[05/11/2007] Energia

Sarà perché con il sole e il vento non si costruiscono le bombe?

LIVORNO. «Le centrali atomiche sono decisamente competitive rispetto alle altre tecnologie di produzione elettrica - sta scritto su una scheda relativa ai costi nello speciale sul nucleare del Sole 24 ore di sabato, che però poi continua - quando fanno parte di un programma statale oppure operano in regime di monopolio» E quindi se i costi di costruzione se li accolla lo stato o se comunque è garantito l’assist sulla concorrenza. E ancora: «se la gestione delle scorie è a carico della collettività» (andando di conseguenza in senso opposto al principio della responsabilità condivisa vigente in Europa). E poi: «se si fanno numerosi impianti-fotocopia per ridurne i costi di ingegnerizzazione» e infine «se ci sono sovvenzioni e garanzie finanziarie pubbliche».

Perché come più volte e in diversi hanno sostenuto anche dalle pagine di greenreport, ad oggi non c’è un imprenditore privato che in tutto il mondo in assenza di queste precise condizioni investirebbe nella produzione energetica nucleare. Ai costi c’è poi da aggiungere, in analogia con le altri fonti energetiche che si basano sullo sfruttamento di fonti fossili, il problema della finitezza del combustibile e della dipendenza da esso. L’uranio non è una fonte rinnovabile, e quindi destinata ad esaurirsi e come le altre fonti fossili non è distribuita in maniera omogenea, quindi soggetta a criticità di natura geopolitica che ne determinano una dipendenza, in certi casi assai pericolosa. Più sisnteticamente l’uranio è soggetto ad esaurimento in tempi variabili a seconda dell’entità della domanda, a fluttuazioni di costi di mercato che da questa e dalla scarsità dell’offerta dipendono, (e negli ultimi 5 anni è decuplicato di prezzo), e dagli equilibri politici, interni e non, che di volta in volta si instaurano.

Ne è un esempio la criticità cui è andata in contro la produzione nucleare indiana che lo scorso anno ha dovuto sfruttare solo la metà della potenzialità delle proprie centrali per il crescente deficit della materia prima, dato che l’India non ha quantità sufficienti a garantirle l’autonomia da importazioni e gli alleati comunisti del governo non vogliono cedere ad un accordo di collaborazione con gli Usa.

Anche sul tema dei rifiuti, la scheda del sole 24ore è molto netta, quando dice senza mezzi termini che: «il problema delle scorie non è stato ancora risolto». E mette a confronto la durata e la necessità di conservazione in sicurezza degli scarti radioattivi, che può essere anche di diecimila anni, rispetto all’età della scrittura che ne ha circa la metà. In termini di eredità per le generazioni a venire non si può certo parlare di un paragone lusinghiero.
Ma per sapere cosa significa eredità nucleare, basterebbe chiedere alle popolazioni bielorusse che ancora vivono come una drammatica quotidianità, gli effetti dell’incidente di Chernobyl di ventuno anni fa.

Certo adesso si dice che incidenti come quello non sarebbero più possibili, ma si dimentica però che di centrali che adoperano la stessa tecnologia e che hanno gli stessi reattori Mbrk, ce ne sono di ancora funzionanti nell’Europa a 27, nonostante i programmi (già finanziati dall’Ue) per la loro chiusura. E si vorrebbe saldare così il capitolo sicurezza. Mentre quello sull’approvvigionamento e sulle scorie si pensa di saldarlo con l’avvento dei reattori di quarta generazione, ancora allo stato di chimera. Su cui anche il nostro Paese destina più di un quarto (5,5 milioni su 20) dei fondi destinati alla ricerca energetica. Distribuendoli con un rapporto 4 a 1 tra aziende che investono in nucleare all’estero (non potendolo più fare in Italia) e l’università.

Le sirene del nucleare portano a loro favore anche i risultati di recenti sondaggi che indicano che se in Italia si tornasse a votare oggi per il referendum che si tenne nel 1987, le cose andrebbero in maniera assai diversa. Senza però sbilanciarsi né con sondaggi né con previsioni su quale sarebbe l’esito nella ricerca dei siti dove realizzare le centrali e i depositi di stoccaggio per le scorie. Forse perché si sa già quale sarebbe l’esito.

Ma del resto, il nucleare ha il grande vantaggio di non emettere fumi inquinanti e soprattutto anidride carbonica, il grande responsabile dell’aumento dell’effetto serra e dei conseguenti cambiamenti climatici, e quindi per supplire alla domanda energetica a livello mondiale, del resto in continuo aumento, si dice, non se ne può fare a meno. E questo fa dimenticare i problemi dei costi, della scarsità della materia prima e delle scorie che durano un tempo difficilmente immaginabile, oltre che dei tempi di realizzazione che potrebbero essere non sufficienti a frenare il meccanismo già in atto dello sconvolgimento del clima globale.

Ma fanno dimenticare soprattutto che ci sono a portata di mano tecnologie ben meno costose (se non altro in termini di carburanti), assolutamente meno impattanti e che analogamente al nucleare non producono emissioni inquinanti né gas climalteranti, come il vento e il sole.
Sarà perché con il vento e con il sole non si costruiscono bombe?

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