proposta di localizzarli a Scanzano Ionico nel 2003. Eppure è necessario trovare un sito definitivo per le scorie a media e bassa attività nel nostro Paese, mentre per quelle più radioattive (che sono in quantità minore) si dovrà trovare una sistemazione finale in un deposito all’estero dove sono ancora in attività centrali nucleari, come previsto dalla Convenzione Aiea ratificata dall’Italia nel gennaio del 2006. C’è infine il decommissioning, ossia lo smantellamento delle centrali una volta spente. Si tratta di un processo delicato e molto oneroso che comporta rischi altissimi per la sicurezza data la radioattività delle componenti del reattore e di cui non esiste un protocollo unico a livello mondiale.

Ma oltre ai problemi citati, rimane non risolto anche quello della sicurezza. La storia del nucleare, sia civile sia militare, è infatti costellata da una lunga lista di incidenti, che Legambiente ha provato a mettere in ordine (si tratta solo degli episodi conosciuti): tra i più gravi vanno ricordati quello di Sellafield in Inghilterra nel 1957, quello di Three Mile Island nel 1979 negli Usa, la catastrofe di Cernobyl, Tokaimura in Giappone nel 1999 e Mihama nel 2004, sempre in Giappone.

«Alla sicurezza degli impianti va aggiunto il rischio del terrorismo internazionale, visto che il plutonio derivante dal funzionamento delle centrali è una fondamentale materia prima per chi intende costruire armi atomiche – ha spiegato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente -. In più resta invariato il problema dello smaltimento definitivo delle scorie che a oggi non è stato risolto da nessun Paese al mondo».

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