[05/11/2007] Rifiuti

Quello che non si dice del riciclaggio

LIVORNO. Il Conai, consorzio nazionale imballaggi, si appresta a terminare le celebrazioni dei suoi primi dieci anni di vita e lo fa rivendicando (giustamente) il ruolo che ha svolto per dare il necessario input industriale al sistema di gestione dei rifiuti, avviato dalla riforma del decreto Ronchi. A più voci si è detto che se il sistema integrato dei rifiuti non fosse impostato con caratteristiche industriali, non avrebbe avuto non solo possibilità di successo ma nemmeno sarebbe potuto decollare.

A dieci anni dal varo delle regole che quel sistema hanno cominciato a impostarlo, sebbene tanti passi avanti siano stati fatti, la strada e il cammino paiono essere ancora lunghi e tortuosi. Anche per l’effetto frenante che la lunga gestazione della nuova normativa e l’attuale livello di confusione che la domina, hanno avuto.

Il Conai, come dice il suo presidente Roberto De Santis, vale il 3% del Pil nazionale, con un fatturato che sfiora 40miliardi di euro.

Risultati degni di assoluto rispetto, e non solo dal punto di vista economico dal momento che grazie all’avvio del sistema imballaggi, si sono risparmiate 12 milioni di tonnellate di materie prime operando sulla prevenzione e sulla sostituzione di materie vergini con quelle di recupero. Che tornano al sistema grazie all’avvio di raccolte differenziate, arrivate non a livelli di successo, ma sicuramente con una crescita significativa rispetto al decennio scorso.

Risultati che non devono però trarre in inganno rispetto alla chiusura del ciclo, necessaria in un sistema che voglia davvero definirsi integrato.

Il ciclo industriale che sostiene il recupero e il riciclaggio dei flussi di materiali che provengono dalle raccolte differenziate, per la successiva selezione cui devono essere sottoposte, origina infatti a sua volta una certa quantità di rifiuto, che sarà suscettibile della qualità dei materiali intercettati, ma che non potrà mai ridursi sino a scomparire. E a questo punto il rifiuto che ne emerge potremmo dire che non ha più padrone: in realtà non è così, perché si sa benissimo chi ne è il proprietario, ma nell’immaginario collettivo è come se non esistesse più. Non è del sistema pubblico, non è di competenza del Conai, esce fuori dal circuito classico degli urbani e rimane come un orpello che in qualche caso può mettere anche fortemente a rischio il mantenimento di un sistema industriale, basato sui flussi di materia che provengono dalle raccolte differenziate destinate al riciclaggio. E quindi alla sostituzione di materia vergine con quella riciclata, a partire dagli imballaggi per finire ai manufatti più diversi.

Del resto è opinione diffusa che per poter ottenere situazioni di successo in tema di raccolte differenziate (in termini di quantità, qualità, efficienza ed economicità) è necessario garantire uno sbocco futuro ai materiali ottenuti dal riciclaggio delle frazioni che dalle raccolte originano. Uno dei motivi per cui si è impostato il sistema con caratteristiche industriali. Non tenere allora in conto che questo sistema industriale produce rifiuti a sua volta (ogni Kg di carta riciclata, ad esempio, origina da 0,2 a 0,4 Kg di rifiuto) e che, anche su questi è necessario operare con responsabilità condivisa, sarebbe un errore, e non certo da poco.

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